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5 Giugno 2025 Aggiornato il 5 Giugno 2025 alle ore 12:31

Burgez Milano, in crisi uno degli hamburger più divisivi mai visti

La catena di hamburger Burgez è oggetto di dichiarazione di liquidazione giudiziale: la sua storia e le campagne pubblicitarie dissacranti
Burgez Milano, in crisi uno degli hamburger più divisivi mai visti

Burgez, la catena di hamburger “all’americana” dallo stile irriverente che ha promosso campagne pubblicitarie al limite della provocazione, è in crisi. La catena di fast food che si autoproclamava “la più cattiva d’Italia, anzi del mondo” ha visto la sua parabola concludersi con la dichiarazione di liquidazione giudiziale. Questa decisione, emessa dal tribunale fallimentare di Milano, è stata motivata da debiti accumulati che superano i 30.000 euro.

Burgez Srl è stata fondata nel 2015 da Simone Ciaruffoli e Martina Valentini. Ciaruffoli, una figura con un passato variegato che include l’attività di sceneggiatore per produzioni televisive come “Camera Caffè” e l’esperienza come art director per importanti marchi , ha infuso nel settore del fast food una prospettiva unica e non convenzionale. Il suo percorso personale, segnato da difficoltà iniziali e dalla ricerca di indipendenza finanziaria , ha profondamente influenzato l’etica ribelle del marchio.  

La visione centrale di Burgez era quella di presentarsi come “il primo vero burger in Italia“, rivendicando di aver “insegnato a tutti come si fa un burger statunitense”. Tuttavia, l’ambizione andava oltre il gusto: l’obiettivo era essere “il più cattivo (nella comunicazione)”, adottando uno stile di marketing “punk” e irriverente. Questo approccio mirava a sovvertire le convenzioni del marketing tradizionale, privilegiando un tono “scherzoso” e “sincero” rispetto alla cortesia standard. Ciaruffoli stesso ha cristallizzato questa filosofia in libri come “Il Vangelo secondo Burgez” e “Marketing Luther King” , che fungevano da veri e propri manifesti del brand.  

La nascita e la crescita di Burgez: un decennio di rottura

il cheeseburger di Burgez

Il marchio ha conosciuto una significativa espansione, aprendo 10 punti vendita nei primi cinque anni di attività dopo il primo in via Savona a Milano. Nel 2021 il numero di locali era salito a 11 per poi raggiungere i 18 punti vendita in tutta Italia, con piani ambiziosi di ulteriore crescita, in particolare a Roma e nel Sud del paese. Dopo la pandemia, il fatturato della società ha toccato i 10 milioni di euro, in parte grazie a partnership con piattaforme di delivery.  

La filosofia personale di Simone Ciaruffoli, dettagliata nei suoi libri e nelle interviste, ha giocato un ruolo determinante. Ciaruffoli ha promosso uno stile di comunicazione diretto e senza filtri, spesso rispondendo agli “hater” con il loro stesso linguaggio. La sua convinzione era di “trattare il cliente come merita”, discostandosi dal principio consolidato secondo cui “il cliente ha sempre ragione”. Questa profonda implicazione personale, in qualità di CEO e direttore creativo di Upper Beast Side, l’agenzia di comunicazione di Burgez, ha reso l’identità del marchio indissolubilmente legata alla sua visione provocatoria.  

Il brand ha saputo creare un’identità forte e riconoscibile, non solo attraverso il cibo ma anche grazie a un marketing non convenzionale. Il logo, un maiale con la bocca spalancata, e lo slogan “Burgez. Il Maiale è servito” hanno subito chiarito la filosofia del marchio: provocare, divertire e distinguersi dalla massa.

Le campagne pubblicitarie divisive di Burgez

Rifatti la bocca con Burgez

La comunicazione di Burgez ha un carattere “ribelle ma geniale, scandaloso ma iconico, anticonformista e a tratti volgare”. Il marchio ha deliberatamente infranto le regole del marketing, utilizzando meme, pubblicità comparativa e un tono di voce simile a quello della Generazione Z. L’obiettivo era “ridicolizzare una tematica importante” con “ironia sottile” e “sincerità fastidiosa” nella convinzione che “l’unica idea figa oggi è il coraggio”.  

campagna pubblicitaria di Burgez

Lo ha fatto con frasi ad effetto come queste.

  1. “L’hamburger più schifoso del mondo”. Burgez ha intenzionalmente adottato il termine negativo “schifoso” per descrivere i propri prodotti. Questa espressione è stata stampata su magliette e utilizzata in manifesti. La strategia mirava a provocare, trasformando un termine dispregiativo in un elemento iconico, al punto che i clienti più fedeli hanno iniziato a usare “schifoso” come sinonimo di “succulento”. Questa campagna ha incarnato l’approccio anti-marketing del brand, sfidando le convenzioni della promozione positiva.  
  2. Provocazioni anti-vegane e anti-sostenibilità: Burgez ha frequentemente preso di mira gli ambientalisti e coloro che si preoccupano della sostenibilità. Un esempio è un post che ridicolizzava il tema della plastica. Un’altra campagna ha attaccato direttamente il veganismo con la frase: “Sai cosa ci comprano con i soldi che hai speso per mangiare gli hamburger di finta carne? Se non sa rispondere diglielo tu: la vera carne”. Questa posizione aggressiva mirava a suscitare reazioni forti e a distinguere il marchio dal crescente trend plant-based.  
  3. La “doggy style t-shirt” e le accuse di sessismo. In occasione della Giornata Internazionale della Donna (8 marzo 2019), Burgez offrì una “doggy style t-shirt” in omaggio alle sole donne. «Istruzioni per il vero doggy style, fate contente i vostri uomini. La doggy style t-shirt in omaggio per voi in tutti gli store dalle 18 in poi. Omaggio solo per donne». Così recitava il testo sul profilo Instaburgez. Questa campagna è stata ampiamente criticata come sessista e volgare, generando una significativa reazione negativa e appelli al boicottaggio. Il post è stato rimosso dopo sole cinque ore, ma la controversia ha messo in luce i rischi intrinseci del loro approccio provocatorio.  
  4. “Burghy stiamo tornando”. Per l’apertura del suo locale a Monza nel 2021, Burgez ha utilizzato finte insegne con la scritta “Burghy stiamo tornando”. Burghy era una storica catena di fast food italiana, successivamente acquisita da McDonald’s. Questa campagna ha abilmente sfruttato la nostalgia di una generazione più anziana, ponendosi implicitamente in confronto con McDonald’s e posizionandosi come erede di un’istituzione del burger “made in Italy”. Nonostante fosse una trovata pubblicitaria “falsa” , ha avuto successo nel generare attenzione.  
  5. L'”SOS nei panini”. Nel marzo 2021, Burgez ha attuato un’iniziativa di “guerrilla marketing” inserendo messaggi nei sacchetti degli hamburger che suggerivano il mancato pagamento dei dipendenti. Questo “SOS nei panini” ha causato una diffusa preoccupazione, con molti che inizialmente lo hanno interpretato come una vera richiesta di aiuto. Sebbene sia stato successivamente rivelato come uno “scherzo” e una trovata pubblicitaria, ha scatenato significative polemiche a causa della delicatezza del tema delle condizioni dei lavoratori, specialmente nel contesto della pandemia.  
  6. Il Maiale è servito”. Già lo slogan e il logo iniziale hanno scatenato le prime reazioni. L’utilizzo del “maiale” in un contesto alimentare e il tono diretto hanno immediatamente segnalato un approccio fuori dagli schemi rispetto alla pubblicità tradizionale.
  7. “Non ordinate Burgez per i vostri figli”. Questa campagna, con immagini di bambini che sembravano in preda a una “crisi” dopo aver mangiato Burgez, ha generato discussioni sull’opportunità di associare un prodotto alimentare a reazioni così estreme, seppur ironiche. L’intento era chiaramente quello di enfatizzare l’irresistibilità del prodotto, ma il messaggio ha diviso il pubblico.
  8. “Burgez ti fa litigare col tuo medico”. Con manifesti che suggerivano di “mangiare Burgez e fregarsene” della salute, questa campagna ha giocato sull’eccesso e sulla disobbedienza alle regole, suscitando l’ira di alcuni professionisti della salute e, allo stesso tempo, l’ammirazione di chi ne ha apprezzato l’ironia sfrontata.

La strategia di comunicazione di Burgez

Altre campagne degne di nota includono la sfida aperta alle norme del servizio clienti, con la convinzione che i clienti diventino “utenti” una volta fuori dal locale, liberi di criticare. Il brand ha anche intrapreso una collaborazione non convenzionale con il cantante indie Coez, tappezzando le città con immagini di una ragazza che mangia un hamburger prima del lancio del suo album. Questa iniziativa, un successo per entrambe le parti, è stata successivamente imitata da altri competitor. Persino il packaging di Burgez presentava ironicamente il testo “Lorem Ipsum”, un chiaro contrasto con gli standard di design professionale.  

Nel complesso, queste strategie hanno forgiato un’identità di marca forte, sebbene polarizzante. Pur generando clamore e un seguito fedele di “lovemark” , hanno anche attirato numerosi detrattori e accuse di sessismo. La provocazione costante, pur essendo un elemento distintivo, ha rischiato di alienare un pubblico più ampio e di contribuire a una percezione di instabilità o mancanza di serietà.  

Burgez è diventato sinonimo di campagne pubblicitarie audaci, spesso al limite della provocazione e talvolta criticate per il loro linguaggio irriverente o per i temi trattati. Questa strategia, tuttavia, ha sempre garantito al brand un’enorme visibilità e ha alimentato il “buzz” intorno al marchio.

Cosa succede ora

Come fa notare Money, “la procedura, nello specifico, non è un vero e proprio fallimento ma consente di mettere in vendita i beni dell’impresa così da avere soldi per pagare i creditori”. Burgez, dunque, ha la possibilità di risolvere la crisi in modo ordinato e provare a ripartire con i suoi hamburger. Quanto saranno divisivi lo si vedrà.

Argomenti:
hamburger
Milano
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