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Maccioni tra rivoluzione e crisi a Londra

venerdì, 29 Gennaio 2010 di

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Siamo a Chelsea a due passi dal Stamford Bridge il mitico stadio dove gioca l’omonima squadra: la zona prende il nome, aulico, di World’s End. Tutto un programma! Si va al ristorante di Alvaro Maccioni, sì ”quei” Maccioni (vedi Le Cirque di N.Y.C.). Lui, il Signor Alvaro, ti aspetta all’ingresso di questa trattoria storica londinese, datata 1966. Alvaro Maccioni e Lorenzo Barni, del ristorante San Lorenzo di Knightsbridge, sono i decani dei ristoratori italiani in quel di Londra. Gli altri son venuti dopo. Diciamolo subito, a scanso di equivoci: qui non si viene per l’alta cucina  o per una carta dei vini da far rabbrividire. Qui si viene per veraci piatti toscani, carciofi fritti e bistecche, veraci ma non eccelsi. Come al San Lorenzo, del resto. Io ci arrivo a colazione: Alvaro aspetta sorridente e mi guida ad un tavolo in una delle tre salette giocate su colori che più mediterranei non si può, il bianco ed il blu. Mi siedo e si materializzano il cestino del pane, accompagnato dalla focaccia, e una terrina di patè d’olive: ottimo! Prendo la carta e scelgo, tra le numerose proposte, una carbonara ed un piatto di agnello in padella con un contorno di patate al forno. Chiedo del vino toscano, ed il cameriere mi propone un Chianti dell’aretino, mezza bottiglia, che accetto con un sorriso e ci aggiungo una mezza bottiglia di Orvieto, Ruffino made… Al tavolo davanti a me due uomini d’affari, a fianco una coppia molto aristocratica (un Lord vicino agli ottanta accompagnato dalla figlia, alla mia destra un membro del Parlamento) e nella saletta laterale due Grafin (contesse) asburgiche. Siamo da Maccioni, qui non si scherza!

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Mentre assaggio la carbonara, non memorabile, Alvaro si siede al mio tavolo e si inizia a chiacchierare: ”Come sta? Era un pò di tempo che non la si vedeva”, mi dice. In effetti è passato un annetto dall’ultima volta. Gli chiedo della crisi, dei clienti…: ” qui non ci lamentiamo, ci mancherebbe. I clienti son sempre gli stessi, molti britannici, e sorride al Lord, e molti italiani. Certo son finiti i tempi di Lady D: lei mi voleva molto bene, veniva volentieri e che appetito! Al contrario di  altri non ho mai chiamato i paparazzi. Qui veniva ed era tranquilla. Oggi ritornano spesso i ragazzi, sia Herry che William, con i loro amici. Simpatici e modesti: a volte prenotano per 6 ed arrivano in 20… Altre chiedono per 10 e sono in 4. Insomma peggio di noi toscani! La crisi c’è stata, ma noi non l’abbiamo sentita. Come non l’hanno sentita Barni e Locatelli, per non parlare di Cipriani. Del resto la crisi non l’hanno patita neppure le pizzerie, sempre piene. I soldi a Londra ci sono, ci mancherebbe anche. In Italia è un altro discorso, ma lì c’è la politica di mezzo”. Si alza e va ad accudire due stupende ragazzotte accompagnate dal body guard: una mi sorride accennando ad un saluto. Mi alzo e contraccambio: è un membro della Royal Family, giovane e molto carina, vestita Armani da capo a piedi… Arriva l’agnello: io ho finito il vino bianco, retrogusto di tappo ma va bene lo stesso, ed inizio il Chianti, decisamente migliore. E’ l’ora del pudding: e opto per una torta al cioccolato bianco.

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Alvaro ritorna, si siede portando un bottiglia di grappa: un brindisi ci vuole, of course! Ha un regalo per me: il libro ”The Spaghetti Tree” (l’albero degli spaghetti…) del giornalista britannico Alasdair Scott Sutherland dedicato alla ”trattoria revolution”. E molte pagine sono proprio dedicate a Mr Maccioni. Pago il conto, poco meno di 70 sterline e saluto tutti. Alvaro mi segue fuori ed accende il ”motore”: è un vespone molto italiano. Una foto col casco in mano e via, verso nuove avventure…Io ritorno a casa e penso: ma quanto mi ricorda il Latini di Firenze questa trattoria!

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(Bertram Wooster)