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Lo Chef è un Dio. Sì dice l’Espresso, anzi no. La teoria Cracco – Lopriore

mercoledì, 10 Novembre 2010 di

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Devo smettere di leggere a tarda notte. Finisce che non si capisce per ubriacatura di schermate. Mi aveva lasciato un po’ di preoccupazione la lettura di uno dei miei commentatori preferiti, Enzo Vizzari, che dalla colonna del Papero Giallo aveva spiegato perché si era rifiutato di recensire il libro della Bellantoni, autrice de “Lo Chef è un Dio”. Noi su scattidigusto lo abbiamo presentato grazie alla penna di Alessandro Bocchetti che di rottamazione si sta occupando in questo periodo. Ma che Vizzari avesse scelto di non farlo è obiettivamente un dato di cui tener conto. Ecco le sue ragioni.

Carlo-Cracco-spalla

Ho letto il libro in bozze e non ho ritenuto di recensirlo (come mi era stato richiesto). Ho così scritto all’autrice: “…mi preme l’obbligo di dirle, con franchezza, che il libro non mi è affatto piaciuto: scritto brillantemente, si legge bene ma mi pare un centone di luoghi comuni e di piccole (e in qualche caso grandi e gratuite) cattiverie nei confronti di persone che, in fin dei conti, mi pare abbiano la sola colpa di non aver riscosso la sua simpatia…”. E aggiungo, come già ho scritto su Repubblica, che trovo del tutto incomprensibile e immotivata la “moda” invalsa da qualche mese di sparare su Cracco (moda, guarda un po’, avviata dai giurati italiani dei 50 Best di S.Pellegrino quando decisero di sacrificare Cracco per vendicare Lopriore versus Michelin).

Paolo Lopriore

Lasciando da parte l’importanza scontata di ottenere un accreditamento da Enzo Vizzari e dall’Espresso tale da giustificare l’invio delle bozze del libro (con tutti i rischi di errori e refusi del caso), mi ha colpito il ragionamento sul prestito della penna brillante a una causa di antipatie piuttosto che a una seria analisi del “retrobottega”. Poi giù il carico da 20 con la spiegazione di livello superiore e strategico sulla “moda” di sparare su Cracco avviata dai giurati italiani disposti nella 50Best di S. Pellegrino a sacrificare lo chef milanese per vendicare Lopriore (e la stella andata in fumo).

Verrebbe da gridare all’utilizzo improprio e privato di Guida pubblica che diventa una sorta di pizzino per parlare a nuora in modo che suocera intenda. Picchiamo Cracco per salvare Lopriore. Infatti arriva la prima Bellantoni di turno che carpisce uno stage al Frolla (a proposito, Manzoni non avrebbe fatto meglio nel naming con questo tutto frullare) e manda a puttane tutto il sistema. Non pubblicare la recensione diventa un argine alla notorietà di un libro denigratorio per interesse mediatico. Morale della favola bisogna essere sempre simpatici a qualcuno per poter andare avanti: simpatici alla chefstar, simpatico al critico gastronomico, simpatico al recensore di libri, simpatici ai giurati. Il Gran Premio del Sorriso, insomma.

Ma mentre ragionavo sulla possibile mancanza di una strategia comune di valorizzazione di un comparto culturale lasciato spesso ai capricci del tempo un po’ come è successo alla casa dei gladiatori che è venuta giù a Pompei, zac arriva il commento di tale Pinza che mette un link all’Espresso food&wine. Cavoli (e sono due stanotte), la recensione presentazione del libro di Ilaria Bellantoni a cura di e. c. Eleonora Cozzella. Che proprio non mi sembra accogliere le tesi antipaticizzanti di Enzo Vizzari.

Rinuncia ai tacchi per indossare scarpe da maratona delle padelle, indossa il grambiulone ed eccola in orari assurdi in mezzo a 12 uomini sacrificati ai numi dell’haute cuisine, che preparano pietanze da 94 euro, ravioli ripieni di maionese, tra “la fragranza vitale del gusto e il veleno dell’umiliazione” perché questo chef milanese, Vito Frolla, è tanto affascinante all’esterno quanto despota con i sottoposti.

Eleonora anzi eleva anche l’approccio del libro scomodando autori importanti: In questo viaggio alla scoperta dell’altra parte del ristorante, l’autrice è guidata – a mo’ di Dante nella Divina Commedia – dal suo Virgilio: il fantasma di Peg Bracken, sostenitrice della liberazione femminile dalla dittatura domestica e inventrice negli anni ’60 di centinaia di ricette ultrarapide (pubblicato nel besteseller americano The I hate to cook book).

Certo, ci sono dritte che speriamo non vere. Sarebbe triste, infatti, credere che “Se vedete girare tra i tavoli un cuoco in tenuta immacolata significa che ha smesso di cucinare da un bel po’.

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Vorrei chiamare Alessandro Bocchetti, ma la tarda ora me lo impedisce. Gli avrei solo detto: Hai visto che c’è libertà di pensarla diversamente e di scriverlo senza mezzi termini. Mi fa un po’ l’effetto frullatore, ma almeno non dovrei rivolgere una prece a qualche chef divino. Ma solo chiedergli di farmi sorridere con i suoi piatti usando di più la bocca e meno le corde vocali. Che bello, ti pare?

Foto: Francesco Arena, Identità Golose, Vincenzo Pagano

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.