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La Corte di Giustizia UE non ha dubbi: se bevete soia non potete chiamarlo latte

giovedì, 15 Giugno 2017 di

svinando

Non c’è pace per vegan e vegetariani. Per anni hanno bevuto soia chiamandolo latte e tofu chiamandolo formaggio.

Da oggi non è più possibile creare confusione giocando sulle somiglianze o sulla possibilità di sostituire il prodotto originale di latte animale con il “succedaneo” veg.

Lo ha stabilito la Corte di Giustizia della Comunità Europea che ha bloccato il nome latte di soia per “escludere qualsiasi rischio di confusione nella mente del consumatore”.

“Sugli scaffali niente più latte di soia, caciotta di tofu o yogurt vegetale. La sentenza della Corte di Giustizia europea è un primo importante passo sulla strada della trasparenza, nell’interesse dei produttori e dei consumatori”,  Lo ha detto Raffaele Maiorano, presidente dei giovani di Confagricoltura, alla notizia della decisione sulla denominazione «latte» che diventa riferibile unicamente al latte di origine animale.

La sentenza risolve la controversia avviata in Germania dalla Verband Sozialer Wettbewerb, un’associazione che si batte contro la concorrenza sleale, che ha chiesto ai giudixi di condannare il comportamento considerato sleale della TofuTown, azienda che produce e distribuisce alimenti vegetariani e vegani con denominazioni come formaggio vegano e burro di tofu. I giudici della Corte di Giustizia della UE hanno dato ragione all’associazione perché – questa la motivazione – le leggi europee riservano queste denominazioni esclusivamente ai prodotti di origine animale.

Una vittoria su cui le associazioni di categoria italiane hanno rapidamente messo il cappello nella speranza che la trasparenza faccia luce sulle effettive qualità dei prodotti diradando le nubi su quelli di origine animale messi all’indice nonostante alcune proprietà nutrizionali sembrino transitare ai succedanei vegetali per il solo effetto del nome.

E che creano casi di successo come la macelleria vegana, ossimoro in termini, aperta in Olanda e imitata anche in Italia.

Ecco come la pensano alla Coldiretti di cui vi incolliamo il comunicato stampa.

“Una vittoria della Coldiretti che da anni porta avanti questa battaglia contro le indicazioni scorrette e fuorvianti con l’atteso stop al latte che deve ora estendersi anche alla carne e derivati, dalla bresaola alla mortadella fino alla fiorentina venduti impropriamente in Europa come vegan”. Così Ettore Prandini, Vice Presidente Nazionale di Coldiretti, commenta positivamente il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea sul fatto che i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come ‘latte’, ‘crema di latte’ o ‘panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’. “Dalla Corte Europea è giunta finalmente una risposta alle nostre sollecitazioni ma è chiaro – prosegue Prandini – che questo è solo un primo passo. Adesso bisogna rendere trasparente l’informazione anche su tutti gli altri prodotti vegan che utilizzano denominazioni o illustrazioni che rimandano o in qualche modo ricordano l’utilizzo di carne, uova o altri derivati animali con cui in realtà non hanno nulla  a che fare. È una questione di coerenza e di onestà nei confronti sia dei consumatori sia dei produttori”.

C’è poi da aggiungere – spiega la Coldiretti – che sul fronte della spesa delle famiglie i prodotti vegetali che “mimano” il latte e i formaggi costano molto di più, a volte anche il doppio, rispetto agli originali. Per esempio i prezzi dei drink a base di riso, avena, cocco e soia sfiorano i 3 euro al litro. Il consumo di questi prodotti – spiega la Coldiretti – è spinto anche dalla falsa percezione che si tratti di latte, con le stesse proprietà nutrizionali e organolettiche, oltre che dalle fake news diffuse in rete secondo le quali il latte sarebbe dannoso perché è un alimento destinato all’accrescimento di cui solo l’uomo, tra gli animali, si ciba per tutta la vita. In realtà il latte di mucca, capra o pecora rientra da migliaia di anni nella dieta umana, al punto che il genoma si è modificato per consentire anche in età adulta la produzione dell’enzima deputato a scindere il lattosio, lo zucchero del latte.

“Ognuno è libero fare le proprie scelte e bere ciò che preferisce – conclude Prandini -, ma è giusto che l’informazione sia chiara e completa”.

Ed ora è aperta la caccia al nome: come chiamerete il fu latte di soia?

[Immagini: Tefal By Your SideDireDonna]