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Tavole di San Giuseppe. La ricetta povera delle tripoline con le acciughe come si usa nel Salento

venerdì, 17 Marzo 2017 di

svinando

Prima che il 19 marzo fosse considerato il giorno della festa del papà, era il giorno nel quale i poveri, i mendicanti, i più bisognosi, bussando ad un qualunque uscio dei paesi pugliesi, trovavano accoglienza e cibo.

San Giuseppe infatti era il santo dei poveri, degli umili, degli ultimi…

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A questa tradizione probabilmente risale il rito delle Tavole di San Giuseppe che ancora oggi sopravvive in alcuni paesi del Salento, in quel lembo della Puglia che tocca le province di Brindisi, Taranto e Lecce.

Il menu, preparato secondo un rigido rituale, dovrebbe rispettare alcune regole prestabilite:

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  1. essere rigorosamente di magro, cioè senza carne, uova e formaggi, non escludendo il pesce per il suo valore simbolico;
  2. il pasto dovrebbe essere composto da portate, crude o cotte, sempre in numero dispari. (per alcuni 13 o 19, per altri).
  3. A Tavola dovrebbero sedere 13 commensali o multipli di tredici per richiamare l’Ultima cena, ma gli ospiti principali, seduti al centro della tavola sono i Santi: San Giuseppe, la Madonna e il Cristo davanti ai quali si dovrebbero porre i pani e i taralli che al mattino sono stati benedetti in chiesa.
  4. Curiosa l’usanza, comune tra i pescatori, di conservare alcuni pezzetti di questi pani benedetti da gettare in mare per placare le tempeste.

Nelle tavole di San Giuseppe, tradizione, religione e superstizione si mescolano tra loro tanto da rendere difficile individuare l’origine storica e il significato proprio di ogni singola usanza.

Cosa non poteva mancare e non manca a casa mia il giorno di San Giuseppe? Di cucinare diciannove portate per tredici commensali non se ne parla proprio… Sono finiti i tempi nei quali tutte le donne della famiglia – e talvolta qualche uomo volenteroso- si riunivano nelle grandi cucine delle case patriarcali.

Epperò le cime di rapa, i lampascioni, la pizza di cipolla, le paste di mandorla, oltre alle zeppole fritte, difficilmente mancano sulla nostra tavola di San Giuseppe.

La tradizione la rispetto con un piatto pugliese poverissimo e gustoso, tipico del 19 marzo: le tripoline con le acciughe e la mollica fritta.

Che voglio condividere con voi dopo altre ricette tipiche come gli spaghetti all’assassina, la pasta con le cozze alla tarantina e le tette delle monache.

La ricetta delle tripoline pugliesi con acciughe e mollica fritta

Ingredienti per 6 persone

500 g di Tripoline
80 g circa di acciughe sotto sale (se proprio non ce le avete di buonissime, vanno bene quelle sott’olio)
1 fetta di pane raffermo di semola di grano duro
olio extravergine di oliva q.b.

Tagliare il pane in piccoli dadini e friggerlo in olio profondo, quindi mettere a bollire l’acqua per la pasta, salandola appena. Mentre la pasta cuoce, sciacquare e diliscare le acciughe mettendole subito a soffriggere in una larga padella su un fondo di olio e a fuoco vivace. Attenzione all’olio che schizza.

Scolare la pasta con una pinza, mettendola direttamente nella padella con le acciughe (quasi completamente disciolte nell’olio caldo) e saltarla quanto basta per farla insaporire. Impiattare e finire il piatto con la mollica di pane fritto.

Scappo a sperimentare una strepitosa ricetta di zeppole fritte che arriva dritta dritta da una famiglia napoletana verace e che è stata tramandata di madre in figlia. A queste ricette di famiglia non posso resistere, non so voi.