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31 Ottobre 2011 Aggiornato il 16 Gennaio 2012 alle ore 18:57

Le Colline Ciociare di Salvatore Tassa al tempo del web 2.0

Com'è il nuovo menu del ristorante Colline Ciociare di Salvatore Tassa ad Acuto con la sala che affaccia direttamente in cucina e offre un'esperienza inedita
Le Colline Ciociare di Salvatore Tassa al tempo del web 2.0

La sera umida e fresca ci fa pensare alla stagione che si avvicina, in una fine ottobre che ancora profuma di estate, l’appuntamento è di quelli che coccoliamo da tempo, già rimandato una volta. Andiamo a vedere di persona, dopo tante chiacchiere e polemiche, le Colline Ciociare nella nuova veste. Ci attende un vecchio amico Salvatore Tassa, le tre forchette più veloci del west!

Il posto è il solito a cui ci ha abituato da tempo: semplicemente una delle più belle sale d’Italia, giocata tra moderno e classico. Divani chesterfield gialli all’ingresso, lampade iconiche come l’arco di Castiglioni, ovunque molto nitore e pulizia. Niente fronzoli o orpelli, dei semplici sassi ad ornare i tavoli e sedie comode ad accoglierci, tutto misurato e composto, al servizio del piacere e nell’insieme contemporaneo.

Ci accomodiamo al nuovo tavolo davanti alla cucina, la vera novità delle Colline Ciociare web 2.0 insieme al sistema multimediale che è parte di questa rapida innovazione strutturale. L’esperienza è suggestiva. I piatti vengono finiti a vista, in un continuo scambio e dialettica con l’autore. Se non siete appassionati di cucina e non siete alla ricerca di una emozione culinaria totale, non sedetevi qui. Per gli appassionati, al contrario, è fantastico vedere in azione una cucina di artigianato.

Quella del cuciniere di Acuto è sempre più una cucina territoriale, ma senza la retorica guareschiana del campanile e del km 0. Qui non si teme di rischiare il prodotto esotico, ma calandolo sempre in una dimensione locale e facendolo dialogare con il paesaggio che si vede dalla finestra: boschi, natura e pietra. Anche la tecnica è calda e amica, al servizio del risultato, spesso conquistato con escamotage artigiani come il sottovuoto naturale, raggiunto con fuoco, pellicola e ghiaccio, che differenza con tante cucine laboratorio…

Non si ordina nel nuovo Colline Ciociare, si viene piacevolmente rapiti da Salvatore e lanciati su un ottovolante di sapori e suggestioni che, partendo da Acuto, vi ritornano sempre dopo aver spaziato per il mondo. 12 piatti a 95 € per un viaggio che non si dimentica tanto facilmente.

Profumi

Alessandro. Un gioco serio tra profumo e terra, da mangiare con il naso, una carambola di odori: dalle erbe, ai fiori, dal bosco sino alla terra. In bocca sferzante tra dolce e clorofilla, su tutto l’acidità del ribes. Un bel benvenuto.

Andrea. La preparazione minuziosa, con la composizione del pout-pourri aromatico affascina e rilassa, l’inalazione degli aromi generati inebria e fa capire di che “pasta” sarà la cena.

Vincenzo. Ripesco nel recente passato un’accoglienza profumata in un ristorante di Osaka. Suona strano per un ristorante “territoriale”, ma la citazione è della terra circostante.

Mandarino e curry

Alessandro. Quasi un dolce dalla dialettica interessante tra un amaro verticale e l’acidità del curry. Lunghissimo e continua a variare al palato. Chiude sulla complessità del curry.

Andrea. Uno snack il cui unico difetto consiste proprio nell’essere uno snack, la dinamica costante tra amaro e sferzante del curry non stanca ma anzi ne fa desiderare una razione più abbondante.

Vincenzo. Un altro divertissement ben eseguito. La pastosità del mandarino colpisce quanto e più della nota esotica del curry.

Panino a vapore e zuppa di mandorle

Alessandro. Accidenti che piatto, millimetrico nei contrasti, muta continuamente al palato: tra piccante, dolce, grasso, terra e humus. Da sballo!

Andrea. Meraviglioso, stimola tutti i sensi e ti invoglia a giocare con il piatto, inzuppi, mordi, poi metti la salsa, finchè mandorle, tartufo e funghi raggiungono l’equilibrio perfetto.

Vincenzo. La preparazione in diretta con l’effluvio del tartufo indigeno e profumatissimo, il morbido pane al cioccolato, la foglia di castagno spennellata e croccante, il curry e le diverse consistenze promuovono il piatto al primo boccone.

Cocktail di zucca, rapa e gin

Alessandro. La coppa Martini rassicura con quel bel tono anni 50, in bocca dolce e succoso, un poco scontato, anche se è molto interessante lo stacco netto di sensazioni e la chiusura tagliente del frutto della passione. Da registrare.

Andrea. La rapa e la zucca ti portano a passeggio in un bosco dopo la pioggia, il gin fa l’occhiolino e la chiusura acida rivitalizza, maggiore acidità avrebbe chiuso il cerchio.

Vincenzo. Sono diretto. Mi emoziona poco. Il frutto della passione è in fondo con la sua acidità e la zucca è un filo troppo dolce. Salvatore Tassa è lì a spiegare l’idea e le possibili varianti caldo-freddo. Un’occhiata al grande block notes che ha in un angolo e sono convinto che la messa a punto definitiva non sarà più lunga di mezza riga.

Triglia

Alessandro. Che piatto! Elegantissimo e dinamico. Come lo addenti la zaffata di iodio, poi arriva in soccorso la nota rinfrescante della liquirizia. Che classe.

Andrea. La triglia ha una cottura da sballo, la liquirizia un dosaggio millimetrico; basta un boccone per sentirsi in una mareggiata ancor più rinvigorita dalla liquirizia quasi intermittente.

Vincenzo. Se avete pregiudizi sull’idea di Tassa di offrire un solo menu a percorso obbligato, questo piatto ve li smonterà in un amen. Difficile trovare qualcuno che riesca a fare di meglio con una triglia. Se poi aggiungete che il mare non lo vedete nemmeno con il binocolo, sarà chiaro il fascino di uno iodio che prende forma sotto la vampata che enfatizza la liquirizia. Da lode.

Animelle

Alessandro. Un piatto in crescita e ancora in divenire, per stessa ammissione di Tassa. Oggi è molto classico di grande cucina. Solido e materico. Basterebbe il brodo di castagno a reggerlo. Glocale.

Andrea. Brodo di castagno e animelle, eleganza nella forma e rusticità nelle componenti; l’animella è croccante fuori e quasi fondente dentro mentre il brodo spande profumo, se il piatto ha appena iniziato il suo cammino non vedo l’ora di riprovarlo tra qualche tempo.

Vincenzo. Chi ben comincia è a metà dell’opera. Il brodo di legno di castagno è bello consistente e l’attenzione alla cottura, che non deve superare gli 80 gradi pena l’acidità, insieme alla cottura artigianale sottovuoto a bordo fornello e al cavolfiore con l’anima della rosa a ingentilirlo mi convincono. Manca una leggera sapidità all’animella, ma il test in altre tavole sarebbe un piatto definitivo. Al bancone ritroviamo una “vecchia” conoscenza: Nikolai Di Placido che era all’Osteria del Povero Diavolo.


Gambero rosso e cipolla bruciata

Alessandro. Il mare incontra il bosco ciociaro, una portata alla fine golosa e ricca, un viaggio intorno al gambero in tutte le sue possibilita. Dialettico tra l’amaro delle erbe e foglie e la sensazione forte del crostaceo, tutto si chiude cartesianamente con una soffice bisque a cucchiaio. Preciso.

Andrea. Qualcuno l’avrebbe anche potuta chiamare variazione di gambero, ma non qui alle colline ciociare. Da bravo contadino Tassa non butta niente del crostaceo e se ci fa apprezzare la polpa in una cottura millimetrica, golosissime sono le teste fritte a dolce temperatura, mentre suadente è il cucchiaio di bisque; il tutto corroborato dai profumi di bosco emanati dalle foglie del bosco di Acuto.

Vincenzo. La bellezza di avere la cucina a portata di obiettivo è immaginabile. Una puntata tra i fornelli con i gamberi che sono in un prato e la cipolla che spande profumo lasciano un attimo interdetti. E sul bancone accanto al tavolo una spruzzatina e l’accompagnamento della bisque. Se avevate un’idea qualsiasi del mare&monti andate a fare il check-up ad Acuto. Un gambero a tutto tondo. Se devo votare, spunto le due teste con prevalenza della fritta che rovescia l’idea di frittura di pesce. Bisque senza aggiunta di grasso.

Raviolo di mela e lepre

Alessandro. Signori e signore, la semplicità: un raviolo, un cuore liquido e nervoso di mela e una brunoise di lepre: una esplosione di gusto, prima il frutto, poi la selvaggina, esplosivo.

Andrea. Ancora non ho mangiato un raviolo di Tassa che sia men che buono, questo era grandioso con l’acidità delle mele divenute farcia a giocare con le suggestioni tonde della lepre e del suo sugo.

Vincenzo. Un piatto ad alto potenziale di dipendenza. Preciso con la sensazione di mela (3 tipologie tra cui l’annurca pungente) che scoppia e la lepre che l’accompagna veloce. Piacevolissimo.

Cipolla

Alessandro. Come sorpresa e dono, una testimonianza della memoria di questo luogo, per la nostra gioia un grande classico è comparso sulla tavola. Inutile dire che come al solito era buonissimo e ben rappresenta la complessità di questo cuoco di provincia che, se fosse in Francia, sarebbe celebrato quanto il Maestro di Laguiole, Michel Bras.

Andrea. Ogni volta che mangio questo piatto marchiato a fuoco con le iniziali ST, sogno di averne una scorta in frigo da mangiare a tutte l’eroe del giorno… Colazione inclusa.

Vincenzo. Non puoi venire alle Colline Ciociare senza assaggiare o ri-assaggiare un grande classico. Come dargli torto. La cipolla resta l’esempio concreto di come un ingrediente semplice possa diventare un piatto indimenticabile. Gli piace vincere facile.

Lepre

Alessandro. Già l’aspetto è materico e rassicurante, gli odori intensi e pieni. Un piatto guascone, non per signorine: il morbido dell’aglio sfida la freschezza del frutto di bosco, sul selvatico della carne. Salvatore ci racconta che sta lavorando per il servizio della Lepre cruda e marinata, ma già così è convincente.

Andrea. Il lombo di lepre è un monumento al minimalismo, il morso è di quelli spiazzanti con la carne che con una ritmica quasi sensuale si lascia masticare, aglio e more sono lì ad equilibrare questo secondo decisamente raffinato.

Vincenzo. Forse il piatto che mi convince di meno e al tempo stesso mi affascina per la consistenza del lombo di carne. Salvatore Tassa assicura uno sprint maggiore con una marinatura a crudo la cui descrizione mi rapisce più della “usuale” cottura.

Ostrica

Alessandro. Cotta 45 secondi a 187 gradi, tra il morbido di midollo, il fondo di selvaggina e l’acido del ribes. un ostrica di terra come ci dice “questa viè a zappa con me!”

Andrea. Grassezza, acidità, iodato, c’è tutto e tutto gira alla perfezione con una lunghezza ed una dinamica a dir poco extra-ordinari.

Vincenzo. La punta di orchidea, il ribes e la salsa di starna selvatica si sposano alla perfezione come se fossero catalogati da sempre alla voce abbinamento. Un’ostrica da campo. Ma largo e indimenticabile.

Crema e tartufo bianco

Alessandro. Un dolce goloso con tutti gli ingredienti dei terribili dolci moderni, che rende giustizia a tanti tentativi poco convincenti assaggiati in giro di un dolce che flirta con il salato: dalle lenticchie, al tartufo, persino l’olio… Ma qui tutto funziona.

Andrea. Non amo particolarmente le incursioni salate nei dolci, ma qui la crema alla base, montata senza addensanti o farine, è una perfetta tela bianca su cui dipingere e Salvatore usa tratti netti che si integrano perfettamente tra loro, dall’olio alle lenticchie, fin al profumo del tartufo bianco locale.

Vincenzo. Crema superlativa e lenticchie che supportano l’olio e il tartufo con convinzione. Una bella chiusura di cena.

I  vini (Paolo)

  • Gerard Dubois blanc de blancs millesimè 2001: un classico chardonnay di Avize, fresco intenso ed affilato. Perfetto per accompagnare l’inizio della cavalcata sul nuovo menu.
  • Jean Lallement Brut Reserve grand cru: classico e brillante nella sua espressione armonica e composita, ideale complemento al cibo.
  • Casa di Baal Fiano Colli di Salerno igt 2010: piacevolissima scoperta, un vino sapido e energico fresco e saporito.
  • Castello della Leccia Chianti Classico docg 2008: preciso e ben definito, ottimo risultato in un’annata difficile e in una tipologia dai contorni sempre più confusi. Un sangiovese che unisce freschezza e carattere.
  • Pietroso Brunello di Montalcino docg 2006: molto giovane ma già espressivo, ricco e ben delineato il frutto, equilibrato e saporito all’assaggio.
Le Colline Ciociare.  Via Prenestina, 23 03010 Acuto (Frosinone). Tel. +39 0775 56049

Foto: Vincenzo Pagano

(Big Picture: le foto possono essere ingrandite cliccando sull’immagine preferita. Si attiva anche la galleria con le freccette)

 


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