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Roots, le radici del cibo secondo sei chef

giovedì, 02 Luglio 2015 di

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Sei chef sono stati chiamati da David Rossi e Roberto Burroni, i titolari di Toscobosco, un’azienda specializzata in tartufi, per presentare una nuova linea di prodotti, legati alla memoria della famiglia.

È stato chiesto di interpretare la propria visione delle radici della terra. Un mondo non solo crudo.

La storia parte dalla nonna di David che ai tempi della Seconda Guerra Mondiale è fuggita nei boschi, portando con sè dodici  bambini per salvarli dai nazisti. Sono rimasti nascosti per 15 giorni e sono sopravvissuti,  nutrendosi con le radici e i frutti della terra.

Oggi, per ricordare la nonna e il “cibo primordiale”, sono stati creati le nuove specialità “Roots” in barattolo, tra cui topinambur , tartufo bianco e nero, zenzero, daikon mediterraneo e scorzonera, che gli chef hanno tradotto in piatti particolari e raffinati.

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Questo singolare raduno si è tenuto nel cuore della Toscana, in mezzo al bosco secolare di Val di Chiana, che svela all’improvviso una radura con un’antica chiesa e uno spazio elegante e naturale, tra giardini e vecchie serre. Proprio qui dopo il tramonto è stato ambientato uno spettacolo con tanti effetti speciali, la partecipazione degli ospiti alla fiaccolata e con gli chef a fare gli attori protagonisti, presentati da Luigi Cremona.

Simone Cipriani.  Figlio d’arte, ha però fatto una scelta coraggiosa trovando un suo percorso autonomo lontano dal ristorante paterno. Ora è lo chef al Santo Graal di Firenze, un laboratorio di cucina, dove riesce a imporre il suo stile, usare ingredienti poveri e riprendere la tradizione. La sua proposta:  “Le mie radici” (daikon, tartufo nero, polvere di funghi  e germogli)

Michelino Gioia .  Approda al The Cesar nel 2003, dopo aver lavorato al Baglioni di Bologna, al Four Seasons di Milano e all’hotel Eden di Roma. La sua combinazione armonica di sapori e colori, segue due regole fondamentali: valore per l’aspetto naturale del prodotto e rafforzamento del legame con il territorio. I piatti preparati seguono le stagioni e la maggior parte degli ingredienti vengono coltivati nell’orto del ristorante. La sua proposta:  “Crema di carote con zenzero e ricotta”.

Sara PrecerutiLomellina di nascita, comasca d’adozione, cuoca per passione e convinzione. Cresce nella cucina de La Locanda del Notaio di Pellio Intelvi fino a diventare chef a soli 27 anni. Ora è in un momento importante della sua vita: la guida della cucina de L’Antico Crotto a Porlezza, una storica locanda sulla parte italiana del lago di Lugano che con lei probabilmente troverà il rilancio che merita. La sua proposta:  “Carpaccio di carne marinato con strega al peperoncino e spuma di scorzonera”.

Fernando del Cerro.  E’ lo chef del ristorante Casa Josè di Aranjuez, località a circa 40 Km a sud di Madrid . Un luogo particolarmente privilegiato, perché già dal XVI secolo la famiglia reale lo scelse come sede per stabilirvi la propria residenza estiva. Proposte elaborate con tuberi e radici non mancano mai nella carta con uno sguardo rivolto in particolare alla tradizione gastronomica orientale, soprattutto giapponese, per la quale il nostro chef ha una vera e propria predilezione. La sua proposta: “Crema di topinambur con spuma di civet di cacciagione”.

Erika Bergheim. Erika Bergheim, chef nell’albergo Schloss Hugenpoet, 37 camere e suite di grande confort in un ambiente suggestivo che risale al XVII secolo. È una tra le migliori cuoche tedesche, ama il green, ha il proprio orto, predilige i prodotti freschi e le verdure, ha scelto da tempo la strada del bio. Cosa rende la sua cucina così particolare? “Il mio scopo è quello di mettere in risalto il sapore proprio di ogni singolo ingrediente o meglio di trasformare questo sapore in unione con altri ingredienti in una esperienza  di  gusto armoniosa”. La sua proposta: “Daikon, sesamo, crescione e sashimi di branzino”.

Tomohiro Uido.  Chef per caso che per arrotondare lo stipendio finisce in un ristorante indiano di Tokyo. Però si appassiona alla cucina ed eccolo in Francia a fare esperienze in cucine molto famose. Come quelle de “La Côte Saint Jacques” (3 stelle Michelin) a Joigny, “Le Trèfle à quatre feuilles” (2 stelle Michelin) a Genval, come “La Terrasse” (2 stelle Michelin) a Saint Juan les Pins. Nel 1994 ottiene il suo primo posto di chef nel ristorante di Saint-Léger-en- Yvelines “La belle aventure”. Qui incontra Nadine, la moglie, e nel 2001 mettono mano a un ristorante nel villaggio di Marly-le-Roi “Le Village”. Nel 2011 Tomohiro riceve la prima stella Michelin. Le sue ricette rappresentano l’unione tra la gastronomia francese e le tecniche  asiatiche. La sua proposta: “Sogno di sei radici in ratatouille” (scorzonera, daikon, barbabietola e topinambur con l’uovo e perle di tartufo)”

Posso dire la mia? Creazioni scenografiche, bellissime, alcune davvero buone, altre “da comprendere”. Ma io, da profana, preferisco il buon vecchio ovetto al tartufo. Sbaglio?

Di Giulia Nekorkina

Moscovita di nascita, romana da 25 anni, Rossa di Sera da 10 anni, innamorata della vita, appassionata di bollicine, adora cucinare e mangiare. Il miglior museo è un mercato, il miglior regalo è un viaggio.