Don Alfonso 1890, pazzesca la scelta vegetale di Ernesto Iaccarino

Se parliamo del ristorante Don Alfonso 1890 a Sant’Agata sui Due Golfi parliamo di una storia di (oltre) 50 anni compiuti nel 2023. E dentro ci sono tanti argomenti da scriverci ben più di un libro. Il solo varcare l’ingresso della villa incute rispetto. Non è questione di premi, di riconoscimenti, di lauree honoris causa, di celebrazioni. È proprio il senso della storia gastronomica che scorre in questo viale e tra queste mura. Per chi come me lo ha visto quasi all’inizio della sua storia a metà degli anni ’70 fa ancora più effetto. Una storia che inizia nel ’73, ma affonda le radici ben prima. Anche se il ristorante è sempre in quella che fu una dependance abbandonata dell’albergo Iaccarino.
Storie non storytelling confezionato a mestiere ad uso di noi che scriviamo. Un baule ricolmo punteggiato da intuizioni, successi e anche cadute da cui Alfonso, Livia, Ernesto e Mario Iaccarino si sono rialzati sempre più forti. Oserei dire più buoni. Ma è la strada che inevitabilmente percorri se vuoi essere in anticipo con i tempi e comprendere dove va il mondo gastronomico.
Come l’ultima decisione: chiudere per iniziare un nuovo ciclo guardando sempre avanti. Un lavoro di rifacimento del Don Alfonso che sembra quasi folle. Chi chiuderebbe mai per un anno un ristorante che macina numeri importanti? Ecco, loro lo hanno fatto annunciandolo a novembre 2022. E invece di festeggiare 50 anni nel 2023 con fuochi d’artificio hanno lavorato sotto traccia. O, meglio, al motore del ristorante e dell’albergo.
Com’è ora il Don Alfonso 1890

Completamente rinnovato anche se a colpo d’occhio non sembrerebbe. C’è una continuità che si dipana da anni. Layout, sala, colori. L’affinamento è impercettibile. All’apertura di Scatti di Gusto mi fu naturale andare alla riapertura stagionale del Don Alfonso 1890. 15 anni fa.
Il giardino con i gazebo nasconde il cuore sostenibile dell’operazione: un sistema di pompe che raffredda con energia rinnovabile e recupera il calore per riscaldare l’acqua. Detta così sembra un’operazione facile. Ma ha comportato un lavoro capillare dalla sostituzione delle guaine di impermeabilizzazione (sotto il giardino c’è il garage, per dire) alla tracciatura degli impianti fino alle camere. Non stiamo parlando di un orto dietro il ristorante, insomma. Anche perché l’orto del Don Alfonso è la tenuta Le Peracciole di 7 ettari affacciata sul mare di Punta Campanella. Un’operazione – quella della produzione a km 0 – che è diventata usuale oggi ma qui fa data 1990. Al tempo giudicata una follia. Ora uno dei componenti del Don Alfonso 1890 green.

Sposto lo sguardo sulle siepi che ridisegnano l’andamento del motore mentre al gazebo servono l’aperitivo. È l’ora di pranzo che meglio permette di mettere a fuoco i cambiamenti. Ma per quanto possa essere allenato il vostro il risultato è tutt’altro: si sta bene e si invidia l’ospite che si crogiola in piscina.

C’è Ernesto che saluta i primi ospiti e si siede accanto a noi. Gli chiedo degli elementi visibili di questa trasformazione che non appare in superficie al Don Alfonso 1890: “Penso il menu vegetariano”. Un cambiamento a servizio dei commensali, avrei dovuto pensarci. Non c’è nemmeno una targhetta che dica qui è tutta energia verde o una cosa simile ma voi già lo sapete se avete letto di tutti i cambiamenti.
E quindi partiamo dal menu vegetariano affinato con quel labor limae che qui è una costante.
Il menu L’orto di Punta Campanella del Don Alfonso 1890

In prima pagina della carta, a volerne sottolineare l’importanza, c’è il degustazione L’orto di Punta Campanella. Non è un ripiego o un contentino alla moda anche se il prezzo, appena più basso de La Tradizione, potrebbe portarvi fuori strada. Pensiero che sfiora con i benvenuti della cucina insieme alla nota che il menu ha cambiato nome: da vegetariano appunto a orto della tenuta.

Le Zucchine cotte sui carboni, il suo fiore croccante, fonduta di scamorza affumicata, crema di zucchine alla scapece e menta è l’ingresso al mondo vegetale. Un piatto compiuto anche se Ernesto Iaccarino dice che sta lavorando per dare ancora più consistenza naturale al morso della zucchina. Una limatura ulteriore – è proprio una fissazione – per un piatto compiuto che regala tutto il buono delle zucchine. Esaltate dalle consistenze di una crema viva e dal taglio della dadolata. Al gusto, appena una punta di maggiore acidità darebbe maggiore vigore a questa buonissima scapece.

Quanto al fiore fritto, il ricordo delle frittelle nei pomeriggi dell’infanzia a Termini è un flashback incredibile per gusto. Ma di gran lunga migliore è la cottura esente da qualsiasi traccia infinitesimale di olio. Una consistenza etera che si contrappone al gusto deciso.

Ecco la reinterpretazione dell’uovo in tegamino con burrata e tartufo nero. Non c’è molto da dire su questo instant classic sempre goloso con i fagiolini croccanti nascosti. E che non ha colpe se non per l’inzuppo selvaggio con abbondante spicchio di pagnotta.

Pagnotta già rea di aver accompagnato l’assaggio dell’olio delle Peracciole.
Il piatto che vale il viaggio
Arrivano gli ortaggi di stagione della tenuta del Don Alfonso con ravioli di funghi pioppini della Sila, gelato di rafano e agrodolce alla curcuma. Boom, piatto del pranzo per una somma di motivi. Innanzitutto il pomodoro cuore di bue che dovrebbe stare in qualsiasi menu della Penisola Sorrentina. Ora è all’inizio della stagione quindi ha meno forza, ma questo taglio a cilindro quasi ne estrae l’essenza. Il cuore del cuore. Ernesto Iaccarino ha giocato con le diverse forme e ci prende in pieno. Contrasta i sapori sradicando il concetto di piatto equilibrato. I frigitelli fritti che si contrappongono al cetriolo in guisa di spaghetto. I peperoni che diventano una striscia di salsa rossa goduriosa in contrappunto alla gialla alla curcuma e miele. Le cipolle marinate in aceto balsamico che allungano la freschezza e fanno combo con il basilico fritto.
E poi, su tutto, i raviolini di puro umami croccanti e ripieni di funghi pioppini della Sila, cipolla e porro. Un ripieno che sembra carne e da soli valgono il piatto e anche una scodella piena. Con l’accompagnamento del gelato di rafano che rinfresca a meraviglia.

La Zuppa di basilico piccante con tuille al latte, mousse di ricotta di bufala ed olio al tartufo bianco è divertentissimo. In fondo è basilico ma così concentrato di gusto e con una consistenza perfetta da inserire al cambio mentale di stagione alla voce zuppe. Il misto pinoli uvetta sultanina, spiega Mario Iaccarino che si sofferma da un tavolo all’altro, è da valutare anche nella cucina domestica: spaghetti con le alici, pomodorini gialli e appunto pinoli e uvetta sultanina. Ti porti uno spicchio di Don Alfonso a casa con naturalezza.
Il doppio recupero nel primo piatto

Gli Gnocchi di zucca con cuore liquido di caprino, salsa di pistacchio con emulsione di acqua di zucca e parmigiano sono un piatto di recupero nel campo e in cucina. Le zucche sono del settembre dell’anno precedente e sono conservate al fresco nell’azienda agricola. Per preparare gli gnocchi, Ernesto Iaccarino cucina le zucche al forno e le fa asciugare bene. Recupera tutta l’acqua di cottura e la emulsiona con l’olio extravergine di oliva dell’azienda agricola del Don Alfonso e con il parmigiano.

Siamo in area degustazione ma la porzione è abbondante e non solo per effetto della burrosità che lo compone. Visivamente lo diresti con troppo liquido e invece scende pericolosamente giù che è un piacere. Qui capisci che mangiare vegetariano non equivale a mangiare leggero.
Una melanzana come secondo piatto

Se a questo punto viene il dubbio di come possa un menu vegetariano affrontare il secondo, ve lo togliete con la Melanzana in diverse consistenze con il suo fondo bruno e chutney di cipolle rosse di Tropea. L’idea è quella di una terrina alla francese, ma oltre all’assenza di carne c’è anche la tecnica orientale. Al centro, la crema di melanzane fermentata per il 10% che aggiunge complessità all’ingrediente. La terrina di melanzane è ricoperta di couils di peperoni e pomodoro ed una salsa di yogurt di bufala, pepe nero e limone. È ottenuta con una doppia cottura: prima fritta e poi al forno. Il piatto viene finito con un chutney di cipolla rossa di Tropea, che aumenta l’agrodolce, un fondo bruno di melanzane, che esalta la parte vegetale ed amara. Ed infine un cracker al pomodoro ripieno di pomodoro, basilico e melanzane, per aumentare la componente mediterranea.
Mi disorienta un attimo il servizio con forchetta e coltello. Penso a una consistenza che viri su una rivisitazione della parmigiana. La consistenza è diversa, quasi da cucchiaio anche per la contemporanea presenza delle salse di accompagnamento. C’è la carnosità della melanzana che si arrende ma al coltello. In bocca è esaltazione della melanzana allo stato puro ed amplificata. Un po’ come mangiare le melanzane fritte (alla napoletana, senza uovo) preparate per la parmigiana. Comanda il vegetale.
Il dolce

Siamo alla fine del degustazione e siamo satolli e non tutti l’avrebbero detto non in assoluto pensando a un menu vegetariano. Ma in raffronto al menu della Tradizione, al Degustazione lungo o alla carta che conta piatti di carne e di pesce. Devo confessare che ho sbirciato il tavolo animato da due coppie che erano curiose anche loro del vegetariano e lo hanno scelto. Hanno aggiunto anche la pancia di maiale e al momento dei saluti hanno spiegato a Ernesto Iaccarino di un loro personale confronto. Mi sa tanto di incredulità che un po’ ti prende.

Ce la facciamo passare con un dolce diviso a metà. Una super mela annurca caramellata che è la versione fresca e buonissima delle mele al forno con purea, insalata di mela all’interno e acqua di mela ad irrorare. Accanto un gelato di alloro e olio extravergine di oliva. Contadino ma stellato, doppiamente anche se con la Verde Michelin della sostenibilità.

È la base della nuova partenza del Don Alfonso, bello e buono come sempre. Con un servizio di sala sempre spettacolare, rilassato e che interagisce al giusto livello quale che sia la vostra voglia. Vale per il giovanissimo appena entrato e per chi da 38 anni calca queste scene. E con Alfonso Iaccarino che si accerta che tutto funzioni ad ogni tavolo mentre dà il suo benvenuto.

Un attimo sotto il pergolato prima di riprendere la strada del ritorno a casa. Ernesto Iaccarino mi chiede come ho trovato il menu e gli rispondo con le note che avete letto. Senza convenevoli che ci conosciamo da anni (ahimè, per l’età). E saluto la signora che mi presenta e che mi sembra di conoscere.
Proprio buono questo Don Alfonso nouvelle vague, ma vediamo se altri saranno d’accordo scegliendo il menu dell’orto di Punta Campanella.

Voto: 9/10
Quanto costa il ristorante Don Alfonso a Sant’Agata sui due Golfi

Tre i menu degustazione a disposizione. L’orto di Punta Campanella di cui avete letto costa 180 €. La Tradizione da 5 portate più dolce 190 €, mentre La Degustazione da 6 portate più dolce 230 €.
Scegliendo alla carta, ci sono 15 piatti. 5 antipasti (ognuno a 46 €), 5 primi (46 €) e 5 secondi (62 €). Quindi un pranzo o una cena completa di 3 portate vi costa 154 €.
Un prezzo superiore alla media di molti stellati e non solo al Sud ma il lavoro già solo per le materie prime lo giustifica. Senza contare quanto espresso in termini di sostenibilità della struttura.
