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Un marziano a Roma/62 Trattoria del Pesce, ok il prezzo è giusto

Un indirizzo per il pesce a Roma da annotare. Ottimi crudi e calamarata al ragout di ombrina. Misurata la carta dei vini, onesto il prezzo
mercoledì, 14 Marzo 2012 di

svinando

C’è poco da fare, Monteverde sta diventando uno degli epicentri della Roma gastronomica. Come sono lontani i primi anni in cui vivevo nel quartiere, dove non esisteva niente e gli indirizzi clou erano i classicissimi Cortile e Bruno ai Quattro venti, e il massimo del gourmet monteverdino era la frutteria Capone in via Carini.

Altri tempi, altra Roma, altra vita. Non se ne parlava di gastrofichetti e nemmeno di marziani golosi. Ma si sa, tutto cambia, tranne l’astronave con cui Qwerty atterra a Villa Pamphili, preciso come un orologio nucleare di Alfa Centauri. Ieri ha suonato il mio cellulare e la faccia allegra verdolina ha fatto capolino. Accidenti, era un po’ che non lo sentivo, l’avevo sbolognato con successo ad altri, ma questo mercoledì me tocca.

Già lo sapevo e mi ero preparato. Leggendo qua e là e chiacchierando con amici avevo saputo di questo localino, ai confini fra Monteverde Nuovo e Vecchio. L’idea mi ha subito contagiato: un localino semplice dove mangiare del buon pesce a prezzi onesti. Ho sempre digerito poco la facilità con cui nella città eterna si subiscono prezzi oltraggiosi per mangiare un crudo di pesce, al grido “ma là c’hanno er pesce bbono”. La freschezza e qualità della materia prima mi sembra un requisito minimo per una discreta mangiatoia, non la pietra filosofale a cui sacrificare tutto e tutti.

L’appuntamento è stato rapido e preciso: “Ci vediamo a via Folco Portinari 27, prenoto io”. Dal brontolio marziano ho capito che l’amico extracomunitario aveva gradito.

Alle nove precise varchiamo la porta a vetri, il locale è semplice e pulito. Solo leggermente azzimato come il cache-col del gentilissimo patron. Molto legno naturale e verniciato di bianco, sedie impagliate e pentole di rame appesi. Tra me e me penso: “Iniziamo bene!”. La cortesia del maître/proprietario Federico Cerciello è esemplare, non si scompone neanche alla vista di Qwerty, invece gli apre cortesemente il tovagliolo e gli porge il menu.

La proposta è molto classica, una cucina di pesce golosa e sincera, con qualche giusto tocco à la mode, proprio del curriculum blasonato e internazionale del proprietario. L’occhio mi casca su una carta dei vini, piccola e misurata, con un’attenzione particolare a piccoli produttori artigianali e chicche transalpine dai ricarichi corretti.

Ordiniamo:

Grand antipasto di mare (4 selezioni di crudi e 7 di cotti). Quasi una cena da solo. Non potevamo esimerci dal provarlo. Arriva in tavola un’alzatina composta di tanti piccoli piatti. I caldi sono abbastanza comuni e dimenticabili, gravati spesso da un uso del pomodoro eccessivo e da cotture non precisissime. Spiccano invece per equilibrio e materia prima i crudi, un’ombrina parlante da urlo ad altissimo rischio di godimento, i calamari a spillo morbidi e vellutati, gamberoni rossi siciliani non enormi ma saporiti di iodio e mareggiate e delle ostriche sarde intense e saporite, peccato per un’unica emulsione al limone per tutti e quattro i crudi. Buono anche il sauté di vongole e cozze.

Calamarata al ragout di ombrina e pesto al basilico leggero. Adoro la calamarata, malgrado l’uso improprio che se ne fa ultimamente. In questo caso è efficace e intensa, il ragout di ombrina è piacevole nel suo taglio grossolano e nella consistenza perfetta, gravato da un pesto eccessivo e dal colore non bellissimo: basta mettere un poco doi sale grosso in preparazione per conservare il verde brillante. Nel complesso un piatto generoso e discreto.

Tagliolini con gamberi rossi di Mazara del Vallo con limone di Amalfi. Meno convincenti dell’altro. La consistenza del tagliolino è troppo fragile, e il profumo di limone diventa un sapore di agrume francamente soverchio e sbilanciato, tende a coprire ed uniformare un poco tutto.

Frittura di mare del Mediterraneo. Chiudiamo nel più classico dei modi, con una frittura di cui non avevamo l’esigenza, ma che la gola ci impone. Peccato che risulti un poco gommosa, non croccante e leggera come avremmo desiderato, ma la varietà è interessante e la quantità degna degli appetiti del nostro Qwerty.

Sui dolci capitoliamo, non abbiamo neanche più un angolino libero. Dalla carta sono invitanti e generosi, la prossima volta… Si perché non mancherà una prossima volta per un locale ancora da registrare ma sicuramente interessante e dal buon rapporto qualità/prezzo. Noi si è speso in tre 180 € comprensivi di due deliziosi Chenin Blanc della Loira. Mica male…

Trattoria del Pesce. Via Folco Portinari 27. Roma. Tel. +39 06.95945393

[Foto: Andrea Sponzilli]

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