Tenuta Borgo Santa Cecilia, ristorante per dire sì alla caccia

L’ho subito pensato a Tenuta Borgo Santa Cecilia a Gubbio. Se si parla di caccia, di polvere da sparo, di selvaggina, di animali morti, di trofei e corna appese al muro, lo sdegno si leva in un grido comune, in una comune scomunica a vita nei confronti di chi ha avuto l’ardire di proporre un alimento, come la selvaggina appunto, per mangiare la quale occorre ammazzare un animale.
“Un Bambi, avete ucciso un Bambi!!!!”, urleranno i benpensanti senza rendersi conto che ogni giorno o quasi si ritrovano nel piatto Pippa Pig, Furia Cavallo del West e il Bianconiglio di Alice, con tutto il suo paese delle meraviglie.
“Ma quelli non sono uccisi col fucile!!!!”, come se la faccenda della polvere da sparo facesse veramente la differenza.
La questione del “nutrirsi di carne animale proveniente dalla caccia” è vecchia come il mondo e certo non sarò io a trattare l’argomento in queste righe.
La materia è invece differente e la discussione più puntuta. Si tollera o supporta il consumo di carne a volte addirittura come soluzione salvifica nei confronti di anemie e debolezze sanitarie varie. Ma si mette alla berlina uno dei modi più antichi del mondo per procurarsi il cibo.
La cacciagione e il ruolo del cacciatore

La “cacciagione” rappresenta uno dei modi più interessanti, variegati e differenziati di procurarsi un cibo nutriente, sano e buono. Caccia però sta diventando una parola sporca, cattiva, negativa. E cambiare il modo di pensare degli italiani, si sa, è lavoro duro. Ed è un lavoro di comunicazione.
Innanzitutto, è necessario definire che cosa è “caccia”, o si vuole fortemente sia, e cioè una “filiera alimentare da valorizzare.
Un attento riesame della tematica caccia parte da un riposizionamento della figura del cacciatore, che se consapevole, istruito e adeguatamente formato, diventa un attore fondamentale della filiera: colui che alla stessa dà inizio.

Ma è anche un modo per sensibilizzare gli intermediari, i commercianti, alla necessità di dare valore al prodotto della caccia stessa. Come accade a Tenuta Borgo Santa Cecilia.
Se invece di attaccare, visto che si tratta unicamente di cultura gastronomica e di usi e costumi più o meno disconosciuti, si cercasse di scavare e capirne di più, si scoprirebbe un mondo. Fatto sì di cacciagione, ma anche di foraging, di tecniche alternative di preparazione e di cottura, di tradizione e di grandissimo gusto.
La cacciagione alla Tenuta Borgo Santa Cecilia

Abbiamo avuto la fortuna di visitare un posto magico, costruito su questa idea di “caccia sana”. Appunto, la Tenuta Borgo Santa Cecilia, nel verde cuore dell’Umbria (e se cercate ispirazioni per un weekend, eccole).
E proprio nel cuore, tra l’una e l’altra collina, sorge questo agriturismo in una cascina ristrutturata, tra campi di farro e boschi di lecci. E nei campi, tanti cerbiatti, cinghiali, daini, uccelli di ogni tipo e misura.
Sembra veramente di essere tornati centinaia di anni indietro, con una grande cucina e una grande cantina, dal soffitto della quale pendono prosciutti di tipi diversi, salami e insaccati con le carni più disparate. E un’ottima scelta di vini e bollicine.
Comincia qui, in cantina, la cena rurale, ma raffinata.
Sì, perché la cucina della selvaggina è una cucina da contado, da principato, da Reame.

Una straordinaria sequenza di preparazioni antiche ma modernissime, se eseguite con la maestria di chi ci ospita.
E dopo appunto un antipasto in cantina assaggiando gli insaccati più diversi, siamo passati in sala. Dove praticamente tutto ciò che ci è stato servito è autoprodotto, o al massimo acquistato dalle aziende agricole limitrofe.
Cosa si mangia

A Tenuta Borgo Santa Cecilia ci sono Alessio Perini, in cucina, e Giuseppe Onorato, in sala.
Entrée di benvenuto, in finger. Cialda al miso di riso e tapioca e glassa di verdure e neve di caprino
Insalata di primavera. Una misticanza di erbe selvatiche con composta di nespole fermentate, granita alla mela verde, condita con con sciroppo al fieno e aceto di sambuco.
Quindi i piatti “forti”.

Un Capriolo in pizzaiola. Capriolo marinato e affumicato, acqua di pomodoro e olio al basilico, pasta concentrata di pomodoro arrostito e origano.

Poi, come altra proteina, una pasta. Spaghettone, elicriso e bottarga di cuore di capriolo.
Un intermezzo di Gambi di bieta arcobaleno, crema di aglio e pepe, dragoncello e aglio nero grattugiato.
Un meraviglioso Tonno di lepre e verdure, prima sott’olio poi arrosto.
Ancora una Coscia di capriolo, questa volta con uva fragola e crispigni.
Per pre-dessert (!!!) alla Tenuta Borgo Santa Cecilia servono la Spalla di capriolo stagionata.

E il dessert. Frutti rossi e cioccolato: cremoso al lampone, sorbetto alla fragola, spuma al cioccolato al latte, concentrazione di frutti rossi.
Per chiudere: Mora, pera in osmosi di cardamomo e vaniglia, cantuccio alle mandorle, cioccolatino ‘Bacio’ al ginepro.
Una cena buonissima, naturale e di territorio.
Un territorio verde, vivo, vitale, ricco e meraviglioso.
Un territorio da scoprire alla Tenuta Borgo Santa Cecilia.
Quanto costa il ristorante di Tenuta Borgo Santa Cecilia a Gubbio (2025)

Due i menu degustazione proposti dal ristorante della Tenuta Borgo Santa Cecilia in Umbria.
Paesaggio, un percorso di 7 portate a mano libera dello chef a 85 €.
Approccio, 3 portate da scegliere dai piatti alla carta (antipasto, primo o secondo, dessert) a 50 €.
I piatti alla carta
Antipasti
Carciofo in salsa diavola (18 €)
Capriolo alla pizzaiola (20 €)
Carote marinate, cagliata fresca, melassa vegetale (18 €)
Selezione ‘Onorato Salumi’ con giardiniera (22 €)
Prosciutto 70 mesi ‘Onorato Salumi’ (22 €)
Primi
Spaghettoni, elicriso, bottarga di cuore di capriolo (22 €)
Rigatoni ajo e ojo di bosco (18 €)
Pasta, fieno e battuta di agnello (22 €)
Secondi
Cinghiale e vignarola (28 €)
Coniglio e insalata selvatica barbecue (28 €)
Agnello in doppio servizio, asparagi e uva fragola (28 €)
Dolci
Non proprio un tiramisù (14 €)
Lampone e Cioccolato (14 €)
Brioche, gelato alla mandorla e zabaione ai porcini (14 €)
Un pasto completo (antipasto, primo, secondo) al ristorante della Tenuta Borgo Santa Cecilia costa quindi circa 70 €.
La visita di Luglio 2021

Salite in macchina e dirigetevi verso l’Umbria e la Tenuta Borgo Santa Cecilia a Gubbio. Troverete in un piccolo borgo o, per meglio dire, una tenuta-resort nascosta tra i monti dell’Appennino più vero.
La tenuta confina con il fiume Mussino ed è circondata da boschi, borghi antichi e campi. L’area è utilizzata per coltivare cereali, foraggi e ulivi seguendo le norme dell’agricoltura biologica.

Una parte del raccolto, che comprende grano, farro, orzo, avena, ceci, lenticchie, pisello, favino ed erba medica, è utilizzata per nutrire galline, maiali e agnelli allevati allo stato brado.

Un’altra parte delle coltivazioni e i prodotti derivanti dagli allevamenti, oltre che per la vendita, è impiegata per rifornire la cucina sostenibile del ristorante del Borgo Santa Cecilia.
Gli ospiti hanno a disposizione uno spazio incontaminato, lontano da tutto e da tutti, dove però non mancano le comodità. Le 5 camere sono molto ampie e super accessoriate.
Cos’è Tenuta Borgo Santa Cecilia

Vivere la natura è la filosofia del team che guida il progetto. Non consigliano mai di restare una notte sola, perché il borgo va vissuto a pieno, per rimettersi in contatto con i propri ritmi. La squadra di Borgo Santa Cecilia è composta da Giuseppe Onorato e sua moglie Serena Sebastiani, i proprietari, Erica Ortu in sala e lo chef Alessio Pierini.


Il Borgo Santa Cecilia è attrezzato di tutto punto con Wi-Fi satellitare, piscina idromassaggio e noleggio mountain-bike. E oltre a lezioni di yoga, passeggiate a cavallo, birdwatching, ci sono anche i percorsi con un esperto botanico-forestale per riconoscere le infinite espressioni del bosco e dei suoi frutti. Insieme ai corsi di cucina tradizionale umbra e di norcineria. E alla caccia con Maya, abile bracco, sulle tracce del tartufo nero estivo di questa stagione.


Il ristorante del Borgo Canta Cecilia racconta di una cucina di tradizione, a tratti contaminata con gesti contemporanei per riscoprire sapori dimenticati dal tempo. Tanti gli ingredienti di produzione propria. Carne da caccia selettiva e dagli allevamenti bradi, ad esempio, per tagli pregiati e quinto quarto. Il resto dei prodotti è acquistato dalle aziende agricole limitrofe.

Lo chef eugubino Alessio Pierini trae ispirazione dal bosco e riflette sulle tradizioni e i prodotti del territorio.

“Sto cercando di rendere nel sapore cosa significa per me l’Umbria, cioè un insieme di ricordi di famiglia e tradizione, con un pizzico di contaminazioni asiatiche e mediorientali perché mi piace proporre piatti vivaci e terreni allo stesso tempo”, spiega.
I piatti del ristorante del Borgo Santa Cecilia

Ho iniziato con il tonno di coniglio, mais, polline e tsukemono (14 €). Un piatto che nasce dall’esperienza dello chef dietro il tavolo da cucina di sua nonna dove la carne, cacciata, veniva messa sott’olio per essere conservata più a lungo. Il mix di gusti e consistenze è contadino e semplice, ma con estrema attenzione alle tecniche di cottura che lasciano spazio a sentori più ricercati.

Terra, Umbria e contaminazione sono i tre tasselli protagonisti della seconda portata di Borgo Santa Cecilia. Uovo, tartufo, spinaci al tè nero, cagliata affumicata e nocciole (12 €). Sapori quasi autunnali che si sposano in maniera ottimale anche con le temperature estive. Un piatto morbido, avvolgente e sapido chiuso su un perfetto equilibrio di texture.

Tornando alla mano dello chef e ai gesti a lui cari, ecco la panzanella alla brace (14 €). La cottura ancestrale e le diverse verdure dell’orto aggiornano il concetto tradizionale. Giusto spartiacque fra gli antipasti e le più complesse portate successive.
Lepre e capriolo

Riso, lepre in dolceforte, pinoli e corteccia di quercia (16 €). Un piatto sensazionale, ricercato nel gusto ma facile da comprendere. Ogni sfumatura si apre al palato lungo la degustazione con tonalità affumicate e amaricanti che svettano su tutte. Il punto insidioso del piatto? La cottura del riso, in questo caso ottima.

Lardo, dashi di bosco, fegato e ghiande tostate (12 €). Gusti decisi, accesi e spenti con fini contrasti al Borgo Santa Cecilia. La spuma di fegato è il perfetto companatico di una cialda croccante, mentre la grassezza del lardo è lavata via dal tiepido brodo da bere sul finale. Che dire, sembra di passeggiare nel sottobosco fra odori e sapori di campagna.

Ultimo ma non ultimo, il capriolo con erbe amare (22 €). Un animale molto usato in Umbria e soprattutto qui, dove è possibile vederlo zampettare per la tenuta. La carne si scioglie in bocca e il sapore di selvaggina non è per niente invadente. Le erbe amare di accompagnamento sono quelle di stagione, nel mio caso cicoria.

Impossibile non provare lo spaghetto con bottarga di cuore di capriolo ed elicriso (14 €). Il cuore, lavorato come una bottarga di pesce quindi macerato ed essiccato, regala alla forchettata un sapore aromatico che si mescola alle note balsamiche dell’elicriso.

Anche la pasticceria non è da meno al Borgo Santa Cecilia. Ho assaggiato un dessert aggiunto in carta da poco: il dolce Umbria, creme brûlé al favino, mandorle e vin santo (8 €). Frutto di un attento studio sulla dolcezza naturale della leguminose, senza zuccheri aggiunti, impreziosita con la mousse di mandorla e la spuma al vin santo. Degna chiusura di un viaggio tutto all’interno dell’immenso mare dell’Umbria.
Menu degustazione e prezzi
Il ristorante del Borgo Santa Cecilia è aperto sia ai clienti che pernottano nella tenuta sia a chiunque desidera provarlo dall’esterno.
Due i menu degustazione a disposizione: uno da 5 portate (a 55 €) e uno da 6 portate (a 68 €). Racchiudono in brevi passaggi una storia lunga più di cento anni, costantemente aggiornata da guizzi creativi e accostamenti cerebrali.
In sala Giuseppe Onorato oltre a raccontare i piatti, suggerisce i migliori vini da abbinare alle portate scelte. “La carta dei vini rispecchia la mia eterna ricerca della qualità e la volontà di instaurare rapporti diretti con la proprietà delle cantine”, racconta Giuseppe. La carta, che conta circa 70 referenze, è composta in larga parte da una buona rappresentanza di vini locali e italiani e da una piccola selezione di vini internazionali e Champagne.
I salumi

Per il futuro, l’intenzione del Borgo Santa Cecilia è aprire la cantina per degustazioni informali di salumi e formaggi e creare una brace all’aperto per pasti conviviali.
Capitolo a parte è il mondo Onorato Salumi. All’interno del Borgo, c’è una sala dedicata alla norcineria. Qui l’odore di affumicato si mescola a quello delle muffe conservative, creando un’atmosfera davvero fuori dal tempo.
I Salumi Onorato sono testimoni di più di un’intera generazione accomunata da semplici gesti che sanno di famiglia: macinare la carne, legare le salsicce e affumicare. Niente conservanti, salse o componenti chimici. Solo quello che serve per produrre salumi di qualità: carne, sale e spezie.

I prosciutti raggiungono stagionature di oltre 4 anni, ma anche tutti gli altri prodotti non sono da meno. Ogni pezzo è prodotto artigianalmente, rispettando i i tempi di crescita degli animali. Per questo le quantità sono limitate e i tagli sono tutti differenti. La natura non lavora in serie e sicuramente senza macchinari industriali.
I Salumi Onorato sono acquistabili anche online.
Troverete insaccati di maiale e di cinghiale, salsicce di capriolo e di pecora, ragù di capriolo o di cinghiale e uova.
[Tommaso Lentini]