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I piatti di Andrea Larossa e Andrea Pasqualucci al contest del design

venerdì, 05 Luglio 2019 di

Ooops I did it again, l’ho rifatto: essere nella giuria di un contest.

Non oleario stavolta, ma di alta cucina.

Con due Andrea stelle Michelin – Larossa del Larossa di Alba, Andrea Pasqualucci del Moma di Roma – alleati e complici per una sera.

Il format? Quello del Sina Chefs’ Cup Contest: prevede 8 coppie di chef che cucinano in una serie di 8 tappe più una finale negli hotel del gruppo Sina, sotto gli occhi di una giuria esterna sempre diversa e interpretando un tema. Che quest’anno è il design.

All’appello, i protagonisti dell’edizione 2019, la settima: Mauro Buffo, Igles Corelli, Umberto De Martino, Giovanni Di Giorgio, Davide Figliolini, Michelino Gioia, Oliver Glowig, Paolo Gramaglia, Andrea Larossa, Erez Ohayon, Stefano Marzetti, Andrea Pasqualucci, Daniele Repetti, Filippo Saporito, Massimiliano Torterolo, Tino Vettorello, Massimo Viglietti.

Compiute tutte le tappe, la coppia con il maggiore punteggio dovrà scoppiare. I due chef che la compongono saranno obbligati allo scontro diretto. Avverrà a fine ottobre a Milano.

Sono felice e preoccupata: la “mia” coppia è al momento in testa!

Larossa e Pasqualucci, i due Andrea, hanno gareggiato nella tappa di Villa Matilde a Romano Canavese nelle cucine regno del resident chef Ivan Bartuccio. Hanno preso il tema “design” e l’hanno trasformato in 2 piatti sorprendenti, lineari.

Due piatti di aspetto memorabile e con un futuro, che mi sono divertita ad assaggiare e ritrarre nei miei appunti disegnati.

In ordine di portata, eccoli.

Omaggio a Lucio Fontana, l’antipasto di Andrea Larossa

“Spazio bianco”, questo il titolo per l’anguilla al tosazu, aglio nero, latte e tartufo nero di Larossa. Un meraviglioso gioco di sapori, con l’anguilla che non esagera in grassezza.

Una geometria di bianco, in effetti, con un tocco pulviscolare di nero e un ultimo ingrediente essenziale: la complicità del cliente che, col il coltello, deve operare il taglio sottile e far affiorare il nero sottostante. Così si compie l’omaggio alle celebri tele tagliate di Lucio Fontana – i concetti spaziali.

Scommettiamo? Questo di Andrea Larossa ha tutto per diventare un piatto-signature del ristorante, un po’ come è capitato per la sua personale, allusivo vitello tonnato – l’arrosto di notte…

… e per un iconico dessert, il Nevoso – questi che vedete qui sopra.

Unica domanda, sull’impiattamento: fa più impressione sul piatto bianco, ideale prosecuzione di una tela inviolata, o su un piatto nero, che delimita e incornicia l’opera? Lo chef ha preferito bianco su bianco. Come l’ho visto, l’ho ridisegnato.

I quartieri di Roma, il secondo di Andrea Pasqualucci

Una reminiscenza di Roma EUR? O forse della lontana e metafisica Brasilia progettata da Oscar Niemeyer? Il piatto di Pasqualucci del Moma, intitolato “I quartieri di Roma”, è una squadrata, solida e suggestiva scelta di verdure, carne e pesce: blocchi di baccalà, lingua, guancia e giardiniera.

Gli ingredienti di diversi colori e altezze, allineati ortogonalmente, ricordano palazzi e isolati visti a volo d’uccello o da Google maps. Sta di fatto, che c’è chi consuma piluccando costruzioni a caso, per attrazione cromatica e accostamenti di sapori, e chi ripulisce con metodo, andando per vie e incroci, tutti gli edifici culinari sulla superficie di porcellana. Uno ad uno, un sapore alla volta.

Hanno ragione entrambi: il commensale può obbedire ai suoi desideri e non necessariamente al diktat dello chef. Sa anche in questo la gioia di provare un nuovo piatto. O di riprovarlo (prendendo appunti disegnati al volo).

Dilemma, anzi trilemma, finale

Cosa augurare ai due Andrea?

Di andare avanti nel contest, giungere alla finale, scontrarsi. Vinca il migliore.
Di essere ancora alleati in occasioni future, perché il loro feeling ha convinto.
Di mettere in carta questi piatti per la goduria dei lettori di Scatti di Gusto che li andranno a cercare.

Un augurio non esclude l’altro.

 

[Immagini: Iphone di Daniela, disegni di Daniela, Imagine Communication]

Di Daniela Ferrando

Milanese, trent’anni di copywriting e comunicazione aziendale. Le piace che il cibo abbia le parole che merita: è cultura. Parlando molto e mangiando poco, non si applica nel suo caso il “parla come mangi”.