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Un marziano a Roma/31 Andate da Paris voi che amate i carciofi alla giudia

mercoledì, 04 Maggio 2011 di

Era da qualche tempo che non andavo da Paris a Piazza San Calisto a Trastevere. Qwerty, che ha scoperto i riti della movida de’ Roma, ha subito apprezzato l’idea di un frugale pranzo per non incappare in ZTL e amenità varie dopo la ‘scoppola’ in quel della Tuscolana. Paris è stato tra uno dei primi  ristoranti che ho frequentato al mio arrivo a Roma alla metà degli anni ’80. Era già lì, dal gennaio del 1984, quando Dario Cappellanti da Illica di Accumoli (un tiro di schioppo da Amatrice) e sua moglie, la Sora Iole da Fabriano, avevano deciso di aprire nel cuore di Roma. La loro storia era iniziata da Loreto, dove si erano conosciuti, e dopo la tappa da Piperno, insieme ad Anacleto Bleve, erano approdati a Via Lanciani e avevano aperto il ristorante Da Paola scoperto sul finire degli anni ’70 da Federico D’Amato “Godio”. Dario Cappellanti è sempre al timone del ristorante di famiglia (con lui c’è il figlio Gianni, l’unico romanista ad aggirarsi tra i tavoli) con l’inossidabile cameriere Edgardo (che sembra uscito da un film di Sordi) e propone una cucina di tradizione che gioca sui fondamentali. Parole magiche per il marziano romano che ha da sciogliere solo il nodo tra lupa e aquila.

E sia ben chiaro subito, da Paris andateci soprattutto per i carciofi alla giudia che in una Top Ten capitolina occupano il podio. La capacità della Sora Iole di capare i cimaroli è indubbia come la sua destrezza nello sceglierli e nel renderli croccanti al punto giusto. Una libidine nella stagione migliore. Osservare il gesto sicuro della pressatura con quel minimo di rotazione che vi consegnerà un girasole che guarda il gusto è uno di quei piccoli piaceri che la tavola sa riservare.

Il menu da Paris non si concede a distrazioni e tappe evolutive darwiniane. La ricerca del prodotto c’è ma non è esasperata ne vittima di flussi modaioli. Così nella carbonara di casa, che potreste fare ai fornelli domestici, i rigatoni sono quelli romani della, udite-udite, De Cecco. Li tengono belli al dente anche se la testa del campionato nel mio personale piatto benchmark è appannaggio di altre cucine.

Ma sono ben riposte le aspettative nei succulenti fiori di zucca fritti, croccanti e morbidi al tempo stesso proprio come li facevano anche nei tempi in cui non si parlava di tempura.

Spaziali i gamberetti alla livornese in un guazzetto affabulatore che fa dimenticare l’etichetta a favore di un’inevitabile scarpetta sapida senza esagerazioni e che apre al prosieguo con l’eccellente triglia, sempre con il pomodoro.

Ed è piacevole anche il classicissimo dessert di fragoline di Nemi con il gelato a siglare il messaggio di fede calcistica del mio commensale che cerca di spiegare al verde amico qualcosa di vino e che, mai lo avrei detto, chiede un brachetto di accompagnamento.

Una tavola bella ricca di vita e di turisti cui non sfugge il piacere di uno spazio all’aperto che nelle sere estive saranno un palcoscenico d’eccezione. Dario Cappellanti è sempre lì che segue la sala, mentre Iole cucina alla grande per enne ore al giorno. E i turisti, che intelligentemente si fermano sotto questi ombrelloni a bearsi di Roma e della sua cucina, ringraziano. Proprio come fa Qwerty che cataloga alla voce carciofo “gioia primaverile imperdibile”.

I prezzi non sono da trattoria basic nè da antro spenna-avventori. I piatti permettono di classificarla come trattoria nel senso nobile della tradizione familiare che si radica e prospera nel tempo. Una tavola di tutti i giorni per facilità di portate. E il carciofo insieme ai gamberi mi fanno pensare che uno scatto è di quelli belli abbondanti al pari dell’affabilità di Dario e Iole, ristoratori, ne sarete sicuri, per grande passione.

Ristorante Paris. Piazza S. Calisto, 7a. 00153 Roma. Tel. +39 06.5815378

Foto: iPhone

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.