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Sicilia a rischio zona rossa. Le preoccupazioni della Locanda Don Serafino

In una Sicilia a rischio zona rossa, anche se classificata arancione, la paura prende i ristoranti come la Locanda Don Serafino a Ragusa
venerdì, 16 Aprile 2021 di

Sicilia a rischio zona rossa anche se è classificata in zona arancione.

Quattro nuove zone vanno in rosso e c’è una proroga per altre otto. Tutte firmate dal Presidente della Regione Nello Musumeci.

Le nuove restrizioni – in vigore fino a mercoledì 28 aprile – riguardano Catenanuova e Cerami, in provincia di Enna; Mussomeli, nel Nisseno; Sant’Alfio, in provincia di Catania.

Le proroghe, fino a giovedì 22 aprile, sono state invece adottate, su richiesta dei sindaci, per altri comuni. Caltanissetta, Biancavilla (CT), Centuripe, Pietraperzia e Regalbuto (EN), Francavilla di Sicilia (ME), Lampedusa e Linosa (AG), Mazzarino (CL).

Così la Sicilia nella classificazione nazionale risulta in zona arancione, ma al suo interno le zone rosse (fra microzone e territoriali) sono ormai 121.

Gabriele Meli, Restaurant Manager della Locanda Don Serafino, 1 Stella Michelin a Ragusa, è preoccupato per nuovi provvedimenti restrittivi che interesserebbero la Sicilia a rischio zona rossa.

Sicilia a rischio zona rossa dopo un anno di pandemia

“E’ trascorso oltre un anno dall’inizio della pandemia, un anno duro, inteso in maniera totalmente diversa dal solito. E noi attori del comparto più bistrattato da questa crisi sanitaria e sociale, cerchiamo di galleggiare nel mare di incertezze in cui navighiamo. Afflitti da tutti quei sentimenti secondari all’incertezza che non sempre riusciamo a tenere a bada con le saracinesche abbassate”, spiega Meli con aria di paura, rabbia e speranza al contempo.

Quali sono gli errori che secondo te sono stati commessi e che hanno portato alla crescita del numero dei contagi?

Andavano assolutamente prese delle precauzioni per evitare quanto più possibile i contagi, delle linee ragionate. Non si è pensato ad un disegno di precauzioni a contrasto della pandemia specifico per il settore. Avvalendosi magari di qualcuno dei grandi professionisti che l’Italia vanta e grazie ai quali ha potuto costruire una bella reputazione per la vocazione turistica del nostro Paese. Non ci si è curati del notevole indotto che la ristorazione rappresenta anche per altri comparti economici.

Il pensiero va anche a tutte le figure professionali che ruotano attorno al settore del turismo e della ristorazione come i tour operator, autisti, agricoltori, viticoltori, macellai, pescatori, mulini, produttori di olio, pasta e riso, aziende avicole ed allevamenti vari. “Mi va di specificarlo che non siamo solo (e sarebbe già abbastanza per essere più accorti) quel 13% di Pil.

Le misure restrittive e i ristoranti

Cosa ne pensi delle misure restrittive che hanno riguardato il settore della ristorazione?

Abbiamo assistito ad una terribile generalizzazione, che ha dato un unico volto alle mille sfaccettature della ristorazione italiana, quando un tecnico avrebbe certamente fatto delle ovvie distinzioni.

Queste avrebbero giovato a tutti e permesso di risparmiare fondi che avrebbero ristorato in maniera proporzionale, ma di certo più adeguata, le aziende più colpite. Pensiamo ad una pizzeria da 200 posti a sedere. Avrebbe potuto lavorare con il 30% di questi garantendo tutte le norme di sicurezza e generare fatturato con l’asporto. Sarebbe stato possibile ricevere un contributo pari alla sola differenza di fatturato rispetto a quanto guadagnato nello stesso periodo pre Covid. 

Oppure pensate ad un ristorante fine dining, che per le peculiarità di cucina e perché spesso collocato in provincia, non si presta a generare fatturato con l’asporto. Ma non può lavorare a cena pur avendo una trentina di posti a sedere. In tavoli già distanziati almeno due metri tra loro e che raramente superano i quattro commensali. Avrebbe potuto continuare a lavorare tranquillamente risparmiando fondi per “ristori” e cassa integrazione. Soldi che avrebbero rifocillato ad esempio il comparto dei locali della night life, notoriamente luoghi di assembramento che andavano sovvenzionati al 100% del mancato fatturato.

Le perdite del settore ristorazione

Come si è comportato a tuo avviso in questo periodo il settore della ristorazione ?

Per quel che mi riguarda molti degli uomini e delle donne della ristorazione hanno dato prova di nobiltà d’animo e della voglia di fare che ci contraddistingue. In queste lunghe fasi grazie anche ad associazioni come Relais & Chateaux siamo riusciti a restare attivi ed in contatto. Addirittura allargando le nostre conoscenze a livello mondiale e constatando ahimè, una “triste” empatia con i colleghi a tutte le latitudini. Ma instaurando rapporti che certamente ci permetteranno di trarre beneficio futuro.

Molti dei nostri fedeli fornitori e alcuni grandi rappresentanti del made in Italy, non si sono sottratti nel promuovere iniziative interessanti come tasting class e approfondimenti sui prodotti. Che poi cucineremo, berremo e racconteremo ai nostri ospiti.

Molti sono stati gli appuntamenti di sano dibattito dove ci si è confrontati su tematiche interessanti, dove si è progettato un ipotetico futuro e radicata ancor di più la coesione. Abbiamo abbattuto le distanze grazie alla tecnologia e ci siamo sentiti un po’ meno soli. Non grazie però ad uno stato che non ci è stato vicino, ma alle nostre attitudini self-made….

Professionisti meno fortunati ma non meno bravi in questo trambusto hanno preferito affacciarsi ad altri mestieri. E il settore perde inevitabilmente grandi professionalità.

Sicilia a rischio zona rossa

In una Sicilia sempre più rossa che idea ti sei fatto sulle contromosse utili per arginare la situazione?

Pacatamente in questo periodo ci siamo fatti da parte ed abbiamo atteso, facendo registrare davvero sporadici casi di non rispetto delle regole. Siamo stati accusati di poter rappresentare con le nostre Maison luoghi di contagio. Invece i ristoranti son chiusi ed i contagi sono aumentati.

Forse con la Sicilia a rischio zona rossa è il momento di scegliere di non gravare sull’economia dei ristoranti e delle famiglie che tramite questi si sostentano. È arrivata l’ora di darci la parola in un tavolo tecnico per studiare il modo di fare una ristorazione sicura grazie al senso civico. Senza avvalersi di strumenti come barriere in plexiglass, distanze tali da annullare la convivialità e con essa la voglia di andare fuori a cena. E senza tutte quelle baggianate che ci hanno fatto sanguinare le orecchie in questi mesi. Dobbiamo poter restituire la vita ed il diritto al lavoro, per poter avviare una programmazione che ci permetta di costruirci nuove certezze. In autonomia, come al solito.

[Adele Pupella]