Pancrazio, grande cucina cilentana nella locanda a Castellabate

Pancrazio è la locanda di cucina cilentana del boutique hotel Palazzo Gentilcore a Castellabate. Siamo nel borgo in collina di una delle terrazze naturali più belle del Cilento. La strada che da Santa Maria, la frazione località di vacanze più conosciuta del suo capoluogo, si inerpica tra tornanti e vedute spettacolari. Accarezzi con lo sguardo la costa che si allunga sino ai contorni di quella amalfitana. E poi Punta Licosa che potresti toccare con mano e nelle giornate terse le Eolie in lontananza.
Palazzo Gentilcore è la scommessa di Chiara Fontana che ha acquisito l’ex Hotel Castello nel 2018 arrivato in diversi passaggi di mano dal 1100 ad oggi. Fabbrica, palazzo gentilizio dal 1745 della famiglia De Angelis, sede del Comune e della Prefettura dal 1931, albergo dal 1967 e poi residenza privata. Ne ha conosciute di diverse destinazioni il palazzo da cui partirono 200 garibaldini e che nel suo cortile ospitò la prima rappresentazione cinematografica del paese. Chiara Fontana ha incontrato il palazzo per il desiderio di creare qualcosa di diverso dalla sua attività di docente di diritto tributario all’Università Federico II di Napoli. Leggeva di annunci di alberghi in vendita ed è arrivata a Castellabate nel Cilento che nemmeno conosceva.




Ed eccolo ora il boutique hotel vestito con mano creativa e incrocio di materiali salernitani e vietresi. Piastrelle diverse e tre tonalità – verde, turchese, blu di Prussia – si rincorrono nelle camere e nei motivi della sala del ristorante Pancrazio. Fin sulle terrazze coperte con le vasche idromassaggio, la pietra levigata degli esterni e quella a spacco delle pareti riportate a nudo. Un caleidoscopio da decoratrice amatoriale ma quanto mai efficace. Il gusto è di casa a Palazzo Gentilcore e non solo a tavola.
La nuova chef, Bianca Mucciolo

Partenza di impeto per l’hotel, diventato boutique hotel a “insaputa” di Chiara Fontana, e voglia di offrire una cucina legata al territorio. L’interprete è Bianca Mucciolo, 34 anni, alla guida del ristorante di famiglia La Rosa Bianca ad Aquara, 500 metri sul livello del mare ai piedi dei Monti Alburni. Dunque territorio di confine del Cilento, almeno quello moderno che l’antico era ben più piccolo e racchiuso intorno al Monte Stella.
Ma la cifra di Bianca Mucciolo è proprio il territorio scavato a piene mani dalla sua capacità di trattare la terra e i suoi prodotti. Con la locanda Pancrazio ha guardato anche al mare con la stessa caparbia attenzione di una provetta allevatrice di capre. Il segno distintivo della sua cucina che scorre fluida tra rievocazioni e adattamenti contemporanei.
Come si mangia alla locanda Pancrazio a Castellabate

Lo dice subito Bianca Mucciolo che a Palazzo Gentilcore si guarda al territorio e al passato. La sua torta o pizza contadina è ricetta di recupero di estrema povertà. Pane raffermo “sponzato” nell’acqua per diventare impasto con uova fresche e formaggio di capra. Cotto nella leccarda in forno e condito in uscita con il sugo cilentano stracotto e l’origano del Cervati di alta quota.

Un benvenuto consistente e performante che fa della semplicità e dell’ottima esecuzione le sue frecce. Un richiamo alla mente per la tarte tatin alle cipolle di Vatolla di Oliver Glowig che presidia l’ingresso del Cilento con idee di territorio simili. Verrebbe da mangiare tutta la forma per quanto è buona, ma poi toccherebbe scalare il Cervati per passare ai piatti successivi.
Le verdure, le alici, la mozzarella

Terra e ancora terra con “l’orto di prossimità”. Mela cotogna con finocchio e salsa di arance. Cavolfiore con susine secche e uva passa. Zucchina tardiva con rose secche. Minestra spersa di trenta erbe dei terreni della collina di Aquara con miele di borragine montato. Spettacolo per gli occhi che inseguono i colori dei piatti in ceramica di Pancrazio e faranno felici gli amanti della buona decorazione. Ma spettacolo soprattutto per il palato che trova il suo acme nella minestra contadina e gentile al tempo stesso.

La lista dei fornitori che trovate nella carta è un florilegio delle migliori produzioni e produttori cilentani. Tra gli altri, Michele Ferrante, Giovanna Voria, Angela Rosa Renzi, I Moresani, Melisir, Santomiele, Tomeo e per chiudere il suo progetto Triticum. Cioè grano Senatore Cappelli e Saragolla lavorati nel pastificio al piano inferiore del ristorante La Rosa Bianca di Aquara. C’è anche qualche “infiltrato” nella carta di Pancrazio come Gennaro Schettino di Eboli e il campione Giuseppe Morese da Pontecagnano. Innesti di cui vi innamorerete soprattutto dopo aver assaggiato il bocconcino di mozzarella di bufala di Morese sormontato dalle alici di menaica della sacerdotessa Donatella Marino che ora ha il suo laboratorio a San Marco di Castellabate. L’avvio della conoscenza del mare per Bianca Mucciolo, l’ulteriore motivo di soddisfazione del palato per noi commensali.
Il formaggio di capra alla locanda Pancrazio

Bianca Mucciolo è sacerdotessa delle capre e ha in Mirtilla la sua mascotte. Capra star che gira anche in cabrio. Ed ha conquistato lo speciale de Le Figaro sul Cilento con la foto di Eric Martin e la guida di Peter Amann per la Germania.

Il cacioricotta stagionato 6 mesi con il latte delle capre nutrite con erbe spontanee è nella vaporiera cinese al tavolo.
I cavati che sono super cavatelli

La nevicata grattugiata al tavolo va sui cavati di Bianca con stracotto di pomodoro. E qui ci sarebbe da aprire un capitolo sulla pasta fatta a mano che si chiamano cavati e richiamano i cavatelli tradizionali cilentani. Ma sono ben più grandi e di consistenza maggiore. Semplicemente perfetti per il torrente di sugo che li inonda e insieme al formaggio regalano uno dei migliori esempi di pasta alla cilentana verace. Imperdibili.

Giusto un assaggio con la promessa di ritornare e fare il doppio con la torta di pane raffermo. Esaltazione pura del sugo cilentano che non è un ragù, ma nemmeno le pallide salsine che imperano in tutti i piatti turistici “alla cilentana”. Il gesto del cacioricotta grattugiato regala il profumo delle erbe e la sapidità che si spande nell’aria. Salt Bae, scansati. Da Pancrazio si va di sostanza.

Che si materializza, li vedete, anche nei cavati “in abito da sera”. Il triturato tradizione e innovazione fa la linguaccia al fine dining con i cavati preparati per l’occasione dell’evento Salami da Re all’Antica Corte Pallavicina a Polesine Parmense. E quindi, fonduta di Blu di bufala, guanciale di maialino nero e fichi secchi. Avete idea degli gnocchi 4 formaggi? Bene, scartatela e tuffatevi in questa ottima esecuzione la cui unica nota negativa è il nome. Cavati avvolgenti che resisterebbero a qualsiasi condimento per narrarvi di una pasta soda pronta a sposarsi senza timori con i condimenti. Bis per la gricia del Cilento
Perline mare e monti

Lo switch di Bianca Mucciolo per accontentare gli ospiti di Palazzo Gentilcore e i commensali di Pancrazio che chiedono mare si chiama Perline, vongole e scarole. Mare e monti dunque che la chef risolve riducendo la possenza dei cavati per meglio accogliere il condimento. Un capitolo delle vongoliadi che esalta di meno. In forma di gnocchetti, i cavati perdono identità e forza pur restando sodi. Forse sarebbe da invertire la declinazione e tenere fermi i cavati lasciano le vongole in favore di pescato locale – alici, gamberi di Acciaroli, totani – da lavorare alla bisogna come con il blu di bufala. Sono grandi, lasciateli grandi :-D.
La carne e il pesce

Bianca Mucciolo ritorna subito in carreggiata, che è un’autostrada, con un buonissimo filetto di bufalo con fondo bruno e carote-carote. Non si avverte la tipica dolcezza della carne di bufalo ed è un pregio confortato da una cottura a puntino che rende godibile il boccone. Con le uova al tegamino e caciocavallo podolico è l’unico secondo di terra di Pancrazio. Verrebbe da chiedersi perché non c’è carne di capra, ma pensando a Mirtilla in cabrio forse sarebbe da chiedere troppo. Oppure sono i gusti degli ospiti del boutique hotel.

E allora via di pesce con una spigola di 3 chili che diventa una bistecca cotta benissimo con i pomodorini stagionali a rinvigorirla. Se pensate che Cilento vuol dire piatti di terra siete nel giusto. Ma la vocazione turistica – che ahimè ha sparso salmone in molte carte della ristorazione rivierasca – qui trova un’ottima esecuzione e altrettanta soddisfazione. Brava la Mucciolo a non impelagarsi in intingoli poco veraci.
I dolci di Pancrazio

Siamo satolli di sapori e profumi, ma la chef di Pancrazio ha un’idea del pre dessert come se fossimo di ritorno dalla scalata al Cervati. Il piatto di tettine delle monache è troppo invitante. E chiuderemmo qui il percorso.

Se non fosse che in tavola arriva giusto un assaggio di dolci fatti in casa.

Siamo letteralmente conquistati dal tagliere e soprattutto dalla vellutata di bianco di capra con mosto di vino. Spettacolare da solo e con l’aggiunta del mosto dal bricchetto. Tra i migliori piatti di una grande cena cilentana.
Che termina in dolcezza con i biscotti da intingere in una buonissima crema antica al cioccolato.

E il cruscamisù, fusione buona e intelligente – e non fusion – tra il peperone crusco ammantato di cioccolato poggiato sul mascarpone. Ecco, solo una nota, ci permetta la sacerdotessa delle capre. Ma perché non la più territoriale vellutata di latte di capra che da sola vale un viaggio su per i tornanti di Castellabate?

Voto: 9/10
Quanto costa la locanda Pancrazio a Castellabate

4 i menù degustazione previsti.
Il canto di Leucosia in 4 piatti di pesce secondo disponibilità del pescato a 60 euro.
Tra radici e incanto, 4 piatti di territorio cilentano a 50 euro.
Il menù degustazione Slow Food con un primo, un secondo e un dolce a 35 euro.
E il menù degustazione del Buon Ricordo con antipasto, spaghettone al ragù di fico, secondo e dolce a 50 euro.
Un paso completo con antipasto, primo e secondo alla locanda Pancrazio costa in media 55 euro.

Locanda Pancrazio del boutique hotel Palazzo Gentilcore. Via G. Amendola, 1, 84048 Castellabate SA. Telefono: 0974 173 5006. Instagram



