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13 Ottobre 2018 Aggiornato il 13 Ottobre 2018 alle ore 19:42

Roma. Come gustare Via Japan sperando in un 2019 (ancora) migliore

Ieri siamo stati alla prima serata di Via Japan, la manifestazione sullo street food giapponese che fino a domani sarà alle Officine Farneto. Rispondiamo
Roma. Come gustare Via Japan sperando in un 2019 (ancora) migliore

Ieri siamo stati alla prima serata di Via Japan, la manifestazione sullo street food giapponese che fino a domani sarà alle Officine Farneto.

Rispondiamo alla domanda “Com’era? Vale la pena?”.

La risposta è: “Sì, ne vale la pena”. Tant’è che siamo ritornati anche oggi.

E vale nel senso che il cibo etnico, e lanterne, gli origami, i kimono, i profumi e l’atmosfera di un ambiente industriale imbandito a strada di Tokyo rendono questo evento diverso dagli altri. In un certo senso anche più divulgativo e culturalmente utile.

I consigli per i visitatori

Infine un paio di dritte per i visitatori che anche stasera e domani affolleranno la manifestazione: acquistate il biglietto online e arrivate un’ora prima per non essere costretti a parcheggiare dove non si potrebbe e vivere tre ore di angoscia per il timore di essere multati e soprattutto per fare un giro sia tra i banchetti esterni che tra quelli interni. Tenete conto che vi occorreranno circa 18-25 € ciascuno (a seconda degli stomaci) per uscire sazi e aver provato più cose, quindi acquistate i gettoni necessari senza però esagerare, dato che poi non è possibile (ri)convertirli.

Da provare, oltre al già citato ramen di Ramen Bar Akira, che è all’interno – anche se i suoi fan consigliano di andare al ristorante a via Ostiense per gettarsi in una mega ciotola a prezzo quasi uguale, consigliamo l’okonomiayaki, i roll con salmone e l’onigiri con carne: quello con verdure è insipido, non vale la pena.

Molto leggero e buono il brodo con udon.

Soddisfano i nigiri anche se il costo, rispetto al resto, spinge a non prenderne un’altra porzione.

Soddisfacente la zuppa di miso.

Gli amanti del pollo troveranno buoni Yakitori.

E le divertenti alette di pollo Karaage da intingere in salse a scelta.

“Ni” per il polpo fritto nelle classiche polpette takoyaki di Osaka.

Buono l’harumaki di Sandro Masci che alle Officine Farneto è di casa con la sua scuola Les Chefs Blancs i cui allievi hanno fatto da spina dorsale nella logistica dell’evento.

E avete anche da scoprire Gyoza (ravioli di maiale), Onigiri Shiro (riso con carne bianca) e l’immancabile saké proposto in diverse gradazioni.

Ma, c’è un ma. Ci sono, anzi, diversi ma. E per ognuno c’è ovviamente un nostro consiglio a Via Japan per la prossima edizione.

Ehi, c’è da migliorare!

1. La gestione degli ingressi. Capiamo (ma forse nemmeno troppo le motivazioni) che eventi di questo tipo fanno a gara a chi si accaparra più ingressi. Ma non è normale fare un’ora di coda per poi sentirsi dire che ormai gli accessi – ore 20.30 – erano chiusi per chi non aveva il biglietto elettronico. Il consiglio che diamo a Via Japan è quello di spingere il più possibile all’acquisto dei biglietti elettronici (qui) o sulla prenotazione con carta di credito: così facendo si ha un’ottica più precisa di quante persone parteciperanno, decidendo di vendere pochi biglietti – annunciandolo sui social, trasparenza prima di tutto – direttamente in cassa. Chi sarà realmente interessato a venire, a quel punto si premurerà di avere il ticket in mano già tempo prima.

2. Il punto 2 è collegato all’1. I (pochi) 5 € d’ingresso, non giustificano poi i costi alti o sballati della stragrande maggioranza delle pietanze.

Esempi: due nigiri a 4 gettoni (ognuno corrisponde  a un euro) o due gyoza fritti di pollo a 4 gettoni, takoyaki (non buoni) sempre a 4 gettoni. Decisamente troppo rispetto – altro esempio – ai 6 gettoni per un buon ramen (Ramen Bar Akira, provate il black come detto)

3. L’acquisto dei gettoni. Alla casse ieri c’era un solo pos, che le due addette ai pagamenti erano costrette a dividersi. Certo, ci sono anche macchinette che convertono contanti in gettoni, ma non tutti girano con contanti. Il consiglio (banale) è quello di munirsi di più pos.

4. Pochi dolci (sic!). L’unico dolce che abbiamo trovato è il mochi ice con tè matcha o con cioccolato. In questo caso, stranamente, pur avendo battuto ogni banchetto, ci auguriamo di essere smentiti, sperando che qualche altro dolcetto fosse tra le pietanze coperte perché finite.

E voi che ne pensate? Quali sono le vostre considerazioni dopo aver partecipato alla manifestazione?

[Immagini: Vincenzo Pagano]

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