Montevetrano, 30 anni stupendi in 4 annate: 2008, ’09, ’11, ’12
Silvia Imparato e il suo Montevetrano l’ho conosciuta nell’altro millennio. Un’altra era geologica sul finire degli anni ’90 quando chiesi a Cesare Pillon, giornalista vinicolo di lunghissimo corso, un articolo per Ville&Casali sui 10 migliori vini da mettere in dispensa. Sì, in effetti l’idea delle classifiche è vecchia almeno come la carta stampata. Niente link perché sarebbe a un numero della rivista in qualche scatolone della cantina, ops, deposito. Ma il ricordo di questa cantina, al tempo ancora sconosciuta ai più, resta. E non solo perché Robert Parker aveva dato un voto altissimo.
A margine della sessione fotografica con Marina Papa, non resistemmo alla tentazione e bevemmo la bottiglia con un abbinamento direi trascurabile. Un trancio di pizza al taglio recuperato in una pizzeria di quartiere vicino al set fotografico a via Appia Pignatelli. Un vino intenso che avremmo dovuto stappare qualche anno dopo. Il ricordo più vivo. Ravvivato qualche tempo dopo da un passaggio al casale a San Cipriano Picentino, vicino Salerno, dove c’è la tenuta di Silvia Imparato.
Montevetrano com’era e com’è
Una meta “esotica” per una rivista con occhio attento soprattutto alla Toscana. La residenza del Montevetrano era (ed è) stupenda. Con la sua corte, il cotto e gli ambienti eleganti che trasudano storia. Silvia Imparato nasce fotografa, abilissima ritrattista e per il suo lavoro con una agenda fitta. Il vino è la passione coltivata negli anni ’80 con il circolo di amici – tra cui Renzo Cotarella, Daniele Cernilli, Fabio Rizzari e Luca Maroni – che si ritrovano all’enoteca in via della Croce a Roma. Cotarella è un amico e così il fratello Riccardo che lo diventa quando Silvia Imparato chiede a Renzo se è una buona idea coltivare vigneti e speranze nella sua tenuta vicino Salerno. Riccardo Cotarella le suggerisce di lasciare i filari di aglianico ma di mettere a dimora vitigni internazionali: merlot e cabernet sauvignon. Una particolarità che faceva il paio con i Supertuscan e con il Sassicaia.
La mia analogia era dovuta appunto alla collocazione in Toscana dei vigneti di Incisa della Rocchetta il cui nome spesso rimbalzava per l’altro topos del castello dell’Olgiata a due passi dalla redazione di Ville&Casali. Spesso scenografia di servizi fotografici con i cavalli, ma delle auto in prova. Aggiungete la tappa del Montevetrano sulla strada di un Cilento che iniziava ad affermarsi sul versante immobiliare e su quello della mozzarella di bufala con Vannulo che aveva avviato una vera e propria rivoluzione (il mio anno di riferimento è il 1991). Ed ecco programmata la visita alla tenuta di Silvia Imparato.
Ritrovare le annate in magnum con tanta Gioia a Salerno
Tutta questa introduzione perché Isidoro Menduto, maître e sommelier di Pescheria, Bistrot di Pescheria e Gioia, ha organizzato una mini verticale al ristorante di terra di Salerno. Il flashback dei ricordi personali andava di pari passo con il racconto di Silvia Imparato. Che ha riportato i commensali a quegli anni eroici di avvio del Montevetrano, etichetta tra le più famose oltre i confini nazionali. Di quando bambina andava in vacanza nella casa di campagna di San Cipriano Picentino che voleva dire libertà di giocare al contrario delle mura domestiche di Roma. Con l’unica eccezione di non aprire la porta della cantina. Divieto che deve aver prodotto una ribellione a lungo termine.
Comunque, Silvia Imparato inizia l’avventura con i consigli di Riccardo Cotarella, imbottiglia per pochi amici la vendemmia 1991 cui segue la ’92 ancora in poche bottiglie. Il successo lo ottiene con la 1993 che spedisce all’insaputa di Cotarella proprio a Robert Parker. Che le assegna il massimo dei voti. Un fatto epocale se pensate che per il Sassicaia le annate ’95 e ’97 sono indicate come storiche. Con tutte queste date, manca solo quella del trentennale del Montevetrano che cade il 2024.
Per fortuna siamo andati oltre l’abbinamento con la pizza al taglio anche se una salsiccia e friarielli della pizzeria Gli Esposito l’avrei vista bene.
Gli abbinamenti Montevetrano con i piatti di Gioia
La giovanissima Annapia Daniele, chef di Gioia, si è sintonizzata con Isidoro Menduno e ha preparato un menu aperto dal manzo crudo alla puttanesca. Che segna la partenza con l’ultimo nato di casa Imparato, il Core bianco, blend di Fiano e Greco seguito e “allevato” dalla figlia di Silvia Imparato, Gaia.
La zuppa di ceci e porcini fa un po’ fatica a tenere il passo di uno stupendo Montevetrano 2012, fresco, profumato e lungo al palato. Wow.
Al suo cospetto, l’annata 2008 sembra una stella minore, ma l’abbinamento con una genovese da manuale è azzeccatissimo. Lascia spazio alla cipolla e l’accarezza.
Non raggiunge le quote della 2012, la magnum 2011. Ma le differenze sono più contenute e l’agnello con i friarielli (ecco dove sarebbe andata bene la pizza) si sposa ancora una volta molto bene.
Chiudiamo alla francese con i formaggi e con una strepitosa 2009 che, a dispetto di un’annata ricordata come piovosa, eccezionale al pari della 2012. Tanto da lasciare indubbio i commensali sul primato dell’una o dell’altra.
Lo spartiacque del Montevetrano prima e dopo dovrebbe essere proprio nella 2008. Che comunque aveva ottenuto un ottimo punteggio da Robert Parker su Wine Advocate. Anzi, ecco i punteggi ripresi dalla bibbia del guru americano che ha fatto la fortuna del vino salernitano. Non bevuto subito da Daniele Cernilli che conosceva come detto Silvia Imparato anche e soprattutto per il lavoro di fotografia per il Gambero Rosso sottovalutando il suo futuro vinicolo come ricordato nella presentazione da Gioia.
Montevetrano 2008: voto di Robert Parker, 94+/100
2009: 94/100
Montevetrano 2011: 92/100
Montevetrano 2012: voto su Wine Advocate, 93/100
Azienda Agricola Montevetrano. San Cipriano Picentino (SA). Tel. +39089882285 Facebook
Gioia. Piazza Flavio Gioia, 28. Salerno (SA). Tel. +390892594862 Facebook