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Vitium a Crema con fuori carta da goduria: la recensione

giovedì, 06 Febbraio 2020 di

Crema, città bella e tranquilla, non è lontana da Milano. Eppure ha prezzi che un milanese trova attraenti. E offre una scena ristorativa, prevalentemente di solida tradizione, cara ai cremaschi e a chi viene da fuori.

Ma…

Ma c’è anche qualche novità come VITIUM Restaurant, con una cucina più ardita e in ascesa, più pioniera e inattesa nei suoi percorsi, contemporanea e quindi contaminata, ricca di colori e di trasparenze, di mise-en-scène e mise-en-bouche.

Ne abbiamo avuto prova in una cena invernale, affidandoci a Michele Minchillo, chef e patron under 30, pugliese di Monopoli diplomato all’ALMA con esperienza in giro per il mondo, che si è divertito a proporci assaggi dentro e fuori carta.

Oh, io i fuori carta li amo molto e non da oggi, anche se (o forse proprio perché) spesso sono irripetibili o quasi. E dunque, cominciamo con una giostra di amuse-bouche.

Per tutta la cena, per ogni portata, stoviglie dedicate diverse per forma, lucentezza-opacità o colore. Niente tovaglia. Luce di abat-jour, morbida e molto favorevole alle foto.

E tavoli molto ben distanziati, e colori scuri, riposanti, eleganti. Un bellissimo intervento dell’architetto Annalisa Lamaddalena negli ampi spazi dello stabile trecentesco.

Amuse-bouche da copertina

Afferriamo i cucchiai. Su ciascuno, una Sfera liquida di rapa rossa, oliva candita e chips di rapa bianca. La sfera esplode sul palato, ed è un allegro inizio. Mi piaceva così tanto che l’ho trasformata nel disegno che vedete in alto.

Benvenuti da VITIUM” con un vino allusivo? Nei calici, Il Peccatore, vino bianco frizzante 2018 delle cantine pavesi Bisi, con un’intrigante poesia in etichetta. Servito col sorriso da Federica Bernabini, responsabile della sala e compagna dello chef.

Carotine fermentate, gel al limone e sesamo nero. Fini fini, croccanti croccanti.

Tartellette di alghe marine, chutney di pomodoro, baccalà marinato al cedro, rafano e cetriolo.

Bombette al Salva Cremasco, polvere di riso nero, composta di cipolla: l’omaggio al formaggio iconico della città, fritto e in una veste sorprendente per finezza e colore.

Airbag di grano arso, burro mantecato alla soia, pimenton e tartufo nero.

Vitium restaurant cialda cavolo viola patata

Il mio amuse-bouche preferito? Lo trovo sexy ed è quasi fluorescente, per la bellezza dei colori: cialde di cavolo viola, patata affumicata, sedano croccante, tarassaco e olio al limone

… Seguito da una mano che porge un Ravanello fermentato e composta di friggitiello. Un bocconcino che sparisce in un attimo, mentre il vino cambia e diventa Champagne Mandois Brut Origine – 30% Pinot noir 30% Pinot Meunier e 40% Chardonnay.

Spiando il cestino del pane

Tutto quello che si vede è fatto in casa, con un po’ di affetto per la Puglia: la Pagnotta con lievito madre, taralli all’olio d’oliva e focaccia ad alta idratazione. Delle girelle di pane sfogliato con zucca, aneto e composta di cipolla che, tiepide e croccanti, vincono su tutto il cestino.

Non mancano un assaggio di Olio pugliese 100% coratina dell’azienda Todisco di Putignano, che preferisco assaggiare in purezza, e uno di burro di Normandia con sale Maldon in superficie e polvere di cipolla. En passant, chi non consuma burro vaccino, da VITIUM trova l’alternativa del burro di riso.

Le portate e i loro colori

Cinque commensali, capricci individuali, assaggi incrociati in una cena-stampa: un’ottima occasione per lo chef Minchillo, coadiuvato in cucina dal sous-chef 19enne Alessandro Colella, di mostrare estro e gusto.

E quindi, Calamaro al nero, finferli, nasturzio (che bello il colpo d’occhio di verde delle foglioline!) ribes fermentato. Una Lingua cbt per 24 ore, salsa alla brace, mais, curry verde, caviale. Tenerezza voluttuosa. E sarebbe stato uno starter! Non fotografata, perché divorata dal legittimo commensale.

Pennone Senatore Cappelli con tre creme: ai ricci di mare, ai porri, al caprino. Semi di avena in ordine sparso, da far scrocchiare sotto i denti.

Vino Greco di Tufo bio L’Archetipo, dal Salento. Un giallo-oro bellissimo.

Ravioli (anzi tortelli) ripieni di genovese, crema al Salva Cremasco, mostarda di zucca, fogliolina di senape verde. Finissimi e finitissimi.

Agnello, tarassaco, latticello, chinotto. Il pezzo viene dallo scamone ed è servito con il suo fondo di cottura aromatizzato al ginepro.

Rombo in oliocottura, consommé ai porcini, cipollotto, fiocchi di katsuobushi (il tonnetto giapponese), olio al lemongrass. Intanto, nei calici, un Ramandolo “il Roncat” 2009.

Dessert, quasi un percorso in più

Pre dessert, fuoricarta: granita all’aceto balsamico con estratto di kiwi e semi di chia.

Dessert, in carta: Gelato al fiordilatte, flakes di funghi pioppini, fiori di sambuco, pepe bianco.

Mousse alla nocciola, passion fruit, chicche di amaranto.

Crema diplomatica allo zafferano, lime candito, millefoglie polvere di zucca, servito su un piatto simile a un vulcano. In carta.

Piccola pasticceria per salutarsi, presentata su sassi e su piatti. Marshmallows al mango, simili a funghetti spuntati da una roccia. Maritozzo con cachi nel ripieno e crema chantilly all’abete rosso. Toast di caffè e cioccolato gianduia e Sasso di cioccolato bianco.

Ultimissimo boccone: Candy di ananas.

I prezzi del Vitium

Sono anzi, molto chiari. Business lunch 20 €. Da provare.

E se volete mangiare à la carte? Mentre gli starter si attestano sui 15€, i piatti hanno un prezzo contenuto nella forchetta 20-25 € i singoli dessert in media sugli 8€.

Ma ancor più, vale la pena di spendere una serata a Crema e scegliere uno dei due percorsi di degustazione a cura dello chef: 5 portate a 55€ e 7 portate a 70€, abbinabili con un percorso ad hoc di 4 vini a 50 € o di 6 vini a 70€.

Crema e Vitium, mi accorgo solo adesso dell’intreccio di senso: due nomi, un messaggio.

Vitium restaurant. Via Ginnasio 4. Crema (Cr). Tel. +39 0373 622071

[Immagini: appunti disegnati di Daniela; foto iPhone di Daniela, Isabella Radaelli, Giovanni Panarotto]

Di Daniela Ferrando

Milanese, trent’anni di copywriting e comunicazione aziendale. Le piace che il cibo abbia le parole che merita: è cultura. Parlando molto e mangiando poco, non si applica nel suo caso il “parla come mangi”.