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4 Luglio 2016 Aggiornato il 1 Gennaio 2024 alle ore 21:30

Tutto quello che dovete leggere per conoscere il Vermouth di Torino

Abbiamo già chiesto alcuni consigli alla libreria Racconti di Gusto a Roma, questa volta il romanzo che ci invitano a leggere "La collega tatuata" di
Tutto quello che dovete leggere per conoscere il Vermouth di Torino
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Abbiamo già chiesto alcuni consigli alla libreria Racconti di Gusto a Roma, questa volta il romanzo che ci invitano a leggere “La collega tatuata” di Margherita Oggero e “Vermouth di Torino” di Fulvio Piccinino, il cui protagonista è il noto vino liquoroso.

Margherita Oggero è un’autrice da non perdere. Cresciuta all’ombra della Mole Antonelliana, regala sempre ai suoi lettori una scrittura asciutta e non scarna, piena di riferimenti letterari colti che non sono mai esibiti né gridati (da buona torinese) ma buttati sul tavolo con nonchalance, a beneficio di colui che saprà coglierli e apprezzarli.

I suoi personaggi sono disegnati con una lievità divertita e mai sopra le righe, le atmosfere sempre azzeccate e  i luoghi raccontati in quel modo seducente e raro che fa venire voglia di correre per andare a visitarli.

Con la sua penna pungente e ironica ha costruito il personaggio di Camilla Baudino, professoressa quarantenne di scuola pubblica italiana e perciò incasinata, sporca, dipinta e colorata come tutte le nostre scuole con una vita indaffarata, un marito un po’ noioso ma non troppo, una figlia un po’ saputa ma non ancora antipatica, un cane bassotto e svariati familiari e amici che si affacciano periodicamente nelle sue giornate.

punt e mes

Cucina poco, e mediamente male, ma ama mangiare bene e soprattutto bere; in particolare ama il Punt e Mes, in dialetto torinese un punto e mezzo, un punto di dolce dato dal vermouth e mezzo punto di amaro dato dalla china. 

Si narra sia nato per caso nel bar Carpano di Torino dove un agente di borsa perso nei suoi pensieri ordina per sbaglio un vermouth corretto da mezzo punto di china; Punt e Mes quale simbolo di una storia sabauda che nasce da lontano ma le cui radici non si sono mai perse e che diventa col tempo manifesto indimenticabile dell’ancor più indimenticabile grafico torinese Armando Testa per tutti coloro che sono cresciuti come me negli anni ’80 e non solo.

La collega tatuata è il suo primo romanzo da protagonista e, come spesso accade, forse anche il migliore della serie. Bianca De Lenchantin, collega di Camilla bionda, ricca, alta bella e tatuata ma anche snob e arrogante e detestata dai colleghi viene trovata morta in un burrone lungo la linea Torino Milano. Chi l’ha strangolata? E perché? Chi l’ha abbandonata buttandola in un fosso?

Camilla, alternando un aperitivo con Gaetano, il commissario colto e affascinante, un gioco di prestigio da Baratti, un cappuccino da Mulassano, una parola che la fa arrossire, considerazioni sulla vita borghese e sull’adulterio si incaponisce alla ricerca della verità.

Il suo bagaglio è fatto di una cultura ironicamente esibita, tolta ai libri e alle citazioni e trasportata di continuo nella vita, raccontata attraverso un continuo fluire di pensieri che ricorda, rivisitato, il flusso di coscienza di grandi autori. Quella stessa vita che, non ha dubbi l’inquieta quarantenne, “continua a copiare Seneca Racine Ford”.

L’urgenza di scoprire la torbida verità che si cela dietro il delitto viene presto meno, perché il lettore viene catturato dalla descrizione di una passione, di un’abitudine, di un’anima abbandonata,  un destino incrociato, di una cena post vacanza con la visione obbligatoria della diapositiva, dalla movida dei murazzi dal jazz di locali notturni, dal whisky e il Punt e Mes,  dai bambini che snocciolano verità assolute e a cui ogni tanto è premesso di cenare “alla bastarda” dalle nonne indispensabili, dai mariti brontoloni. Il tutto, condito da una spruzzata di rosa che dopo i quaranta diverte ma anche commuove.

E, nel frattempo, il tempo corre.

Per chi volesse approfondire la conoscenza del vermouth suggeriamo un  libro su questo prezioso mix di vino ed erbe varie. È il Vermouth di Torino di Fulvio Piccinino profondo conoscitore del bere miscelato.

Il libro dedica ampio spazio alle materie prime, con molta attenzione alla descrizione delle droghe e delle erbe utilizzate, al metodo produttivo, ai produttori storici, ai marchi scomparsi e quelli ancora attuali per finire con la descrizione dei cocktail della miscelazione tradizionale passando dai classici Negroni e Martini Dry fino ad arrivare all’Americano e allo Zuavo. Edizioni Graphot.

Questo tradizionale vino torinese sta riconquistando platee nazionali e internazionali, essendo tornato alla ribalta negli ultimi anni: a Milano abbiamo conosciuto Vermù, cocktail bar interamente dedicato al suddetto vino liquoroso.

A Barcellona la moda del vermouth è così diffusa che la frase “feu un vermouth” è entrata nel linguaggio comune. E il resto della Spagna segue volentieri questa nuova tendenza: l’aperitivo si fa ormai quasi soltanto con il vermouth e i bar, per stare al passo con i tempi, espongono etichette rare.

D’altronde è stato ancora una volta un piemontese, Flaminio Mezzalama, a esportare la moda dei vermouth nei bar catalani con l’apertura, nel lontano 1902, del Cafè Torino, splendido locale lungo il Paseo de Gracia, una delle strade più importanti di Barcellona. Cent’anni dopo in Spagna il vermouth è ovunque.

Ma la passione per il vermouth non è solo spagnola: ad Amsterdam, nello splendido Hotel Olof’s, è stata recentemente aperta una vermoutheria dove degustare tipi rari di Vermouth, mentre a Londra il vermouth bar “Mele e Pere” di Brewer Street serve ormai da diversi anni cocktail tradizionali e rivisitati a base di vermouth.

La Collega Tatuata. Margherita Oggero. Mondadori

Il Vermouth di Torino. Fulvio Piccinino. Graphot 

[Immagini: Mla World; Racconti di Gusto, Eater]

Argomenti:
Cocktail
libri
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