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Cosa vuol dire per un giovane servire in sala da Massimo Bottura

sabato, 09 Giugno 2018 di

svinando

Cinque stagionature di parmigiano, camouflage e parte croccante della lasagna.

Piatti ammirati per una vita davanti a uno schermo e che improvvisamente si materializzano davanti agli occhi.

È difficile trasferire le sensazioni della meravigliosa ed unica esperienza che ho vissuto in uno dei migliori ristoranti al mondo: l’Osteria Francescana di Massimo Bottura.

Tutto è iniziato quando al Master in Food & Wine Communication all’Università IULM di Milano è venuto Beppe Palmieri, maître di sala e sommelier dell’Osteria Francescana.

La lezione ha permesso agli studenti di apprendere i principali concetti per diventare manager e imprenditori di sé stessi.

Per testare il coraggio degli studenti, è stato chiesto chi volesse affiancare i camerieri del ristorante per una sera e la quasi totalità della classe ha risposto sì alla chiamata.

Gli altri studenti – meno temerari – sono stati però chiamati a servire il giorno successivo a cena, poiché per superare le paure non c’è modo migliore che affrontarle.

E quindi, camicia bianca, pantaloni eleganti, cravatta e scarpe nere e si parte.

Si inizia subito con la pulizia e l’asciugatura delle posate, che si rivela subito molto ardua, poiché solo di cucchiai ce ne sono quattro tipi con differenze in alcuni casi impercettibili.

Poi come da tradizione, si cena tutti assieme, personale di cucina e di sala, perché in fondo non c’è differenza; sono tutti artefici del successo di un ristorante. Ancor di più qui, dove i valori di gruppo e condivisione trasmessi dallo chef nelle conferenze internazionali sono più che mai veri.

Nella cucina dello staff, uno chef cucina un piatto della propria tradizione.

Potete immaginare il melting pot di culture gastronomiche che a noi riserva le empanadas.

Squisite, ma non vi erano dubbi.

Mancano 5 minuti all’apertura del ristorante, la pressione aumenta ed è arrivato il momento di avvicinarsi al cameriere che ci farà da tutor durante la serata.

Si aprono le porte.

Accoglienza all’ingresso e servizio guardaroba per la clientela, in prevalenza internazionale.

Arrivano le prime ordinazioni: aula croccante in carpione, omaggio alla Normandia e sogliola mediterranea. La totalità dei clienti ordina il menu degustazione e come si fa a non voler assaggiare il meglio, anzi il Massimo, in un ristorante come l’Osteria Francescana.

Portiamo in tavola i piatti, sparecchiamo, serviamo i calici e prepariamo la mise en place. Non sembra vero che senza una discreta esperienza di sala si possa servire in un ristorante così importante, eppure il personale è in grado di rendere possibile anche questo.

Anguilla che risale il fiume Po, Porri scalogno e tartufo nero e Caesar salad in bloom. Il servizio prosegue e gioire di fronte alla visione di queste opere è più che lecito. Affianchiamo i camerieri nel servizio al tavolo, appoggiamo assieme i piatti sul tavolo e ne ascoltiamo la descrizione per quanto possibile.

Arriva il momento del caffè e dispiace che l’esperienza sia già al termine.

Accompagniamo i clienti al guardaroba e omaggiamo le signore con un assaggio della cucina modenese: una boccetta di aceto balsamico.

Per far ricordare loro l’esperienza di una sera.

Che noi non dimenticheremo sicuramente.

[Testo: Alessio D’Aguanno. Immagini: Osteria Francescana, Alessio D’Aguanno]