mulino caputo farine per pizza, pane e dolci

Scoprire Impasti Possibili rende indimenticabili i dolci delle feste

lunedì, 10 Dicembre 2012 di

svinando

Impasti Possibili per i dolci delle feste di Natale e di Capodanno. La difficoltà che balena subito nella mente è legata al panettone. Un banco di prova tra i più severi per i lievitati come ben sanno non solo gli appassionati ma anche i professionisti. Impasti Possibili è un appuntamento, meglio, una serie di appuntamenti che nasce dal desiderio di indagare le interconnessioni tra realtà diverse per diventare crocevia di tecniche ed esperienze. Il nostro banco di prova è stata la pizza condivisa tra Gabriele Bonci e Gino Sorbillo, la “Boncillo”, in cui i due si sono scambiati gli impasti ed hanno chiarito le possibilità del fare pizza anche al cospetto di un forno sconosciuto.

Al Grand Hotel Parker’s, complice un panorama sul Golfo di Napoli che da solo renderebbe possibile qualsiasi pensiero, questa volta Scatti di Gusto con Impasti Possibili ha brindato alle feste prossime venture con cinque maestri della lievitazione di diversi settori (Gennaro Esposito, Vittoria Aiello e Salvatore La Ragione del ristorante due stelle Michelin La Torre del Saracino, Alfonso Pepe della premiata Pasticceria Pepe, Gino Sorbillo dell’omonima pizzeria) cui si sono aggiunti il mattone primario dell’impasto possibile, cioè la farina del Molino Caputo, l’acqua Ferrarelle e i vini di Villa Matilde.

Tema ad incrocio e gioco con l’impossibilità/possibilità sono stati accolti da tutti i partecipanti. Potrebbe sembrare fuori tema ragionare di impasti in un ristorante, ma la Torre del Saracino ha la sua punta avanzata in Salvatore La Ragione, sous chef di Gennaro Esposito, che studia la lievitazione e  i tanti pani proposti ai commensali. Il cestino del pane è un biglietto di presentazione della tavola e i due protagonisti della prima sessione lo sottolineano. La logistica dell’approvvigionamento in zone che potrebbero non avere panifici in grado di soddisfare le esigenze e il rapporto ancestrale con il pane, troppo spesso sottovalutato perché non ritenuto un piatto di sostanza formale, sono le molle che hanno portato il ristorante di Vico Equense a primeggiare in questo campo.

Come fare un buon pane e come creare quello giusto per un accompagnamento memorabile è risultato di esperimenti. Salvatore La Ragione ha proposto tre pani (di cui vi forniremo le ricette in un post dedicato) per menu completo. Il pane all’aglio per un accompagnamento con uno dei grandi classici della cucina napoletana delle feste natalizie, il baccalà qui in versione mantecata. Una focaccia in stile genovese all’olio – un quasi jolly che regge benissimo da solo (altra caratteristica che un buon pane deve avere) – e un pane dolce per un finale di cena o un pre dessert. La palma dell’originalità va senz’altro alla focaccia lasciata maturare in acqua: un impasto ad altissima idratazione (siamo al 120%) che ha anche il pregio di rimettere al centro dell’attenzione una farina di media forza, come quella del sacco giallo del Molino Caputo, che da molti è stata abbandonata a favore di forti e fortissime. Bello il risultato con un binomio croccante/morbido che lascia intravedere accompagnamenti anche molto sapidi (maiale e derivati, per intenderci).

Toni insospettabilmente delicati per il trio pane dolce alla frutta secca, con impasto di diverse farine e aggiunta di presenze tipiche delle tavole natalizie – noci, mandorle e fichi – ricotta di bufala setacciata del caseificio Barlotti di Paestum e miele della Masseria delle Sorgenti della Ferrarelle di Riardo. Anche in questo caso un “impasto possibile” e non solo con la famosa acqua effervescente naturale, in grado di rinfrescare la bocca anche con i consistenti menu domestici delle Feste, ma con uno dei prodotti bio che nascono nei 145 ettari del parco che custodisce la fonte e che si sta arricchendo di coltivazioni antiche come la mela annurca, il nocciolo, il ciliegio e il frumento duro. Un’iniziativa seguita dal Fai che restituirà un paesaggio campano che rischiava di andare perso per sempre. E a ricordare la degustazione delle Feste c’è proprio la consegna di un barattolo di miele Ferrarelle ad ogni partecipante che viene invitato da Gennaro Esposito ad utilizzare al meglio in cucina. “Per fare gli struffoli, ad esempio, altro piatto tipico del Natale”.

Impasti che vanno oltre la farina e l’acqua e le cui provocazioni sono state accolte anche da Maria Ida Avallone, squisita padrona di casa e appassionata narratrice dei suoi vini Villa Matilde che hanno accompagnato il percorso di degustazione con un Falerno, la zona a nord di Cuma già individuata dai romani come luogo adatto alla coltivazione della vite.

Gli “impasti possibili” di Villa Matilde sono rappresentati da 2 espressioni di falanghina: il Falerno, ossia falanghina del biotipo falerna, del Massico bianco 2009 la cui vinificazione avviene in acciaio e un passito di falanghina.

Immediata la “possibilità” offerta alla sala e che va contro un preconcetto della falanghina incapace di essere un vino da invecchiamento ma piuttosto di essere premiata per la facile beva. Non è il caso di questo vino falerno più complesso e impegnativo di Villa Matilde che si rivela eccellente compagno del pane con baccalà mantecato e solo leggermente soverchiato nel caso di accostamento al pane dolce con bufala. Nella logica delle cose, direbbe qualcuno tra i più attenti estimatori dei prodotti campani.

E sempre di falanghina, come si accennava passita e della vendemmia 2008, si parla con l’Eleusi che sta per ricevere una nuova veste: una bottiglia serigrafata ed elegante che andrebbe bene anche ai piedi dell’albero di Natale. La vendemmia è tardiva e i grappoli di uva sono lasciati appassire in vigna previa rotazione del grappolo per circa un mese per essere raccolti verso metà novembre e fatti appassire ulteriormente nel fruttaio in cassettine da 18 chili ciascuna. Si vinifica sotto Natale con una piccola quota fermentata in barrique. L’Eleusi colpisce per le sensazioni di frutta secca, di albicocca, di note mielate, di fico bianco che regala e per la capacità di conservare l’acidità che sostiene un corpo sicuramente vivace e che ben dispone per mancanza di stucchevolezza. Tratti che lo hanno reso compagno ideale delle sezioni dolci dell’incontro, panettone, biscotti e babà.

Miele e vino, oltre che farina con le novità dei nuovi sacchi spiegati da Antimo Caputo, owner del molino che porta il cognome della sua famiglia. Sacco Oro e Sacco Viola sono le due novità attese per l’inizio del 2013. Come è consuetudine dell’azienda molitoria napoletana, il colore indica il range di utilizzo della farina. In questo caso, Oro è la farina dedicata alla preparazione dei dolci mentre Viola identifica la farina studiata per un altro comparto della pizza: quella in teglia e le focacce che sono ben distinte dalla tradizione della pizza napoletana di cui il mulino è ambasciatore ai 4 angoli del mondo.

La novità assoluta (anche per chi ha preso parte alla serata) è la nuova confezione Criscito Naturale©, cioè un lievito naturale già pronto e conservato sottovuoto che va in distribuzione oggi. Da una base di lievito madre, creato seguendo il tradizionale metodo dei rinfreschi, si preleva un pezzo di impasto e aggiungendo acqua e farina si ottiene un impasto ad alta concentrazione di lieviti naturali. Essiccato e macinato diventa il Criscito naturale che, oltre ad assicurare quelle caratteristiche di digeribilità ben note ai fautori dell’impiego della “madre”, permette la massima praticità d’uso anche agli appassionati. Vedremo se qualcuno comunicherà le prove effettuate andando oltre un semplice (ma efficace) ciambellone al miele biologico.

Gino Sorbillo, sempre pronto a sperimentare e a provocare (l’ultima è l’installazione del forno tradizionale ma alimentato a gas nella sua Casa della Pizza), ha vestito i panni del pasticcere per proporre un altro impasto possibile: i brutti ma buoni. Golosi e subito terminati a testimonianza che un pizzaiolo conosce l’arte della lievitazione anche se approccia campi differenti.

Ovazione per la sezione dolci. Per Vittoria Aiello hanno parlato i suoi siderali babà. Nulla da aggiungere se non il desiderio di trasformare la sua ricetta (anche questa la troverete in un post dedicato) in una possibile realtà a casa propria (in caso contrario, l’indirizzo è quello della Torre del Saracino dove troverete il babà in carta oltre ad altri dolci).

E applausi anche per Alfonso Pepe, Impasto Possibile per antonomasia che ha dimostrato, come ha ricordato Gennaro Esposito, che è possibile produrre un panettone di successo in un’area geografica che la tradizione vorrebbe non vocata. Un successo che Alfonso Pepe ha reso reale a Milano nella recente edizione di Re Panettone con un migliaio di pezzi venduti in fiera. Entusiasmo per la prova effettuata con la nuova farina di Caputo che gli astanti hanno condiviso in una scoppiettante degustazione (e prossimamente con ricetta a casa propria).

Con lui resta solo un dubbio: quale delle varianti scegliere? Il campione tradizionale, il suadente al limoncello, l’alternativo al cioccolato al latte o l’inarrivabile con le albicocche del Vesuvio? Sull’impasto potrà risponderci Salvatore La Ragione che ha adottato quello portato da Alfonso Pepe per offrire un benchmark di riferimento alla sala intenta a prendere appunti.

 

E mentre voi provate a dirimere il dubbio, Scatti di Gusto si unisce agli auguri di Buone Feste che Gennaro Esposito ha indirizzato ai partecipanti. Auguri di feste saporitissime e arrivederci al prossimo Impasti Possibili.

 

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.