Era da un po’ che non mi entusiasmavo per la cucina di un locale. Tante nuove aperture, belle location, ma nulla di stravolgente nel piatto, o, quanto meno, piacevolmente sorprendente. E poi scopro l’esistenza della Trattoria Pennestri, aperta in zona Ostiense.
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Mi sono incuriosita per un motivo: l’intento dello chef patron italo-danese Tommaso Pennestri di rivisitare la cucina romana (che amo tanto) in chiave moderna e di contaminarla con le tradizioni altrui.
O un flop o un successo annunciato. Vediamo.
La Trattoria Pennestri si trova in via Giovanni da Empoli, in mezzo a tante altre realtà della ristorazione capitolina più o meno note. Vengo subito accolta da Valeria Payero, la co-proprietaria dell’attività, una maître e sommelier di origine argentina naturalizzata italiana.
L’ambiente è caldo ed accogliente, un’ampia sala e un’enoteca in vista, con un leggero sottofondo musicale, che non disturba la conversazione, ma piacevolmente riempie le pause.
Il servizio colpisce subito. È sempre presente, ma non invadente, di quelli che ti fanno sentire a casa, sorriso compreso.
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Mi conquista anche la carta: piccola, con poche portate e piatti dai nomi brevi. In allegato c’è anche una lista dei vini in mescita: servizio utile. Leggendo il menù, mi viene voglia di assaggiare tutto, soprattutto il quinto quarto, la base della cucina romana, che adoro. Per fortuna non sono sola e posso provare più piatti. In più vengo aiutata da Valeria, che mi racconta i due piatti del giorno e aggiunge che posso assaggiare di tutto, chiedendo le mezze porzioni.
La carta dei vini è sicuramente un’altra piacevole sorpresa: non è molto ampia (non serve a niente allargarsi all’inizio, afferma Valeria), contiene una buona selezione di etichette laziali e nazionali, senza andare a toccare “i soliti noti”.
Scegliamo un calice di Franciacorta Brut Rosé (Gatti) per l’aperitivo e un Pinot Nero 2015 (Brunnenhof) per dopo.
Intanto dalla cucina arrivano i primi assaggi, i benvenuti dello chef.
Pane carasau, salame morbido e broccoletti siciliani scottati. Un piccolo amuse bouche all’italiana.
Un altro assaggio è una panzanella con le zucchine ed erbe. La cosa che noto con piacere è l’uso delle erbe aromatiche, in particolare la mentuccia romana, che lo chef mette praticamente ovunque. Aggiungono ai piatti quella freschezza e leggerezza che spesso mancano. Molto gradevole la panzanella, l’aceto si sente, ma non disturba.
Poi arriva la coratella d’agnello, buccia di limone e ricotta salata (8 €). La coratella, come la trippa, non è semplice da prepare se si vuole evitare che sia aggressiva o pesante. Questa è perfetta: saporita al punto giusto, morbida, da scarpetta.
Coniglio e giardiniera all’aceto, origano e menta (8 €). Un piatto che sorprende per la freschezza. Tante erbe, verdure croccanti, coniglio tenero.
Pappardelle con polpo al vino rosso e pecorino (12 €). Pappardelle sottili, sugo ristretto e saporito, da consigliare agli amanti della cucina verace.
Gnocchetti acqua e farina, crema di scampi e stracciatella (12 €). Piccoli chicchi al dente, dal condimento che ricorda il famoso piatto degli anni ’80 cioè risotto alla crema di scampi. Un divertente e moderno revival.
Cernia con guanciale e broccoletti siciliani (piatto del giorno), buon accostamento, anche se “più normale” rispetto alle altre portate.
Quaglia ripiena di funghi porcini e rosmarino (15 €). Lo chef che mette nello stesso menù 3 piatti di frattaglie, il coniglio e la quaglia, e secondo ci vuole un applauso per il coraggio. Sono portate non convenzionali che molti rifiutano di mangiare a prescindere.
Animelle impanate, salsa di zucca e verdure saltate (15 €). Un altro piatto da applausi: morbida “cotoletta” di animelle, panatura croccante, dal gusto delicato.
Ossobuco al vino bianco, patate e salsa verde (14€). Invece del “solito” sugo con pomodoro o vino rosso, la salsa verde che strizza l’occhio alla gremolada. Ottimo accostamento.
I dolci, forse, sono l’unico punto un po’ debole. Tiramisù (7 €), soffice crema, sapore buono, peccato che il biscotto bagnato troppo, ha fatto sì che il fondo sia innacquato.
Mousse di cioccolato e pane sardo all’olio, sale e rosmarino (7 €). Non mi ha convinto nemmeno questo dolce, una sorta di millefoglie austero, l’avrei preferito più soffice e friabile.
Ma per fortuna i dolci qui vi interesseranno di meno. Tutta la cena mi ha piacevolmente sorpreso e stuzzicato la curiosità di tornare per assaggiare la trippa, il baccalà e il tris di classici romani.
Voi che ne dite, il gioco di contaminare le tradizioni vale una visita?
Trattoria Pennestri, Via Giovanni da Empoli, 5. Roma. Tel. +39 06.574 2418
[Immagini: Giulia Nekorkina, Alberto Blasetti]