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Milano. La buona cucina spagnola di Oveja Negra all’Ortica

lunedì, 16 Dicembre 2019 di

Passeggiando per l’Ortica (noto quartiere periferico popolare di Milano, per i non-meneghini) mi imbatto casualmente in una nuova insegna, peraltro inaspettata: Oveja Negra, la Pecora Nera.

Siamo proprio in via Ortica, strada di accesso al quartiere dal lato sud (più a nord si entra da Lambrate), dove ci sono alcune delle principali attrazioni gastronomiche locali: La Balera dell’Ortica, appena scesi dal cavalcavia, cucina tradizionale (e anche buona), e appunto balera, affollatissima nel weekend; L’Ortiga, trattoria-pizzeria; l’enoteca, anch’essa di recente apertura, La Sala del Vino, all’inizio di via San Faustino; la Pasticceria Eoliana, specializzata in dolci tipici del Meridione; Il Giardino della Birra, un ampio locale con birre artigianali; l’Osteria del Generale, cucina abruzzese, di cui vi abbiamo parlato qui; e due altre trattorie al 25 e al 27 della via.

Oveja Negra invece è aperto da un paio di settimane. Ambiente piacevole, abbastanza spazioso, accoglienza sorridente. In cucina, un cuoco spagnolo, come ci si può aspettare dal nome del locale.

Fra parentesi, la pecora in homepage del locale è bianca, con solamente il ciuffo e la coda neri: un dettaglio simpatico, forse una pecora tutta nera sarebbe stata meno invitante…

Il menu è – decisamente – spagnolo, a partire dall’assaggio di gazpacho che ti viene offerto come  aperitivo (sì, si dice così anche in spagnolo; è l’amuse bouche ovvero la tapa-cicchetto-assaggino e così via). Amo moltissimo il gazpacho: ed è un peccato non ritrovarlo nel menu. Lo so, non è esattamente un piatto da dicembre inoltrato, ma lo avrei preso lo stesso.  

La carta si apre con una citazione dal film Ratatouille: anche qui, niente da dire, l’effetto-simpatia continua. È un brano dalla recensione del critico Ego al ristorante di Gusteau, quello relativo al motto “Chiunque può cucinare!”. Non so bene chi ci sia in cucina da Oveja Negra, ma sicuramente non è uno preso a caso.

L’impronta spagnola del menu è evidente, ma vi si scorgono suggestioni diverse – si veda, fra le tapas, il Tris di scarpette (12 €) con pane indiano naan, hummus, tzaziki e muhammara (una crema di peperoni e noci siriana). O la Berenjena con miso (10 €), melanzana arrostita in forno a legna con miso rosso, funghi e salva cremasco (è un formaggio, per i non-lombardi). Ma ci sono anche altre tapas come la cipolla arrostito con salsa romesco (una salsa catalana con pepe rosso, nocciole, mandorle, pomodori arrostiti), 7 €.

Io ho preso le Croquetas de abuela, le crocchette della nonna: crocchette impanate con prosciutto e con melanzana, 6 €. Non eccezionali, invero – l’interno è più molle rispetto alle nostre.

Meglio le Papas bravas: patate in tripla cottura servite con alioli e salsa brava (pomodoro e paprica). Molto meglio: bene la cottura delle patate, le salse equilibrate, piccantezza giusta, combinazione perfetta.

Primi piatti: Pasta con le sarde oppure con zucca e zola (12 €), Risotto ai funghi con cenere e chicharrón (12 €).

La mia scelta è caduta sul Risotto con salsiccia e ortica (10 €), che mi è sembrato una via di mezzo fra risotto e minestra. Molto buono, unico piccolo difetto appena un po’ oltre la cottura ottimale – ma penso che per il riso non sia un grosso problema.

Ero indeciso fra i secondi di carne (Diaframma con migas, una preparazione a base di pane raffermo, e chimichurri, 15 €, e Collo di mucca con topinambur e adobo, una salsa fatta con vari ingredienti, 13 €) e di pesce (Polpo grigliato con arachidi e pompelmo, 14 €, dal suono interessante, e Salmone con piselli alla catalana, 14€), ma avrei optato per il collo. O per il polpo. O per entrambi.

Il fatto è che dopo il riso ho aspettato più di mezzora che la cameriera venisse a chiedermi se volevo altro – la ragazza, molto carina e gentile, era sola in sala, e la sala (30/40 posti in tutto, a occhio) era abbastanza piena. Non è che fossi irritato per il ritardo, per carità, ma ero stanco, e non avevo voglia di aspettare ancora: così ho preso il dolce del giorno, una torta di carote con noci e una salsa al caramello dolce (5 €). Diversa dal solito, ovvero da quelle torte fin troppo carotose, a partire dal colore: e molto buona.

Il tutto accompagnato da una caraffa di sangria (mezzo litro, 5 €), lo so, anche questa fuori stagione (tanto che le pesche erano sciroppate).

Un locale piacevole, arredamento pure (carini i quadretti con copertine di 45 giri), una cucina ispanica ma ben mixata, in cui sarà piacevole ritornare (nonostante l’attesa, ripeto) – anche per assaggiare il collo di mucca.  

Oveja Negra. Via Ortica, 8. 20134 Milano. Tel. +39 3755232802.

Di Emanuele Bonati

"Esco, vedo gente, mangio cose" Lavora nell'editoria da quasi 50 anni. Legge compulsivamente da sessant'anni. Mangia anche da oltre 60 anni – e da una quindicina degusta e racconta quello che mangia, e il perché e il percome, online e non. Tuttavia, verrà ricordato (forse) per aver fatto la foto della pizza di Cracco.