Cornovaglia gourmet. Alla scoperta degli scones (con panna)
– Non ci si vede un tubo – dice uno di noi quattro.
Sono un paio di settimane che siamo in viaggio, e anche quando ci siamo messi in marcia la situazione era più o meno questa. Quasi altrettanto indefinita, diciamo…
Lo stridio dei freni della nostra automobile che si ferma per lasciar passare una mucca sullo sterrato mi riporta bruscamente al presente.
E’ vero, non si vede un tubo, non è un eufemismo. Da non credere che é piena estate, fa persino freddo! C’è una bella nebbia densa, di quelle che sembrano fatte di bioccoli di lana, o di cotone idrofilo, o anche di panna. Quest’ultima immagine mi piace decisamente: la panna (clotted cream per la precisione), è proprio quello che stiamo cercando da quasi un’ora spersi nella brughiera, posto che questa poi sia una brughiera, e che non sia definibile così invece solo quella scozzese o giù di lì…
Adesso per esempio dovremmo stare in Cornovaglia, o per lo meno ci stavamo fino a qualche ora fa, in un posto che non a caso si chiama Land’s End, prima che calasse questo nebbione spesso che attutisce i suoni al punto tale che non sai più se la voce accanto che ti sta parlando è quella di uno dei tuoi amici o il suono dei tuoi pensieri stessi.
A ogni modo, fino a che ci si vedeva qualcosa, ci trovavamo in mezzo a una campagna piuttosto verde, di quelle con muretti di pietra a delimitare i pascoli e qualche fattoria in lontananza. Un panorama meraviglioso, se non fosse che di panorami ne abbiamo fatto incetta stamattina e non solo, e che cominciamo ad essere affamati, perché Land’s End, come ogni brava trappola per turisti non è il posto migliore dove cercare del cibo decente.
Ormai, dopo qualche giorno di Cornovaglia, e quindi scogliere, strapiombi, prati verdi, cottage in pietra e romantiche rovine sempre di pietra, e ancora altre scogliere e strapiombi, vorremmo tanto che anche qui ci fosse stata una Fiat dagli anni cinquanta in poi, a costringere il governo a moltiplicare le autostrade per vendere più automobili. Un’autostrada è quello che ci servirebbe adesso. Un’autostrada ci riporterebbe a Londra in novanta minuti o poco più, anziché in sei ore, a un universo fatto di kebab, polli tandoori, anatre laccate, tra i migliori che abbia mangiato in vita mia. Alla civiltà, insomma. Nella peggiore delle ipotesi ci porterebbe ad un Pizza Hut, e giuro che ora ci andrebbe bene ugualmente. E’ sempre cibo, in fondo. Ben più del fish and chips a cui siamo stati costretti ultimamente.
-Che diceva il cartello?- chiede uno dei miei compagni di viaggio.
E’ la stessa domanda che ha posto non più tardi di cinque minuti fa, e sarà almeno la terza volta, ma a mano a mano il tono si fa più depresso.
-Scones and home made clotted cream a un chilometro, una roba così.- gli ripetiamo ancora.
-Gli inglesi usano le miglia.- puntualizza.
Non c’è dubbio, ma tanto stiamo girando in tondo lo stesso, al punto che cominciamo a chiederci se il cartello non fosse che un miraggio, quando finalmente davanti a noi si para un piccolo cottage di pietra (un altro!) ma con un’insegna di ferro battuto illeggibile che ci fa sperare che questo sia il posto giusto.
All’interno, pochi tavolini dalle tovaglie ricamate davanti a una brace scintillante e una signora di età indefinita che ci accoglie senza alcuno stupore, segno che ogni tanto qui qualcuno ci arriva.
Come diavolo possa sopravvivere una piccola sala da tè in questo luogo sperduto, è un problema che non ci poniamo affatto, soprattutto dal momento che abbiamo risolto il nostro, una serissima emergenza alimentare. E ancor meno quando arrivano in tavola tè e scones caldi, avvolti in un tovagliolo di lino, corredati di marmellata di fragole e clotted cream. Quando li mettiamo in bocca ci chiediamo solo perché questo posto non abbia delle succursali in tutto il mondo, Scurcola Marsicana compresa.
Potrei quasi dire di esserci venuta apposta, che questo viaggio attraverso la Normandia e l’Inghilterra io l’abbia fatto solo per questo, e, da pasticcera come mi sento, non sarebbe del tutto falso.
Perché no, in fondo? In capo al mondo (Land’s End) per assaggiare dei panini dolci che hanno il sapore di casa come quasi niente altro.
Foto: grandenero, chetwynd.info, becksposhnosh.blogspot.com, bbcgoodfood.com