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JRE. Emanuele Scarello al cambio di testimone e la sincerità in cucina

domenica, 11 Marzo 2012 di

Domani a Udine, nel Salone del Parlamento dela Castello della città, i Jeunes Restaurateurs Europe si riuniranno alle ore 15:00 per salutare il presidente uscente Emanuele Scarello e augurare buon lavoro al nuovo presidente Andrea Sarri. La nuova presidenza esporrà i programmi e la guida 2012 edita da Electa sull’onda dell’accordo che ha portato i soci a gemellare il nome dell’associazione con l’evento di architettura gastronomica che segnerà questo anno: The Cube a Piazza Duomo. Franca Formenti ha intervistato Emanuele Scarello nel suo ristorante: Agli Amici.

Franca Formenti. Cosa manca al mondo della cucina ?
Emanuele Scarello. La sincerità. Manca la sincerità tra colleghi e tra addetti ai lavori e non possiamo prescindere da questo.

FS. Intendi dire che non fate squadra perché c’è troppo individualismo?
ES. Si inizia piano piano ora perché davanti siamo tutti belli, bravi, siamo tutti amici, pacchi sulle spalle e poi?

FS. Beh è abbastanza normale visto la società in cui viviamo, tu dici che è troppo eccessivo?
ES. Sì. Vedi io vivo in campagna e non è per fare understatement ma sto bene così. Ho degli amici verissimi nel mondo della ristorazione e ci vado con la mia famiglia anche in ferie con le loro famiglie perciò o c’è sincerità oppure no.
Il mondo della cucina in questo momento mi sembra più o meno quello che è stato il calcio qualche anno fa, uguale identico.
Si va in televisione ma non si porta fuori la professionalità salvo rarissimi casi, l’importante è apparire .
Per me l’importante è essere. Piccolo o grande che tu sia, però devi essere te stesso sempre.
Mio nonno mi ha insegnato una grandissima cosa, mi ha detto: “Non devi aver paura di niente perché io ho fatto la guerra e in Friuli c’ è stato il terremoto…punto e a capo.”

FS. Beh i friulani sono tosti, è un popolo combattivo e determinato e probabilmente tu lo senti più degli altri. Quindi tu sottolinei che manca il concetto di squadra e il rischio è di essere divorati dalla voragine dell’entertainement perdendo la professionalità.
ES. Come Presidente dei Giovani Ristoratori ho visto che si arrampicano in una maniera incredibile, fanno le domande per entrare, hanno aperto il ristorante magari da uno due anni …e dicono: “Beviamo solo champagne!” Ma porca miseria nel tuo dna bevi solo champagne? Io no, io cucino! E poi quanto durano? Poco! Duri Poco.
Quando uno apre un ristorante così è come il latte, ha la data di scadenza! Uguale! Solo che il latte ce l’ha scritto, loro non lo sanno ma ce l’hanno scritto dietro! Ho visto in questi anni tantissimi giovani aprire, fare una salita incredibile, durano 3 anni e poi spariscono.
La ristorazione non è né più ne meno di come è il mondo del vino, tu quando è che dici che un vino è un grande vino? Quando puoi fare una verticale e cioè bevi 10 annate e dici : “Caspita questo è un vino che progressivamente ha una continuità!”
Penso alle grandi famiglie della ristorazione, penso a Iaccarino, penso a Cerea che sono dei carrarmati, sono bravissimi perché continuano e non rallentano mai, continuano con perseveranza e disciplina.
Poi ci sono delle eccezioni ma sono poche quelle che possono essere definite tali.

FS. Che cosa toglieresti al mondo del cibo?
ES. Toglierei l’ipocrisia

FS. Ma non è dovuta a una mancanza di sicurezza questa ipocrisia, questa mancanza di sincerità? O è avidità?
ES. No è paura.

FS. Viviamo nella società della paura.
ES. Sì, ma perché devi aver paura?

FS. Perché forse non si ha più il concetto del sacrificio e della rinuncia e siamo divorati dal consumismo anche se non ce ne rendiamo conto e questo ci provoca ansia perché ci siamo prefissati degli obiettivi troppo difficili da raggiungere.
ES. Esatto, manca la cultura del sacrificio .

FS. Come vedi il mondo del cibo in futuro? Sempre star o in un ruolo più consapevole della società in cui viviamo?
ES. Penso che il cuoco sta nel mezzo, non è la star lo chef, è l’ago della bilancia e siamo fortunatissimi di poter fare questo lavoro. Però abbiamo bisogno di due cose : gli ospiti che si siedono e dei fornitori che ci danno la materia prima buona. Perché se io ho le cose buone ma non ho l’ospite per chi le cucino? Per nessuno. E se ho l’ospite ma non ho la materia prima buona non posso fare da mangiare bene.

FS. Però la materia prima buona e di qualità rischia di diventare un lusso per pochi.
ES. Certo questo è importante perché noi chef dobbiamo essere in grado di mantenere in vita il contadino della porta accanto perché per noi è come una miniera di risorse e sono il vero valore del ristorante. Mi ricordo sempre una frase della Nadia Santini che ha una cultura elevatissima e un giorno mi disse: “Quando mangi qualcosa devi chiudere gli occhi, metti in bocca e devi sapere …”
E io invece di stare zitto le dissi: “E devi sapere cosa mangi”
“No – mi disse lei – devi sapere dove sei!”

FS. Questo pensiero è legato al senso del gusto che sta sostituendo quello della vista perché riesci a riconoscere il luogo mangiando.
ES. Qui tutti seminano il mais e spesso vado con mio figlio a fare una passeggiata in bicicletta nel parco del Torre e vedo il mais, so di chi sono i campi , vedo quello che soffre perché non è bagnato abbastanza perciò darà poco e quindi so chi ha un mais buono piuttosto che uno meno. Lo so perché li vedo. Quando lo portano a macinare poi tutti i contadini ci portano un pacchettino perché c’è questa competizione su chi ha il raccolto migliore.
Qui c’è un vecchio mulino che macina ad acqua e a settembre c’è la macina del mais che sprigiona un profumo fantastico di mais in tutto il paese . È un’esperienza olfattiva stupenda.

(Franca Formenti)