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23 Giugno 2025 Aggiornato il 23 Giugno 2025 alle ore 14:05

Cosa non va nella 50 Best Restaurants: in breve, è auto marchetta

Il meccanismo della 50 Best Restaurants e di altre classifiche punta sulla vanità dei ristoranti disposti ad investire come si fa sui social
Cosa non va nella 50 Best Restaurants: in breve, è auto marchetta

Se ci sei, sei contento; se non ci sei, sei contrario. Accade per tutte le guide, le classifiche, le mappe, gli articoli, i consigli per andare al ristorante, i video sui social che siano cumulativi (rari). La 50 Best Restaurants 2025 non è stata di meno e questo vale sia per i ristoranti che giornalisti, critici, comunicatori.

Impossibile negare che non sia una vetrina, quanto meritocratica e quanto di notorietà, è un altro paio di maniche. Non secondarie, ma è come la camicia di Totò sotto la giacca: niente maniche. Si vede solo quello che è davanti, in superficie. E le maniche sono sotto la giacca, non si vedono appunto. Sappiamo che un po’ più di 1.000 ispettori, divisi equamente per genere e nazioni, danno i loro voti e su quella base è stilata la classifica.

I lustrini della giacca sono le posizioni della classifica e il completo lo fa la cerimonia di premiazione. In cui sono tutti presenti e questa presenza accresce se non certifica la credibilità della classifica stessa. Quanto sia interessante per il pubblico la 47a posizione è valutazione che può essere fatta facilmente. È probabile che lettori e appassionati incamerino il podio, quindi i primi 3 come in una qualsiasi classifica sportiva che lo preveda. L’attenzione è sul vincitore, innegabilmente. Ed è questo il vantaggio comunicazione di una classifica: viaggia un solo messaggio. Già, per restare in Italia, è più difficile ricordare quanti ristoranti hanno le 3 stelle.

Il ristorante migliore del mondo è migliore per tutti?

Possiamo dire che la classifica sia la foto della situazione della ristorazione nel mondo? Probabilmente no e non perché sono presi in considerazione solo i ristoranti di nicchia, fine dining o comunque esclusivi che hanno un elemento in comune: sono molto costosi o comunque non alla portata di molti clienti. La possibilità che anche solo 1.000 ispettori abbiano provato tutti i ristoranti della 50 Best (che si allarga a 100 sempre per motivi di comunicazione) è praticamente nulla a leggere dichiarazioni e commenti. Sarebbero almeno 100.000 missioni o viaggi stampa.

Quindi cosa vince? La comunicazione, la notorietà, la capacità di un panel di orientare le scelte dei giudici degli altri Paesi/panel e far convergere il voto su un nome. Maido quest’anno. Una via di mezzo tra l’extra omnes in Cappella Sistina e le votazioni per scegliere la sede delle Olimpiadi o di portare all’Unesco la candidatura a Patrimonio Universale da far votare a tutti gli altri Paesi.

È quindi un lavorìo diplomatico e di pubbliche relazioni che costa in termini di tempo e di risorse. Ma che alla base deve aver il saper cucinare e fare ristorante. Difficile vendere a 1.000 ispettori solo fuffa. Poi le vie della classifica sono infinite, ma sempre devono giocare su risorse e tempo. Risorse del ristorante e tempo degli ispettori, fondamentalmente. Portare da un capo all’altro del mondo giornalisti, chef, critici non è affare di tutti i giorni.

Le regole per entrare nella 50 Best Restaurants

Ma queste sono le regole – non scritte – del club. Non puoi entrare senza giacca anche se fai cottura primordiale.

E quindi per 3, 10, 50 o 100 che gioiscono più o meno intensamente ce ne saranno 100 mila insoddisfatti. La classifica è un fatto esclusivo, come le stelle o qualsiasi altro riconoscimento.

L’altra faccia della medaglia è la critica ad ogni costo. “È pagata dagli sponsor” cui però poco importa se uno dei suoi ristoranti forniti sia 10° o 30°. Molto meglio che tutti e 100 siano suoi clienti così che gli altri 100 mila ritengano che quel prodotto sia indispensabile per essere valutati meritevoli di attenzione. E quindi è abbastanza facile che alla fine il saldo sia prossimo allo zero tranne per i ristoranti convintissimi che senza quell’ingrediente non vincerà mai.

Oppure “Sono tutti pagati” il che contraddirebbe l’assunto che sono sponsor perché avrebbero costi (e danni) collaterali dovendo sostenere le spese necessarie al singolo ristorante. Facendo incavolare i restanti 100 mila.

Peggio “Sono tutti comprati” che vorrebbe dire assicurarsi il voto – tiriamo a indovinare perché non sappiamo Maido con quanti punti ha vinto – del 25% del panel complessivo. E quanto costerebbero 250 ispettori ammesso che abbiano la voglia di essere comprati?

La logica del consenso che non è informazione e dell’auto celebrazione

Alla fine sono i meccanismi di auto celebrazione che funzionano in questi sistemi di classifica spettacolare. Sono gli stessi chef, pizzaioli, pasticcieri, gelatieri, panettieri ad alimentarlo. In maniera simile a come alimentano le recensioni di Google o di TripAdvisor, dei social o sotto i video.

Non se ne può fare una colpa a chi ha inventato un sistema che funziona per lo scopo che lo ha generato: dare notorietà ai soggetti partecipanti. È un po’ la fiera della vanità, ma è soprattutto la gestione del consenso e la necessità di conversione di click in clienti. Non è informazione, è consenso. È come accade alla più oscura trattoria del più sperduto luogo d’Italia quando è davanti al dilemma: sponsorizzo il post con 30 € per 5 giorni e mi allargo a 50 km di distanza?

Ma non c’è soluzione a quella che alcuni vedono come una deriva e altri ritengono un’opportunità. Balzare ai primi posti di un qualsiasi elenco è una priorità. Anche per i giornalisti che devono fronteggiare la IA che classifica per interesse ricorrente. E quindi si orientano più o meno tutti nello stesso modo. Poi ci sono altri ennemila fattori che influenzano la rappresentazione della realtà. Da chi non è invitato (vale per tutte le categorie) a chi si gode lo spettacolo in diretta streaming con i proverbiali pop corn a lato.

Rivoli che poi alla fine confluiscono sempre lì: contenti o contrari. Due categorie che ragionano sui benefici (anche) di aver portato la 50 Best in Italia ora che si discute di Cucina Italiana patrimonio dell’Unesco. O sottolineano che finalmente tanti ispettori della 50 Best Restaurants avranno conosciuto di persona Camanini o Crippa. E saranno andati anche a provare i loro ristoranti.

Cosa cambia per i ristoranti italiani

Se tutte le teorie più o meno complottistiche fossero vere, l’anno prossimo dovremmo avere un italiano sul podio. Il che potrebbe risollevare una edizione in Italia non proprio vincente per il tricolore. Anche a voler dare il giusto peso a Massimo Bottura che riesce pure ad uscire dalla naftalina della Best of Best. E a beccarsi i sospetti di una qualche manovra per dare un contentino alla Regione Piemonte che ha speso un paio di milioni di euro per l’evento. Anche se Modena non è in Piemonte e se a vorae il premio sono i colleghi chef.

Delle decine di post e commenti che mi sono apparsi sulle bacheche, ho tratto 2 pensieri di altrettanti chef che danno una loro visione di classifiche e riconoscimenti. Interessante l’uno per il cambio di rotta della cucina che l’ha escluso dai radar della 50 Best. L’altro per spiegare come la percezione di chi legge o si imbatte in una classica o nei premi possa essere distorta. I post sono di Marcello Trentini, già stella Michelin con il Magorabin di Torino. E di Igles Corelli che nella sua carriera di stelle ne ha conquistate 5..

Cosa dice Marcello Trentini della 50 Best Restaurants 2025

Mai stato così felice di aver mandato affanculo il cosiddetto “fine dining” .. dopo la kermesse 50best a Torino ho visto il peggio del peggio del mondo food oggi.

Cuochi in overdose di egoncentismo e autoreferenzialita’.

Gente che non parla neanche italiano che si bea di un momento triste di visibilità in cambio di un finger food pagato da una multinazionale.

Dinosauri obesi della critica gastronomica che salgono sul carrozzone (qualunque sia il vincitore).

Premi ridicoli.

Ristoranti che puoi frequentare solo se sei milionario (guardati i prezzi di maido che per la cronaca sta a Lima dove si vive con 50€al mese).

giornalisti e blogger supini a leccare culi che manco in una gangbang gay.

Ma .. ode alle trattorie contemporanee..

(Dove mangiano tutti che lo dice Ferran)

perché i cuochi fighi fanno cucina figa ma mangiano pane e salame (con acidità).

State male..

fatevi vedere da uno bravo.

Ma bravo vero!

Cosa dice Igles Corelli della percezione delle stelle Michelin

Come pensavo !!!
La gente è convinta che alcuni ristoranti segnalati dalla rossa siano stellati
Ma non è così

E quindi?

Classificare e costruire mappe è una capacità di riassumere che in un mondo frenetico come in quello cui viviamo è un toccasana. Una classifica si legge in un batter d’occhio. Se poi l’ufficio stampa della 50 Best Restaurants prepara una cartella con tutti i materiali da utilizzare a seconda delle piattaforme, la diffusione è sicura.

Quanto vale una classifica? Tantissimo per chi arriva primo. Fa bene all’auto stima, produce interesse e anche clienti.

E per gli altri? C’è sempre la sfida dell’anno successivo o l’edizione della guida dell’anno seguente. Intanto possono provare a portare in tavola questa o quella bottiglia di acqua. Oppure a mettere le posate d’oro dello sponsor X. Ma queste cose sembrano funzionare meno ai fini di una classifica. Ci sarà sempre qualche bastian contrario tra ispettori e recensori che proprio non la vuol dare vinta a uno sponsor. Se non è così, scusate che ci fate in quel panel?

Se poi volete fare filosofia c’è sempre Totò con la sua camicia: essere o apparire? A voi la scelta (del ristorante).

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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