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20 Marzo 2010 Aggiornato il 2 Luglio 2014 alle ore 21:45

10 giorni d’oro per l’Italia del Gusto tra San Marzano e 201 Dop

Formaggio, pomodoro, Ricciarelli e patate. La lista dei successi italiani a tavola si è allungata in questa settimana. A Napoli nasce il super San
10 giorni d’oro per l’Italia del Gusto tra San Marzano e 201 Dop

superpomodoro

Formaggio, pomodoro, Ricciarelli e patate. La lista dei successi italiani a tavola si è allungata in questa settimana. A Napoli nasce il super San Marzano, il formaggio italiano conquista nuovi spazi nel carrello dei francesi, Ricciarelli senesi e patata di Bologna entrano nel Registro europeo delle Dop e Igp. Ecco qualche battaglia che l’Italia ha vinto nella guerra per il primato gastronomico mondiale. Cominciamo dal pomodoro, ingrediente simbolo della cucina di casa nostra. Al Cnr di Napoli, dopo qualche anno di sperimentazione, è nato il super San Marzano, ottenuto dall’innesto di semi puri del famoso ortaggio campano (i semi sono stati forniti dal sementiere Faraone-Mennella) con alcune varietà di pomodoro nero, Black Tomato, della California. Un prodotto non Ogm che sarà in vendita a partire da agosto, durante il periodo di maggiore consumo di pomodoro fresco. Il super San Marzano è ottenuto dall’innesto di varietà già esistenti in natura e dotato di qualità nutrizionali superiori agli altri pomodori in commercio (30/40 mg. di vitamina C per 100 grammi, proprietà antiossidanti superiori di almeno il 10% rispetto agli altri pomodori, una capacità superiore di conservare i principi nutritivi anche dopo la cottura). La speranza è che il San Marzano non scompaia del tutto flagellato dalle virosi che hanno portato nell’area di riferimento a cedere il passo ad altri pomodori (come il Roma) in ossequio alla legge del si coltiva quello che è più facile da coltivare. Dagli anni ’80 ad oggi la Campania è passata dalla leadership con il 35% della produzione nazionale a un circa 3%. Quindi, segnarsi data in agenda per l’assaggio del pomodorone.

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Sul terreno del formaggio il successo è squisitamente commerciale e si riassume in quel +10% di esportazione dei prodotti made in Italy nel 2009 proprio nel mercato più difficile, quello francese e proprio nel momento in cui le vendite di formaggi francesi in Italia scendono del 5% con punte del -7% per formaggi storici come il Brie. Un crollo al quale fa da pendant l’impennata del Parmigiano Reggiano nei consumi dei francesi (+7%).

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E se il Parmigiano straccia il Brie, Italia batte Francia 201 a 170 anche nella partita delle denominazioni d’origine protetta. Ha superato infatti la boa dei 200, dopo l’iscrizione dei Ricciarelli di Siena (200ma e qui trovate una ricetta) e della patata di Bologna (201) nel Registro europeo delle Dop e Igp, il numero delle specialità italiane che Europa annovera nell’elenco delle eccellenze agroalimentari del Vecchio Continente (126 a Denominazione di Origine Protetta dopo l’arrivo della patata di Bologna e 75 a Indicazione Geografica Protetta, dopo il riconoscimento conferito ai Ricciarelli di Siena).

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Certo, non sarà una nuova Dop a decretare la vittoria dell’Italia sui cugini d’Oltralpe, né qualche tonnellata di parmigiano in più acquistato nei supermercati di Parigi o Marsiglia a fermare i Francesi nell’ingrata mission di mantenere un primato fino a ieri scontato. L’eterna guerra con la patria delle stelle Michelin è una guerra dagli esiti incerti, una partita tutta da giocare in attesa che nuovi competitor (magari asiatici) penetrino con orientale nonchalance nel salotto buono della ristorazione mondiale. Ma qualche mal di pancia c’è e a decretare, indirettamente ma non troppo, il successo della cucina italiana (o forse spagnola?) in questo inizio di ventunesimo secolo, è stato il tentativo recente degli chef francesi Alain Ducasse e di Joël Robuchon di far rivivere gli antichi fasti della cucina d’Oltralpe grazie alla neonata associazione Cuisine de France, lanciata l’8 marzo nel corso della nona edizione del Salone della Ristorazione Sirest Ideas che si tiene ogni anno a Parigi. Un gesto che conferma, insieme alla difficoltà di restare padroni incontrastati della scena mondiale, l’insidiosa vitalità dell’Italia in uno dei suoi (pochi?) terreni vincenti.

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All’appello manca solo il Sunday Times che ha piazzato Roma tra le 12 città più sexy del mondo, sopra Parigi (la città più cara del mondo secondo una classifica recente dell’Economist). E se alla capitale italiana vanno le simpatie del domenicale del Times il merito è anche del suo cibo. Cosa c’è di più sexy, assicurano gli inglesi, di una lussuriosa passeggiata sorseggiando un thé da Babington’s, a Piazza Trinità dei Monti, di un cocktail al Bloom, nei pressi di Piazza Navona  o di un caffè all’Antico Caffè Greco? Oltre ovviamente un merluzzo nero su purè di ceci e crosta al prosciutto San Daniele al tristellato di Monte Mario? Una gita a Viterbo, risponderebbe il Financial Times, che a fine mese ospiterà un reportage sulla città medievale, eletta a luogo ideale dove vivere e investire. Ma questa volta, pare, non per ragioni gastronomiche. Nell’attesa che un’altra delle testate anglosassoni, sempre generose con l’Italian food, scoprano, della città dei Papi, l’ottimo olio o i pregiati marroni.

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