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Salsiccia di Bra

Salsiccia di Bra: mangiarla cruda o no dopo l’arresto dei macellai per solfiti

Salsiccia di Bra: il dilemma è continuare a mangiare cruda la tipica specilità piemontese dopo l’arresto di tre macellai per uso di solfiti?
lunedì, 15 Febbraio 2021 di

Ha fatto scalpore giovedì scorso l’arresto di tre macellai specializzati nella produzione della mitica salsiccia di Bra. Il motivo è l’aggiunta di solfiti, quale additivo chimico, nell’amata specialità piemontese a base di carne bovina.

L’azione dei solfiti, che mantengono il colore rosso della carne, modifica l’aspetto della salsiccia di Bra facendola apparire più appetitosa.

Ma si tratta di sostanze vietate dalla legge, perché una concentrazione eccessiva può causare problemi di salute (in particolare reazioni allergiche o fenomeni di intolleranza).

Perché i macellai sono stati arrestati

Salsiccia di Bra

I Carabinieri dei NAS avevano fatto analizzare la carne dei tre macellai destinata a diventare salsiccia già a fine 2019. In quell’occasione avevano scoperto una significativa presenza di solfiti. Nonostante la sospensione della licenza decisa dal tribunale di Asti, i macellai hanno continuato a produrre carne adulterata.

La Commissione Europea consente l’uso di 450 milligrammi per ogni chilo di prodotto. I tre macellai di Bra, che evidentemente hanno superato questa concentrazione, sono accusati di aver venduto come genuine sostanze alimentari contraffatte.

Alla notorietà della salsiccia di Bra ha contribuito in modo determinante Slow Food. L’associazione, fondata da Carlo Petrini nel 1986 proprio a Bra, ha preso le distanze dal popolare prodotto locale.

Salsiccia di Bra: se tutti sapevano

Salsiccia di Bra pezzi

Ha commentato Piero Sardo, una delle voci più autorevoli di Slow Food, intervistato da La Stampa: “Una brutta botta l’arresto dei macellai ma questa vicenda alza il velo su un bel po’ di ipocrisia”.

L’opinione di Sardo è che l’uso dei solfiti nella salsiccia di Bra sia molto diffuso. Nonché risaputo da tempo. Eppure parliamo di un “PAT” (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) italiano, definito nella sua composizione da un rigido disciplinare di produzione controllato dal Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione.

Che è subito intervenuto per difendere il buon nome, pesantemente in discussione, della salsiccia di Bra.

Ma, in effetti, l’impiego di solfiti nella carne trita di bovino è piuttosto comune per l’effetto conservante che le sostanze garantiscono. Il problema è che non sempre, come testimonia l’arresto dei tre macellai di Bra, entro i limiti consentiti.

La domanda che probabilmente vi state facendo, cioè se continuare o meno a mangiare dopo questi arresti la salsiccia di Bra –cruda, come si conviene– è legittima.

Ma saperne un po’ di più su un prodotto a suo modo storico e amatissimo, può aiutarvi a trovare la risposta.

Salsiccia di Bra: un po’ di storia

Salsiccia di Bra

Ottima per preparare il sugo, o alla griglia, la salsiccia di Bra, in realtà, si consuma prevalentemente cruda e freschissima come antipasto. È anche l’unica salsiccia a base bovina e non suina.

Tanti luoghi danno il loro nome a una specialità alimentare: Roccaverano per la robiola, Colonnata per il lardo, San Daniele per il prosciutto. Bra raddoppia: il toponimo viene infatti utilizzato sia per un formaggio, il pregiato Bra DOP, sia per indicare una salsiccia, tra le più singolari della tradizione piemontese.

Un tempo l’insaccato braidese veniva preparato solo con carne bovina, poiché nella vicina Cherasco esisteva un’importante comunità ebraica che esigeva dal mercato braidese insaccati senza carne suina.

Questa tradizione venne ufficializzata dai Savoia, che autorizzarono i macellai di Bra a autorizzare carne bovina nella preparazione della salsiccia fresca. Proibendone invece l’uso in tutto il resto del territorio italiano.

Salsiccia di Bra: la ricetta

Oggi l’insaccato, prodotto a Bra e nelle zone limitrofe, si prepara per l’80% con una pasta macinata di carne magra di vitello unita a grasso di maiale (pancetta).

Il tutto è lavorato una seconda volta in modo da ottenere un impasto più omogeneo.

Il preparato è a questo punto omogeneizzato con sale, pepe macinato, cannella, noce moscata, semi di finocchio, macis, vino, toma delle Langhe stagionata e grattugiata, infine messo nel budello naturale. La salsiccia, non avendo bisogno di stagionatura, si può consumare subito. Da fresca è una classica componente dell’antipasto cuneese.

[Immagini: Chiara Cavalleris per Dissapore]