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Come fare il pane dei Faraoni con il lievito egizio di 4500 anni fa

mercoledì, 14 Agosto 2019 di

Ecco la ricetta per fare il pane come gli antichi Egizi: farina, acqua, lievito, olio, e Seamus Blackley, uno scienziato.

Così potrete ottenere una pagnotta uguale appunto a quelle che si cuocevano nella valle del Nilo diciamo 4.500 anni fa. Ma attenzione: il lievito deve essere proprio quello egizio.

Come è possibile? Vediamo anzitutto più da vicino gli ingredienti.

La farina: si consiglia di usare un mix di farine. In questo caso, per attivare lieviti e batteri egizi sono state usate farine di orzo e di farro monococco. Per il pane, si è aggiunto del Kamut (nome commerciale registrato di un tipo di grano antico, il Triticum turgidum turanum) – il grano come lo conosciamo oggi è comparso molto dopo questo lieviti.

L’acqua è quella di oggi, ovvio. Che probabilmente è diversissima da quella dell’antico Egitto.

L’olio, non filtrato, come doveva essere ai tempi.

Il lievito, egizio, è stato coltivato a partire da spore prelevate dai pori delle pareti di alcuni vasi usati probabilmente nell’Egitto dell’Antico Regno (2700-2200 a.C.) per fare il pane.

Un po’ come succedeva per i dinosauri di Jurassic Park, creati a partire da una zanzara conservata in un pezzo di resina fossile.

A quanto pare, la maggior parte, se non tutti, dei microrganismi presenti nei lieviti possono ibernare, essenzialmente a tempo indefinito, nelle giuste condizioni.

Lo scienziato che si è inventato panettiere (e che presto sperimenterà metodi di corttura simili a quelli egizi) è Seamus Blackley, un fisico, inventore dell’Xbox, “nemico-amico dei fotoni” (sto copiando dal suo profilo Twitter), e “gastroegittologo”.

È stato lui, appassionato delle abitudini alimentari dei faraoni e dei loro sudditi, e creatore di una birra realizzata con metodologia simile, a impastare e cuocere la pagnotta storica.

Si è recato presso il Museum of Fine Arts di Boston e il Peabody Museum di Harvard. Qui, con l’aiuto di Serena Love, australiana, archeologa, egittologa e amante della birra (che, guarda caso, sembra essere nata fra l’Egitto e la Mesopotamia), e Richard Bowman, scienziato USA e gastroegittologo anch’egli, ha prelevato le spore di lieviti.

Il bello della faccenda è che è stata tutta postata su Twitter, passo passo, da Blackley, sin dall’inizio.

Ecco come Blackley racconta la sua creazione, novello dr Frankenstein col cappello da fornaio: “E questo è il risultato. Il marchio è il geroglifico che rappresenta il suono “T”, che è una pagnotta di pane. L’aroma è INCREDIBILE e NUOVO. È molto più dolce e più ricco della pasta madre a cui siamo abituati. È una grande differenza. La mollica è leggera e ariosa, specialmente per una pagnotta di grano antico al 100%. L’aroma e il sapore sono incredibili. Sono emozionato. È davvero diverso e puoi dirlo facilmente anche se non sei un nerd della panificazione. Questo è incredibilmente eccitante e sono così stupito che abbia funzionato.”

Interessante l’osservazione finale di Blackley: “Aggiornamento. Mia moglie sta decimando il pane egizio. Penso che in realtà lei sia Sekhmet” [N.d.R. divinità della guerra e della distruzione, nota anche come “la Potente”].

Di Emanuele Bonati

"Esco, vedo gente, mangio cose" Lavora nell'editoria da quasi 50 anni. Legge compulsivamente da sessant'anni. Mangia anche da oltre 60 anni – e da una quindicina degusta e racconta quello che mangia, e il perché e il percome, online e non. Tuttavia, verrà ricordato (forse) per aver fatto la foto della pizza di Cracco.