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Alberto Grandi e la verità sulla cucina italiana

Alberto Grandi e le strambe verità sulla cucina italiana. Parte II

Alberto Grandi: nuove verità sulla cucina italiana dopo l’intervista al Financial Times. Critiche per Slow Food e Luigi Veronelli
domenica, 30 Aprile 2023 di

Alberto Grandi torna con altre strambe verità sulla cucina italiana: vi tocca la seconda puntata

Non sapete di cosa parliamo? 

Vi basterà ricordare l’incendiaria intervista pubblicata dal Financial Times a fine marzo: ha fatto il giro del mondo. 

Con il docente di storia dell’alimentazione all’Università di Parma ripreso dai più importanti quotidiani e media internazionali, e messo al rogo come un eretico sui social. 

E quali erano le verità sulla cucina italiana di Alberto Grandi che il Financial Times –compiaciuto– aveva diffuso alla sua platea internazionale? Quisquillie. 

Il Parmigiano originale? Si trova solo in Wisconsin. La carbonara? L’hanno inventata gli americani. La pizza a Napoli? Era uno schifo, è migliorata in USA.

Il docente interviene per la prima volta da quei giorni caldi. Scrivendo una lunghissima auto-difesa con rilancio delle teorie che hanno scatenato le polemiche. 

Chi proprio non ce la fa e vuole risparmiarsi una lettura molto impegnativa trova in noi gli alleati che cerca.  

Riassunto per punti delle strambe verità di Alberto Grandi sulla cucina italiana 

Alberto Grandi Financial Times

1 – Alberto Grandi si difende dalle accuse di aver sminuito la cucina italiana e i suoi prodotti tipici nell’intervista data al Financial Times, sostenendo di essere stato frainteso e travisato dai media italiani (certo, come no).

2 – Il professore si chiede come le sue affermazioni possano nuocere all’immagine della cucina italiana nel mondo (per esempio dicendo che si basa su briglie ben raccontate a una platea internazionale?)

3 – L’autore del libro intitolato Denominazione di origine inventata, interpreta la reazione sproporzionata e polemica come una manifestazione di paranoia collettiva, che non ha nulla a che fare con la verità storica, ma con una sorta di nazionalismo gastronomico.

4 – Grandi, che nel suo presunto saggio verità ha denunciato le bugie del marketing sui prodotti tipici, ribadisce di non aver mai negato l’esistenza della cucina italiana. Ma di averne analizzato le origini e le influenze in una prospettiva storica e critica.

5 – L’accademico di Mantova contesta il dato che attribuisce alla produzione e alla distribuzione di cibo il 26% del Pil italiano, definendolo una leggenda statistica e una distorsione rappresentativa.

Colpa di Pellegrino Artusi

6 – L’uomo più criticato dai consorzi di tutela dei prodotti tipici italiani, che poco apprezzano le sue teorie sacrileghe, analizza poi la composizione dell’export agroalimentare italiano, evidenziando come i prodotti più venduti all’estero siano quelli industriali e standardizzati, e non quelli tipici e tradizionali.

7 – Per Alberto Grandi, il ruolo di Pellegrino Artusi nella costruzione dell’identità nazionale italiana attraverso la cucina è “verità vera”. Ma sostiene che tale identità si sia trasformata in una caricatura senza storia né futuro.

8 – L’autore di saggi e fortunate monografie contrappone l’operazione culturale di Artusi, che raccolse ricette da diverse regioni italiane per creare un repertorio comune e borghese, a quella della televisione nazionale, che iniziò a mostrare le usanze alimentari delle popolazioni povere e rurali come un modello da imitare.

Mario Soldati e Luigi Veronelli: colpevoli anche loro

Luigi veronelli

9 – L’uomo che ha trasformato il suo saggio in un podcast di successo (DOI, Denominazione di origine inventata), evidenzia il paradosso del Viaggio lungo il Po di Mario Soldati, il primo reportage enogastronomico della Rai, che presentò le usanze alimentari delle popolazioni povere e rurali come un modello da imitare.

10 – Alberto Grandi, nelle sue verità sulla cucina italiana, parte seconda, critica le trasmissioni televisive di Mario Soldati prima e di Luigi Veronelli poi, colpevoli di aver costruito una mistica delle ricette e dei prodotti tipici italiani. 

11 – Lo studioso mantovano non di dà pace per la nascita del gastronazionalismo, una sorta di religione laica che esalta la cucina italiana come elemento identitario.

Critiche a Slow Food nelle verità di Alberto Grandi sulla cucina italiana 

12 – Il ricercatore, dopo aver più volte citato Pasolini, attacca la retorica del “piccolo è bello” e critica anche Slow Food per aver promosso un individualismo antiamericanista e difensore delle tradizioni, definendo Carlo Petrini e i suoi nostalgici e conservatori.

13 – Le verità sulla cucina italiana di Alberto Grandi includono anche una denuncia. Contro la mistificazione dell’importanza del settore enogastronomico italiano, che si basa sull’invenzione narrativa a scopo turistico, e non su innovazione e ricerca.

Insomma, Alberto Grandi, per niente intimidito dalle polemiche, continua a sostenere le sue strambe verità sulla cucina italiana basate, secondo il docente, su fonti documentarie e non su miti o leggende.

È normale, fare da un decennio affermazioni provocatorie sull’ ortodossia della cucina nazionale ha i suoi risvolti positivi. Aiuta a vendere libri, scrivere saggi, alzare il cachet del prossimo convegno. 

Eppure il professore mantovano somiglia sempre più a uno di quei falsi profeti della cucina italiana, che vogliono trasformare il nostro piacere in una religione laica.