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Vino
25 Gennaio 2011 Aggiornato il 6 Aprile 2019 alle ore 20:07

Alta Fedeltà. Il vino del futuro è già qui. La classifica

La discussione si infiamma! In questi giorni sulle pagine di Black Mamba l’ennesima zampata: prendendo spunto e scusa dal Masseto si disquisisce e ragiona
Alta Fedeltà. Il vino del futuro è già qui. La classifica

La discussione si infiamma! In questi giorni sulle pagine di Black Mamba l’ennesima zampata: prendendo spunto e scusa dal Masseto si disquisisce e ragiona intorno all’idea del vino per il nuovo millennio. La sensazione è sempre quella che poco o nulla impariamo dalla storia, abbiamo sostituito dogma a dogma, dagherrotipo a dagherrotipo.

Cristiana e la sua eteronima hanno pienamente ragione, un certo stilema di vino ha stancato. Forse non è mai pienamente piaciuto, ha solo impressionato per potenza e immediatezza di gusto. In realtà mi stupisce sempre ragionare e scoprire che l’idea di un vino storico poggia su una esperienza di poco più di vent’anni. Se fate il famoso giochetto del metro, prendete la storia dell’enologia moderna, che secondo me parte dalla classificazione napoleonica per l’esposizione di Parigi del 1855, 156 anni, diciamo un metro e cinquantasei sul metro di legno, apritelo e guardate quanti sono venticinque centimetri in proporzione, e dopo fatevi una bella risata sulla nostra idea di tradizione e storicità di talune etichette.

Ragionando su questo mi è venuto in mente l’ennesima lista. Sono fatto così la vertigine della lista mi prende sempre, non ne posso fare a meno. E ho iniziato a domandarmi quali siano per me i vini che più incarnano il bere contemporaneo. Spesso sono vini antichi e non di nuova progettazione. Si perché l’idea dei vini anni 90 si portava appresso il principio della progettazione. Quante volte ho sentito usare il termine disegnare in degustazione, ogni volta con crescente irritazione. I vini si fanno, come si fanno i tavoli, i salami, gli archi, le fionde, ecc. non si progettano… anche quando sono moderni, come taluni che incontrerete in questa lista.

In verità debbo confessarvi una cosa: non è tanto il mio elenco ad interessarmi, ma è l’espediente per conoscere il vostro e attraverso questo disegnare (ora si!) un atlante del vino italiano e dei suoi territori e indagare sui cambiamenti e ritorni del gusto. Comunque eccoli:

  1. il Pecorino Giulia 10 di Cataldi Madonna. Luigi è stato il primo a chiamare un vino con il nome di questo fortunato vitigno autoctono. Lo ha studiato e osservato, cercando di preservarne la straordinaria carica di aromi e profumi, forgiando il fuoriclasse che tutti conosciamo. Ma quello che qui mi colpisce è la nuova creatura: Giulia un pecorino dal prezzo piccolo e dall’esuberanza contemporanea e ammaliante. Moderno
  2. il Boca 06, Le Piane. Un vino antico che solo la passione di uno “straniero” ha saputo preservare. Un nebbiolo! Ma dove e come non te lo aspetti. Ho partecipato da poco ad una degustazione alla rimessa Roscioli di vecchie annate, è stata una folgorazione. Questo 06 mi ha sedotto con profumi fini ed eleganti, ma anche austeri e cupi e con una freschezza e acidità scolpita dal freddo e dal territorio montano. Glocale
  3. la Schiava Gschleier 95 di Girlan, solo assaggiandola a Cornaiano ho capito questo vino. Ho sempre apprezzato la schiava, il sapore fruttato e morbido di questo vino. Poi bevuto fresco d’estate è delizioso. Ma dopo un assaggio di vecchie annate di questo cru storico ho capito a quale livello di finezza ed eleganza possa arrivare. In particolare il millesimo 1995 è incredibile, vivo e scalpitante. Spiazzante
  4. il Verdicchio di Pievalta 2009. Il verdicchio è un grande vitigno, tra i più grandi a bacca bianca italiani, ma ha sempre un certo peso e una struttura fin troppo importante. Questa lettura è invece fresca e beverina, un vino da consumare in grandi quantità come piace a me, ma anche elegante e fine. In un sol colpo rende giustizia a tanta retorica sulle inevitabili riduzioni dei vini da agricoltura biodinamica. Delizioso
  5. il Barolo Monprivato 01 di Giuseppe Mascarello. Adoro questo vino come pochi, per me è sinonimo di langa e di nebbiolo. Elegantissimo, dalla silohuette agile e scattante, l’acidità è nervosa e la beva fresca e compulsiva. Il naso ammaliante con le note fiorite e eleganti, capace di sfidare il tempo con il passo agile del maratoneta. Il millesimo 2001 per me è una delle sue versioni più belle. Fuoriclasse

Cinque vini, non i migliori o i più straordinari, ma quelli a mio avviso più in linea con il tempo in cui viviamo e con quello che io oggi mi aspetto dal vino e dalla sua fruizione. E i vostri? Non lasciatemi solo…

Foto: binomia.com, porzionicremona

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