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Piero Pompili e il futuro della ristorazione

Il futuro della ristorazione è in una rappresentanza che parli con la politica

Il futuro della ristorazione si gioca sul tavolo della politica che promette e non mantiene, spiega Piero Pompili del ristorante Al Cambio
venerdì, 22 Luglio 2022 di

Piero Pompili, maître del ristorante Al Cambio di Bologna, ha un’idea precisa della ristorazione e del suo immediato futuro.

Giunti in campagna elettorale, il mondo polverizzato della ristorazione deve fare sistema per salvaguardare il suo futuro.

La necessità della rappresentanza, politica o di settore

Piero Pompili e il futuro della ristorazione

Apartitici, trasversali o schierati? La ristorazione deve fare i conti con una campagna elettorale che parte nel bel mezzo della stagione turistica. Quella che condiziona, insieme al periodo delle festività natalizie, i risultati nei bilanci di un’attività di ristorazione e di ospitalità.

Quest’anno segnata dai venti di guerra e al contempo da una voglia di rinascita post pandemia. Che tanto post, se non nel tono più silenzioso della comunicazione e delle notizie, non è.

L’autunno si prospetta molto caldo per una serie di questioni sul tavolo ben conosciute a chi opera nel settore. E che non si limitano alla mancanza di personale o alla recrudescenza dei contagi e alla necessità di nuove vaccinazioni. Abbiamo archiviato la stagione del green pass come stiamo archiviando la mancanza di turisti dall’Est. Ma il futuro della ristorazione sembra più condizionato da incertezze che avviato nel perimetro delle certezze.

Al confronto con il nuovo governo come ci si andrà? Con una rappresentanza forte e in grado di porre condizioni (perché di questo si parla) o polverizzati a seconda di interessi locali?

Ecco cosa ne pensa Piero Pompili.

Come vede la ristorazione italiana?

Piero Pompili

Trovo che siamo in un bel periodo di vivacità. Un po’ grazie ai recenti risultati internazionali che l’Italia ha portato a casa con la 50 Best che ha conferito al bel paese sempre maggiore autorevolezza all’estero. E poi si respira una grande voglia di rinnovamento, associata alla maturata consapevolezza morale e sociale che in Italia questo settore debba cambiare sotto molti punti di vista. E, con tutta probabilità, questo è il momento migliore per farlo.

Cosa dovrebbe cambiare per assicurare un futuro alla ristorazione?

tagliatelle al ragù e futuro della ristorazione

Impensabile che la ristorazione (ma più in generale il mondo dell’ospitalità) non sia rappresentata al Governo. Una mancanza di rappresentatività che non corrisponde al numero di imprese presenti in sul mercato. Di persone occupate e, non da ultimo, di PIL che questo settore genera. Abbiamo bisogno come in altri settori di una effettiva rappresentanza e rappresentazione. Perché penso che il mondo dell’ospitalità e della ristorazione non valgano meno di altri comparti della nostra economia, anzi. E proprio per questo non possiamo più pensare di giocare una partita senza avere un “aggancio politico” importante e un interlocutore. Serve per esporre piani di sviluppo economico turistici e riforme sul mondo del lavoro di cui c’è disperato bisogno. Oggi più che mai, visto che lo scenario autunnale non è roseo.

Per cui se esiste una Confindustria, ad esempio, non capisco perché non debba esserci una Confospitalità (chiamiamola banalmente così). Con il dichiarato scopo della tutela e rappresentanza del mercato e delle imprese che operano nel mondo del turismo e della ristorazione.

Cosa fa pensare che possa nascere in Italia una “Confospitalità”?

Me lo fanno pensare i numeri e l’attuale situazione politica che oggi è più che mai al totale sbando.

Nel 2020, l’Eurostat stimava che in Italia ci fossero 1,6 milioni di lavoratori in 383.000 imprese.

Numeri che diventano impressionanti se allargati alle persone che hanno una relazione con chi è occupato in questo settore. Ed oggi, in piena campagna elettorale, a quale partito politico non farebbero gola tutti questi voti?

Questo è il momento ideale per creare un soggetto rappresentativo e autorevole per avviare un cambiamento.

Cosa andrebbe cambiato nel futuro prossimo della ristorazione?

Mancanza di personale Carmen Vesco

Dovremmo iniziare prima di tutto dalla mentalità. 

L’Italia è un paese fondato su una ristorazione a gestione familiare piuttosto che imprenditoriale. Se vogliamo evolverci, bisogna che usciamo da concetti “patriarcali”. Ad esempio, dobbiamo capire che il mondo del lavoro sta cambiando e se non siamo noi ad adeguarci alle nuove esigenze dei giovani, molte attività saranno costrette a chiudere per mancanza di personale. Continuare a nascondere il problema con la scusa del reddito di cittadinanza o della disoccupazione non ha senso.

Tra l’altro andrei molto cauto a tirare in ballo la misura d’aiuto alla disoccupazione come causa della mancanza di lavoratori. Perché se analizzata bene è un aiuto concreto in più direzioni, soprattutto per le attività stagionali. Da un lato aiuta le persone che svolgono lavori per l’appunto stagionali ad esser economicamente coperti nei mesi in cui le stagioni lavorative non esistono. Dall’altro aiuta le aziende stagionali a sopravvivere reperendo personale spesso in zone difficili. Non dimentichiamo che alberghi e ristoranti mantengono vivi interi borghi che altrimenti diventerebbero cimiteri viventi. Per cui non critichiamo risorse che aiutano anche il nostro settore solo perché non ci riguardano. Iniziamo a ragionare nella complessità del sistema ristorazione e non solo a badare al singolo orticello.

Concentriamoci sui motivi per cui le nuove generazioni non vogliono più lavorare in certi settori. In passato la mia generazione ha deciso di non lavorare in campagna, salire su un peschereccio o sacrificarsi al forno di un panificio. Potrebbe accadere lo stesso con ristoranti e pizzerie.

Spetta a noi rendere questo lavoro interessante, gratificante, appetibile e remunerativo. Ed è su questi aspetti che vale la pena lavorare per migliorare.

Come attirare nuova forza lavoro nel più breve tempo possibile?

Abbiamo bisogno di una riforma sul costo del lavoro. Nel mondo della ristorazione, in proporzione ai possibili volumi d’affari, questa “spesa” ha raggiunto picchi insostenibili per il datore di lavoro. Pur riconoscendo l’impegno e il sacrificio di chi svolge questo mestiere, spesso può ben poco per far quadrare conti sempre più in bilico tra aumenti della materia prima e dell’energia. Consideriamo anche che non tutti i ristoranti viaggiano al completo per 5 o 6 giorni a settimana. E in futuro per la ristorazione sarà ancora più difficile.

Anche il tema dell’aumento del salario minimo non penso sia una soluzione per creare forza lavoro. Almeno nel nostro settore. Si parla di cifre che non compenserebbero il senso di “vita sacrificata” per uno stipendio che possa valere oggettivamente il gioco.

Forse l’introduzione obbligatoria della mancia sul modello di altri Paesi potrebbe essere una buona partenza per integrare gli stipendi nella ristorazione. Magari alleggerendo un po’ il datore di lavoro ormai alle prese con una opera di resistenza su un mercato sempre più difficile e competitivo che in autunno esploderà.

Cos’altro proporre al governo in tema futuro della ristorazione?

Non concederei più licenze per la somministrazione di cibi e bevande, ma cercherei di dare valore a quelle esistenti. Se un grande gruppo vuole aprire un attività di ristorazione in un centro commerciale o in un centro storico occupando un intero palazzo, dovrà acquistare una licenza sul mercato. Oltre a cercare di contingentare catene del cibo internazionale a salvaguardia della tipicità italiana. Che è la caratteristica che ci rende unici nel turismo e non andrebbe intesa come una misura campanilista o discriminatoria. Ma solo una strategia di marketing di lungo periodo nel settore turistico. Ovvio che bisogna prevedere misure correttive per evitare di ottenere l’effetto contrario. Si deve capire che il cibo può trasformare l’assetto territoriale di una città e anche il suo benessere.

Ma per riuscire a portare avanti progetti incisivi per il futuro della ristorazione abbiamo bisogno di un’associazione forte e credibile in grado di dialogare con la politica. Da soli e pensando in piccolo, ahimè, non si andrà mai da nessuna parte.

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.