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ricetta della focaccia di Fabio Volo

Focaccia, la video ricetta di Fabio Volo vola sui social

Il padre del popolare conduttore radiofonico e scrittore di libri di successo era fornaio: e ora lui spiega come fare la focaccia a casa
lunedì, 13 Aprile 2020 di

Fabio Volo si dà alla panificazione.

Anche lui, il popolare conduttore radiofonico, lo scrittore di libri di successo, alla fine ha ceduto alla mania impastatoria che in questi tempi di coronavirus ci ha contagiato tutti quanti, e si è messo bello bello a fare una bella focaccia casalinga, postando un video su Facebook che in poco tempo ha raggiunto circa 40.000 visualizzazioni e migliaia di commenti.

Un ritorno alle origini, per Fabio Volo, il cui padre era appunto fornaio, e che, si pensa, debba aver trasmesso qualcosa di questa nobile arte al celebre figlio.

Volo inizia quindi questo breve ma esaustivo video sulla focaccia iniziando a elencare ingredienti e suggerimenti vari sul come panificare correttamente in tempo di Covid-19.

“Allora, facciamo la focaccia in casa, visto che siamo tutti chiusi in casa. Ci vorrebbe la farina 0 – sentenzia inesorabile Volo -, questa non è 0. Ci vorrebbe lo zucchero normale, io ci metto quello di canna: la facciamo con quello che abbiamo – continua il conduttore.

“Si prende l’acqua, la si mette in una bacinella, aggiungiamo lo zucchero, l’olio, ci mettiamo il sale e mezza porzione della farina (il lievito non è pervenuto, nel video, comunque nella ricetta indicata in calce al post è regolarmente riportato, 30 grammi)”.

“Se si impasta a mano è sempre meglio impastare all’inizio con una mano sola, così l’altra rimane pulita per prendere le cose – dice Volo -. Se avete un setaccio, meglio setacciarla la farina, cosi non vi fa “i” gnocchetti (accidenti, Fabio, da un letterato di successo come te “i” gnocchetti non si può sentire..). Dopo che si è fatta tutta questa pappetta e il lievito si è sciolto bene, allora si mette l’altra metà della farina. Quando è un po’ più dura, si stende (sulla spianatoia infarinata) e si fa una palla”.

E qui Volo sfodera una manualità davvero professionale, e con dei movimenti sicuri e tipici di chi di impasti se ne intende, ottiene in due secondi una palla di impasto perfetta. Poi prende un goccio di olio e con quello unge tutta la palla di impasto “così con l’aria non fa la pelle, che è brutta, è dura, e non ci piace”, e la mette a riposare 15 minuti coperta in una terrina anch’essa oliata.

“Dopo 15 minuti è già lievitata (ecco, avremmo qualcosa da ridire…), la si riprende, si mette un po’ di farina e la re-impastiamo a mano rigirandola (in pratica dando un paio di pieghe), poi la rimettiamo dentro la terrina, sempre con un goccino di olio sopra. Adesso deve lievitare 40 minuti (ecco, così cominciamo a ragionare)”.

Dopo 40 minuti Volo riprende l’impasto, che è “super lievitato” e lo taglia in due, e dopodiché – e qui orde di talebani panificatori casalinghi grideranno allo scandalo – stende l’impasto CON IL MATTARELLO, e non con le mani come ormai è il verbo dei panificatori casalinghi della domenica. Dopodichè, dopo aver steso l’impasto ottenendo una sorta di lenzuolo, Volo afferma senza pudore “gli diamo la forma della teglia”. Ora, non sappiamo che teglie si usino in casa Volo, me le nostre in genere sono rettangolari, difficilmente sono a forma di ali di gabbiano tipo portiere di Lamborghini; ma tant’è, Euclide non era nessuno, e ognuno di noi può avere in casa le teglie della forma che più gli aggrada.

Ad ogni modo, una volta trasferito nella teglia, rettangolare, l’impasto a forma di pipistrello, Volo gli dà una forma più o meno rettangolare (più o meno), dicendo che “qua ci sta un’altra ora”, e intanto la spalma, con i palmi della mani, con un po’ di olio. In seguito passa alla preparazione della classica salamoia da versare sulla focaccia ligure: “acqua e olio sapete che non van d’accordo, tranne che sulla focaccia”, e dopo aver unito in una tazza due parti più o meno uguali di acqua e olio, intinge le dita nella miscela e fa i classici buchi, belli profondi, ma mettendo una dose ben misera di miscela, con fin troppo prevedibili effetti sul risultato finale.
E poi? Finito? Certo che no!

“No, non è ancora pronta – continua il nostro -, deve stare qui un’altra ora e mezza”, e la copre con un grembiule non esattamente immacolato, come gli fanno notare i follower nei commenti. Alla fine dell’ulteriore lievitazione Volo afferma “ecco, l’abbiamo fatta con la farina non giusta perché ci andrebbe la 0 (Volo dixit!), lo zucchero non era quello giusto (idem), il finale, il sale, ci andrebbe quello grosso e noi non ce l’abbiamo, perché stiamo facendo la focaccia con le cose che abbiamo in casa (e qui si scopre una cosa curiosa, cioè che in casa Volo abbondano lievito e farina, che in questo momento scarseggiano nelle cucine degli italiani, mentre invece manca il sale grosso, quello usato per salare l’acqua della pasta, che invece in casa Volo non c’è: misteri della natura!)”; fortunatamente, però, il nostro eroe ammette che “voi in casa ce l’avete di sicuro il sale grosso”. Grazie, Fabio, ora ci tocca solo più recuperare il lievito e la farina, farina zero, ovvio, che invece a casa tua, a differenza del sale, abbondano.

Alla fine, comunque, Volo inforna: “220 gradi per 15-20 minuti”, e schiaffa la teglia con mala grazia nel forno, pare di vedere nella griglia medio-alta, e non quella centrale. E infatti, dopo 15 minuti, la focaccia esce dal forno, leggermente “dorata” (eufemismo) in superficie, anche perché nel frattempo Volo ha evidentemente spostato la teglia sul ripiano più in alto per mettere in basso un’altra teglia di focaccia, con l’evidente risultato che mentre una sembra (sembra!) completamente bruciata in centro e cruda ai bordi, e ha un aspetto abbastanza ributtante, l’altra, quella collocata nel ripiano più basso, sembra cruda (sembra) tutta, indistintamente, “dal cerchio al centro sì dal centro al cerchio”, come direbbe il Poeta.

Senza contare che, stante la minima quantità di olio e acqua messe in superficie, le due tapine sembrano irrimediabilmente secche e asciutte. E va bè, anche i migliori sbagliano.

Nel finale, comunque, incurante dello strazio sfornato, il nostro esordisce con “restiamo uniti, divertitevi a farla e godete a mangiarla”

Ecco, sul primo punto siamo tutti d’accordo, sul secondo invece, sinceramente, tutta ‘sta goduria, almeno a giudicare dal filmato, non pare così scontata.

Ad ogni modo, per i più prodi tra voi, ecco la ricetta riportata da Fabio Volo per due teglie di forma indefinita, con tanto di morale finale:

“Ricetta per due teglie: 380 di acqua. 620 di farina di tipo O. 40 di olio. 14 di sale. 6 zucchero ( o malto o miele ) 30 di lievito di birra. Forno a 220 per 15/2. È una ricetta che richiede tempo non è di quelle che si fanno in cinque minuti”.

Ma che importa, Fabio, se non ci vanno cinque minuti ma più di tre ore, quando alla fine si sfornano meraviglie come queste? D’altronde, come scrive un follower riprendendo sarcasticamente quanto scritto da Volo in calce al post, “stendere la pasta in una teglia è una cosa che richiede tempo e amore, non è una cosa che si fa in fretta con il matterello in 5 minuti”.