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Sei fritto anche in estate: olio extra vergine di oliva, semi e strutto

giovedì, 04 Luglio 2013 di

svinando

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Frittura. Una sola parola per ingolosire qualcuno e far storcere il naso a qualcun altro. Ma anche i salutisti più integralisti converranno con me che, con moderazione, concedersi il piacere scrocchiarello di una frittura fatta “ad arte” può solo che giovare (almeno all’umore).

Un po’ come la lasagna, la frittura in ogni casa ha regole riverse. Che sia pastellata, impanata, in tempura, nature, la sacra arte dell’immersione bollente genera diatribe da secoli a partire dalla scelta dell’olio, passando per tempi, temperature e quantità.

Nigellissima risolve i problemi tuffando tutte le patatine in olio freddo voltando le spalle all’eterna lotta tra extravergine e non, infischiandosene del temuto punto di fumo, temperatura di decomposizione del grasso.

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Partendo dal presupposto che gli olii non raffinati abbassano il limite di calore massimo, secondo le stime l’olio di arachidi con i suoi 230° sembra il passepartout per una frittura croccante. L’extravergine può arrivare ad un punto di fumo di 210°, ma il suo sapore intenso mette in ombra la pietanza protagonista. Eppure, uno studio dell’Università Federico II di Napoli parlava del potere dell’olio extravergine di oliva (sigla per gli appassionati EVO) di arricchire le patatine fritte di antiossidanti rendendole più salutari. Io spero che sia vero anche per paste cresciute, crocché, arancini, scagliozzi di polente

Poi arriva il contrordine dell’Università di Porto ad affermare che l’extravergine in cottura perde tutte le proprietà che lo rendono caro alla nostra salute, quindi meglio risparmiare qualche spiccio. E che dire del sommo René Redzepi che adopera olio di colza? L’olio di semi fa davvero così male? Tendenze, controtendenze, smentite.

Le regole per un buon fritto sono poche e tra queste figura di certo il buonsenso.

  1. Olio caldo sì, ma ci vuole un attimo a far bruciare tutto. Occhio alla fiamma e se avete un termometro a portata di mano, ancora meglio.
  2. Per friggere ci vuole pazienza. Inutile scaraventare quantità eccessive di cibo nella padella facendo abbassare bruscamente la temperatura.
  3. Non siate parsimoniosi con l’olio. Meno ce n’è più il fritto sarà appesantito e unto.
  4. Per questo, il tegame deve avere una buona profondità. Anche un wok può andar bene.
  5. Il sale solo alla fine dopo che la frittura si è assestata sulla carta assorbente.
  6. Per chi proprio non riesce a rinunciare al limone sul fritto di pesce, meglio evitare il succo che rende la pastella moscia e preferire una grattugiata di scorzetta. Rilascia la stessa freschezza ma resta tutto croccante.

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Veniamo a qualche proposta, cominciando con lo gnocco fritto emiliano, che risolve la questione della scelta dell’olio friggendo nel re dei grassi animali: lo strutto. La ricetta tradizionale lo vuole così. Punto di fumo 180°- 210°.

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Frittura in tempura, la pastella giapponese famosa per la sua incredibile leggerezza conferita dall’utilizzo di acqua gassata gelata per miscelare la farina. Ideale sia per bastoncini di verdure che per il pesce. Favolosa con i gamberi. E i giapponesi usano l’olio di semi.

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Arcangelo Dandini che di supplì ne capisce eccome, li frigge in abbondante olio extravergine di oliva. Ben 4 litri per circa 50 supplì. E chi frigge tantissimo come in una friggitoria? O in una pizzeria? Olio di semi.

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Veniamo ai dolci. Le zeppole si friggono nello strutto in due fasi e due temperature diverse. Lo strutto, che va benissimo per friggere le castagnole, potete farlo anche a casa seguendo questa semplice ricetta. E c’è chi (a Francoforte durante la festa del vino) lo usa per friggere crostacei.

E se vi state dilaniando sullo spreco adombrato dall’università portoghese, sappiate che contro lo spreco d’olio arriva una proposta che varrebbe la pena incentivare. Sulla tratta Amsterdam-New York il Boeing 777-200 ha nel serbatoio il 25% di biocarburante ricavato da olio di cucina riciclato. La nuova miscela è stata fornita alla compagnia KLM dall’azienza SkyNG specializzata nella produzione di “benzine” sostenibili. L’obiettivo è quello di un volo ideale che unisca tecnologie d’avanguardia al rispetto per l’ambiente. Di certo questo è solo un primo passo, ma i voli a basse emissioni di CO2 sono già in programma una volta alla settimana, ogni giovedì da qui a sei mesi. E anche l’etica della frittura è salva e con essa la vostra voglia di utilizzare olio di oliva extravergine.

[Link: Corriere, La Stampa, Luciano Furia]