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2 Settembre 2018 Aggiornato il 2 Settembre 2018 alle ore 12:56

Milano. I menu e il pane di Forno Collettivo che vi porta indietro nel tempo

No, non ci siamo: 80 kg di pane, e poco dopo mezzogiorno era già finito. Ero passato il giorno dell'inaugurazione, al Forno Collettivo in via Lecco a
Milano. I menu e il pane di Forno Collettivo che vi porta indietro nel tempo

No, non ci siamo: 80 kg di pane, e poco dopo mezzogiorno era già finito. Ero passato il giorno dell’inaugurazione, al Forno Collettivo in via Lecco a Milano, ma ero riuscito ad assaggiare solo uno dei loro due tipi di pane, l’S41. L’altro, il Discovery, era finito. E anche ieri, sabato, a mezzogiorno, il Discovery era già finito: l’ho notato subito, appena entrato, mentre un cliente stava comprando l’ultima pagnotta di quell’altro. Insomma, cosa potevo fare? Mi sono seduto a mangiare, giusto per consolarmi.

Vi abbiamo già raccontato tutto quello che c’era da sapere per spingervi ad andare a provare il forno comune, cioè il forno del fornaio del paese o del quartiere, dove la gente andava un tempo a cuocere le torte, gli arrosti, specie in occasione delle festività, anche il proprio pane. Lo si faceva nelle mie campagne, in Emilia, e il padre di mia cognata, nel suo forno a Bagheria: arrivava la gente con gli sfincioni, ognuno preparato secondo la ricetta di famiglia, e li ritirava caldi e ancora fumanti.

Qui si vuole creare un punto di incontro per gli appassionati, che decidono di andare a cuocere il proprio pane e magari a condividere con gli altri idee tecniche segreti – e vi assicuro che c’è chi è in grado di discettare su grammature dei lieviti, maturazioni e temperature come un filatelico della filigrana o della dentellatura di un Gronchi Rosa o di un Penny Black.

E perché mai uno dovrebbe farsi il pane – no, scusate: perché mai uno dovrebbe portare qui il proprio pane per cuocerlo? Beh, perché c’è un forno professionale, grande, con la pietra refrattaria (no, non è del nostro sponsor); perché le operazioni vengono eseguite da un fornaio professionista, in grado di aiutarti e consigliarti (e ci saranno anche fornai internazionali “ospiti”, sempre per l’idea di comunità); e proprio per l’aspetto “collettivo”, che è un altro nome per dire “condivisione”, tutto quello che è socialità al di fuori dei social. E perché intanto che aspetti puoi sederti a sbocconcellare qualcosa, e bere qualcos’altro. Non hanno ancora stabilito né i giorni, forse un paio alla settimana, da dedicare a questa panificazione comune, né il prezzo. Si potranno infornare circa 18 pagnotte, di non più di 800 grammi.

Va detto che forse, per far arrivare meglio il discorso, sarebbe stato preferibile mettere al centro del locale il forno vero e proprio, anziché lasciarlo relegato in cucina, peraltro non molto grande. Ma qui gli spazi sono quelli che sono, e già si pensa di trovare un laboratorio dove panificare per il Forno Collettivo ma anche per gli altri locali del gruppo di Davide Martelli e Alessandro Longhin, fondatori di The Botanical Club, ovvero la prima micro distilleria di gin con smart dining e cocktail bar in via Pastrengo, del cocktail&raw bar di via Tortona con lo stesso nome, del cocktail club Idéal in via Salutati (zona Wagner) e del natural wine bar Champagne Socialist,  al numero 1 di questa stessa via Lecco.

I vini naturali dello Champagne Socialist (suona un po’ come “Comunisti col Rolex”, vero? in realtà è “radical chic” detto alla statunitense) ci sono anche qui, esposti alle pareti, e c’è una lavagna di “vini del giorno”. E mi sono preso, ad accompagnare il mio pranzo, un bicchiere di un bianco dell’Oltrepò, etichetta coperta dal logo, ma dell’azienda Castello di Stefanago – con dentro un poco di Gewürztraminer, mi è piaciuto.

C’è un menu Colazione, servito peraltro fino alle 15. Molto buoni i sourdough croissant – lisci, 1,20 €, marmellata di albicocche (buonissima, artigianale, “vera”), 1,60 €, crema (questa solo discreta), 1,50 €. C’è anche il babka, treccia di croissant arrotolata con cioccolato, cacao, zucchero muscovado, mandorle (3,50 € la fetta).

E poi ci sono due menu, Sul Toast Cucina, con una formula per il pranzo rispettivamente a 11 e 12 € (un piatto, un dolce o frutta, calice di vino, caffè – l’acqua è gratis).

Ovviamente, ho preso un piatto da ogni menu.

Ho iniziato con il menu Cucina: Riso selvaggio, hummus alla paprika, melanzana alla brace, ceci soffiati, 11 €. Piacevolissimo – ma io sono molto lombardo, e avrei preferito che ci fosse molto più riso. Il resto del menu segue questa linea: molto Mediterraneo, con incroci interessanti, come appunto quelli del mio riso. Un classico lo Spaghetto ca muddica, 11 €, un po’ meno il Gazpacho verde, 8 €; interessante il Salmone in crosta di pane con insalata tabbouleh, 12 €, mentre Kale croccante, cavolo viola, ceci soffiati, avocado, pompelmo, broccoli al green-egg (vedo in rete che è una specie di barbecue), uvetta, coriandolo, 9 €, sembra un’antologia di prodotti sani e di moda e di sapori gustosi. E c’è anche un polletto alla brace con misticanza, arancia, barbabietola, melograno e semi di giraole tostati (9 €).

Poi ho voluto assaggiare un toast – che, come immaginavo, è preparato con il loro pane (anche se mi avrebbe incuriosito una loro versione del pane in cassetta). Sono andato sul “classico”: il 10 a.m. Toast infatti ha prosciutto cotto, brie, cheddar, parmigiano e senape in grani, per 7 €. Gli altri toast erano Avocado, 9 €, Hummus di melanzana alla brace, ceci soffiati, olio alla paprika, prezzemolo, feta bruciata al miele, 9 €, Pomodoro e basilico, cetrioli, cavolo viola, kibbeh (agnello, bulgur, pinoli e menta), crema di yogurt all’aneto, 11 €.

Sarà stato il pane, sarà stato il prosciutto e formaggio, l’ho trovato buonissimo. Meno male: averlo atteso per una mezzoretta non mi aveva reso particolarmente felice. Va bene, il locale era semipieno, d’accordo, ma penso gestibile. Probabilmente la cucina un po’ piccola, e quel tanto di rodaggio necessario nei locali, hanno un po’ dilatato i tempi.

Che sono rimasti tali – lunghetti – anche per il dolce: ho preso la torta di mele, 4 €, che è arrivata ahimé dopo una ventina di minuti (ma stavo parlando con una coppia di amici appena usciti dal locale, magari hanno aspettato che finissi). Peraltro, non mi è piaciuta molto:  l’insieme non mi ha convinto. Devo provare qualcos’altro, tipo il babka.

Stamattina presto, invece, sono andato a ritirare il pane che avevo – intelligentemente – prenotato ieri. Tanto mi era piaciuto l’S41 l’altro giorno (era anche usato nel toast) che ero curioso di assaggiare anche il Discovery, l’altra proposta di Carol Choi, giovane head baker newyorkese con esperienze al Per Se, al Noma e al Mirabelle di Christian Puglisi, di cui ha curato l’apertura.

La affianca, in qualità di consulente per la ricerca su grani, farine e pani, Laura Lazzaroni, giornalista e autrice del libro Altri grani altri pani edito da Gribaudo.

Il pane S41 (in vendita in pagnotte da 800 grammi a 6 €, 3 € la mezza pagnotta) è un sourdough, un pane a impasto acido, con lievito madre, fatto con farine da un mix in campo di vecchie varietà di grano tenero di Brianza e di Sicilia – quello che viene chiamato “miscuglio evolutivo”, e che Laura sarà felicissima di spiegarvi neglio. Il nome? Prima di arrivare a definire questo impasto, ci sono state 40 prove.

Stessi prezzi per il Discovery, il pane “da degustazione” che cambia periodicamente, con alta percentuale di farine di vecchie varietà, il “miscuglio evolutivo”: oggi, Aleppo, dell’azienda agricola Roccamadre (Marche: agronomo Salvatore Ceccarelli).

Sono buoni, molto, questi pani del Forno Collettivo: morbidi, con una bella crosta che si lascia masticare benissimo, profumati, una bella faccia, bel sapore. Sono aperti anche la domenica (chiusi il lunedì): una bella notizia, per chi non si fa il pane a casa.

Un bel posto, insomma, e buone cose da bere e da mangiare – vanno probabilmente messi a punto i tempi di servizio (e sullo scontrino mi hanno segnato una cosa al posto di un’altra: può succedere, agli inizi…). Ci devo tornare, anche per scoprire bene come funziona (e quanto costa: non l’hanno ancora deciso) questa cosa del forno comune, e vedere chi sarà poi ad andarci. Anche perché nei commenti al post precedente si leggono già considerazioni profonde, tipo “sarà sicuramente una cosa da modaioli di città e costerà più che comprarsi il pane” – se i modaioli di città si facciano il pane non lo so, ma conosco un sacco di persone che il pane se lo fanno, ed è anche buono.

Forno Collettivo. Via Lecco, 15. Milano. Tel. +39 022047295.

Emanuele Bonati
"Esco, vedo gente, mangio cose" Lavora nell'editoria da quasi 50 anni. Legge compulsivamente da sessant'anni. Mangia anche da oltre 60 anni – e da una quindicina degusta e racconta quello che mangia, e il perché e il percome, online e non. Tuttavia, verrà ricordato (forse) per aver fatto la foto della pizza di Cracco.
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