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9 Marzo 2012 Aggiornato il 9 Ottobre 2019 alle ore 21:13

Culinaria 2012. E’ nato prima l’uovo o il produttore? Cogo e Parisi, per esempio

Filiera diretta, certa, sicura e riconoscibile. Certa piuttosto che corta o, almeno, prima che corta dovrebbe essere la filosofia di consumo alimentare.
Culinaria 2012. E’ nato prima l’uovo o il produttore? Cogo e Parisi, per esempio

Filiera diretta, certa, sicura e riconoscibile. Certa piuttosto che corta o, almeno, prima che corta dovrebbe essere la filosofia di consumo alimentare. Che la trasparenza sui prodotti alimentari sia una necessità non sfugge a nessuno. L’Europa ha provato a fare chiarezza con una label europea che parlerà un linguaggio universale.

E al ristorante? Uno dei vantaggi che può offrire uno chef nel suo ristorante è proprio la messa a disposizione del lavoro di ricerca sul prodotto offerto al cliente. Il piatto che mangiamo porta con sè tecnica di cucina e approvvigionamento.

Culinaria 2012, la manifestazione che si apre domani alle 11:15 al mercato agricolo di Campagna Amica in via di San Teodoro 74, dedicherà tre giorni di show cooking, presentazioni e relazioni a questo stretto rapporto. Chef e produttori saranno insieme sul palco a suggellare la necessità di tenere ben presente questo legame che migliora la cucina e la nostra alimentazione. Poter osservare questo rapporto offre vantaggi anche a casa. Significa poter acquistare le stesse materie prime di chi fa la Formula Uno del cibo per trarre gli stessi benefici nutrizionali.

Dal ricco calendario della tre giorni capitolina è possibile offrire qualche indicazione. L’apertura, ad esempio, è affidata a un giovanissimo chef che ha fatto parlare molto di sè e della sua cucina: Lorenzo Cogo di El Coq. Sul palcoscenico della Station 1 (sabato 10 marzo, ore 11:15) sarà in compagnia di Paolo Parisi, produttore e pioniere di un sistema di produzione che ha abbinato qualità e mediaticità. Suo è l’uovo più famoso d’Italia e sulle sue galline allevate a latte di capra sono stati scritti fiumi di inchiostro, soprattutto virtuale. L’uovo alla Coq oggetto della presentazione può beneficiare dell’estro dello chef e della solidità produttiva di Parisi.

In cosa si sostanzia un uovo particolare, oltre al fatto che costino 1 € cadauno circa? Il metodo di allevamento delle galline, ovvio. Riassunto in poche battute dallo stesso Paolo significa che c’è una differenza non solo tra un allevamento normale e uno bio, ma anche tra uno bio e quello “parisiano”.

“Il primo discrimine tecnico, cioè le regole che devi seguire per essere bio, sono: 6 galline a mq per i bio, 9 galline a mq per i non bio, 1 gallina ogni 20 metri quadri da me. Ma la differenza non sono solo qualche cm in più per abbeveratoi e mangiatoie, il mangime bio e la scarsissima quantità di medicinali ammessi o il fatto che capannone bio abbia una apertura verso l’esterno, che non è detto venga mai attraversata dalla paurosissima gallina. La vera differenza è filosofica: il rispetto della gallina in quanto nata ruspante e razzolante, quindi con i suoi ritmi di vita e di produzione. Il bio sposerebbe bene questa causa ma il bio industriale con i suoi numeri sicuramente ha trovato la formula del bio-intensivo che può tranquillamente interpretare le regole a suo favore come capannoni intensivi con apertura verso l’esterno (quindi bio) da cui le galline non escono mai perché disabituate a razzolare e erba alta fuori dal capannone da tagliare con il tagliaerba a gasolio…”

L’allevamento di Parisi è filosoficamente bio e tecnicamente oltre il bio.

“Le nostre galline fra dentro e fuori (luoghi che frequentano abitualmente) hanno più di 20 mq a testa. Stanno tutto il giorno in giro e rientrano in “casa” quando pare loro il momento giusto per deporre o riposarsi. Mangiano un mangime senza Ogm ma non certificato bio, con aggiunta di latte di capra munto nella giornata. Non sono sottoposte a trattamenti farmacologici di routine particolari, quando “Pietro” le vede un po’ giù (e di solito sono quelle vecchie) valutiamo, macelliamo e mangiamo (evento comunque molto raro). Il loro ciclo di vita è funzionale alla tipologia di uova che depongono: noi finiamo il ciclo (e le macelliamo) quando cominciano a fare uova enormi e dal guscio sottile anche dopo due anni di vita. E la loro carne e’ buonissima.

Mi chiedi se teniamo le luci accese? Sì, hanno le luci accese solo quando cambia la stagione e all’improvviso si accorcia la giornata. Allora noi, appena tramonta il sole, accendiamo le luci e le spegniamo gradatamente per evitare che le pollastrelle si spaventino e si ammucchino in un angolo rischiando la pelle. O anche d’inverno quando la temperatura è parecchio rigida (calcola che le livornesi resistono all’aperto anche fino a -15 gradi) teniamo accese le lampade rosse per riscaldarle un po’ di notte. E questo sicuramente aumenta leggermente la scarsa produzione di uova che avrebbero in quel periodo. Infine, quando razzolano si auto-integrano il mangime con quello che trovano nel bosco.

Ora ti faccio una domanda io: che dire di un bio che macella comunque animali nei tempi richiesti dal mercato?”

Non perdete nemmeno le performance del “salvatore del formaggio” aka Vincenzo Mancino, titolare della Bottega Dol (di origine laziale) in quel di Centocelle che fa il giro della regione per offrire aui propri clienti formaggi freschi, salumi, piccole produzioni. Qualcuno dice che sia un personaggio un po’ talebano per le sue scelte improntate al buono, al bello e al giusto della terra e di chi la coltiva o di chi alleva. Ha abbandonato in polemica la fornitura di formaggio da Scarchilli che aveva accettato di vendere il proprio steccato alla McDonald’s al tempo dei panini “promuovi Italia” sulla scia delle intuizioni dell’allora Ministro dell’Agricoltura Luca Zaia. Ma non ha avuto difficoltà a entrare in rotta di collisione con tanti protagonisti del mondo agroalimentare e non solo laziale. Il suo marchio Dol è sulle tavole di molti ristoranti della Capitale. Con lui l’appuntamento è al banco dove porterà i produttori da cui si rifornisce per la gioia dei suoi clienti. E non mancherà nemmeno Teodoro Vadalà, il pastore che conosce la ricetta del profumatissimo formaggio e che ha acconsentito a rivelarla per tramandarla. Si parlerà anche di maiale mangalitza al Banco Produttori 1 (sabato 10 marzo, ore 16:30) e di dolci con Stéphane Betmon del Caffè Propaganda alla Station 2 (lunedì 12 marzo, ore 17:45).

A spiluccare nel programma ci sono Alessandra e Tiziana Celi che proporranno degustazioni guidata di tè pregiati provenienti da Cina, Taiwan, Giappone, India e Nepal e le tecniche di infusione per ottenere il meglio da un rito antico (domenica 11 marzo, ore 16:30 – Banco Produttori 2).

Per le farine, appuntamento con Fulvio e Fausto Marino dell’omonimo Mulino (Sabato 10 marzo, ore 19:15 – Teatro) che hanno brevettato l’enkir, il cereale antichissimo utilizzato da Gabriele Bonci al Pizzarium (sabato 10 marzo, ore 16:15, Station 2).

Per il pesce, ecco l’appuntamento con lo chef stellato Gianfranco Pascucci insieme ad Alfredo Cetone a parlare di tecnica e sapore (sabato 10 marzo, ore 17:45 – Station 2)

Per la carne, Roy Caceres, chef di Metamorfosi, sarà in compagnia di Optima Carne per parlare e preparare la fassona piemontese in un “intervento al cuore” (domenica 11 marzo, ore 17:45 – Station 2). Imperdibile anche la “Bestia a pezzi” del macellaio Roberto Liberati (lunedì 12 marzo, ore 14:15 – Station 1).

Il parterre dei produttori consentirà acquisti durante la manifestazione. E sin d’ora sarà possibile stilare la lista della spesa scorrendo il sito di Culinaria 🙂

Foto: Francesco Arena/SdG

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