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Lecce. Il Pizzicotto, perché la pizza al taglio è arte in Salento

sabato, 17 Marzo 2018 di

Mordendo le gaudenti farciture del Pizzicotto di Lecce, pizza in teglia alla romana, per molti il numero uno assoluto del Salento, inizio a domandarmi cosa stia tentando di dirmi con quegli abbinamenti semplicemente divini il pizzaiolo, che immagino essere un po’ comunicatore, un po’ charcutier.

Perché il cibo comunica chi sei, lo dice anche Gennaro Esposito, chef due stelle Michelin alla Torre del Saracino. E qui c’è un messaggio importante, lo sento. Cerco l’incontro con Stefano Mele, proprietario e pizzaiolo, e non resto delusa. Stefano ha una storia. Una di quelle a strati.

Che inizia da una laurea in comunicazione a La Sapienza di Roma e da noiose offerte di lavoro nel settore dei media, tanto noiose da fargli prendere un aereo per Bruxelles. È il 2007, Stefano cerca stimoli creativi e gli viene offerto un posto di aiuto-pizzaiolo nel secondo locale in apertura di Mamma Roma, brand di pizza al taglio alla romana che in quel momento a Bruxelles sta sbancando e oggi, per inciso, sfoggia 6 punti vendita nella capitale belga e 6 in Francia. Aspira al mondo della comunicazione ed entra in cucina, Stefano che non si nega alla sorte.

L’aspirante comunicatore si immerge nelle farine, nei segreti delle lunghe lievitazioni e dell’idratazione perfetta, nei passaggi tecnici, nelle scelte di qualità delle materie prime che fanno la differenza tra pizza e Pizza. Scopre talento e passione. E un modo di comunicare.

Tanto che solo un anno dopo, nel 2008, lascia Bruxelles per Parigi, ingaggiato come pizzaiolo-capo e formatore per aprire il primo locale di pizza alla romana di tale monsieur Papillon, uno che lavora nel campo dell’editoria (annoiato anche lui?) ma che dopo un viaggio a Roma risulta folgorato sulla via di Damasco del business gastronomico e ha intuito le potenzialità della pizza in teglia, che a Parigi manca. Il locale che avvia Stefano per Papillon e soci si chiamerà Al Taglio e già nel 2009 vincerà il premio Le Fooding – sorta di omologa francese della guida Michelin – nella categoria Best Little Luxury, come dire “la pizza in teglia è un piccolo lusso quotidiano”.

Tra le mani due start-up entrambe di successo, soddisfatto del suo mirabolante mini grand-tour d’oltralpe, Stefano rientra a Lecce e apre il suo primo locale. Ha chiaro che comunicatore sarà d’ora in poi. E infatti il resto della storia si ascolta sotto i denti.

Cominciamo dall’impasto. Con l’obiettivo di una focaccia croccante sotto e con alveolatura generosa, è preparato con farina di grano tenero, semola rimacinata di grano duro, farina di soia, olio evo, con idratazione di base al 80% che può leggermente variare solo se l’imponente scirocco salentino comanda, e una maturazione fino a 48 ore, con lievito di birra e un’aggiunta minima di pasta di riporto solo per una questione di acidità al gusto.

Passiamo alla qualità delle farciture. Il Pizzicotto propone oltre 40 combinazioni che muovono da una selezione accurata delle materie prime, siano esse prodotti dop, eccellenze locali o territoriali, a marchio o semplicemente reperite in masseria. Grande conoscenza e rispetto dei tempi di cottura o non cottura degli ingredienti è l’altro elemento di successo espresso nei doppi tempi di farcitura, come vedremo.

Fa parte della storia che le materie prime eccellenti – davvero abbondanti sulle pizze – si addentino a prezzi da welfare. Una scelta precisa anche questa. Il rapporto qualità/prezzo sempre superiore ad uno.

Perché il Pizzicotto è anche la storia di come si possa fare impresa in modo etico. Con 10 dipendenti a tempo indeterminato e già 4 maternità (finora) condivise dall’azienda. Stefano parla chiaro: non ha voluto che nessuno si sentisse precario, con contratti magari meno onerosi per lui (e un maggior utile) ma sfiducianti per lo staff. È bastato partire da un ragionamento così semplice per far sì che due piccoli locali, uno nel centro storico barocco e l’altro appena fuori le mura nel bazar dello shopping, facessero bene a tante persone. Le dieci che ci lavorano, gli svariati fornitori, la moltitudine che addenta queste squisitezze… Più vuoi mettere l’ulteriore impalpabile indotto di positività? Che qui la p di Pil sta per Pizza, altroché.

Andiamo all’assaggio.

1. Pizza Marinara

Partiamo dalla più semplice, per de-ontologia della pizza. La marinara (10,40 € al kg), oggetto di irrisolto dibattito nazionale su originalità e univocità della ricetta. Questa non c’entra con la pizza napoletana, Mele si ispira più alla rianata trapanese, dice lui; comunque, dico io, pur diversa da entrambe è semplicemente squisita. Va in cottura solo con salsa di pomodoro (scelta senza conservanti, addensanti, acido citrico), il trito è aggiunto a crudo: olio evo, peperoncino, aglio, origano macerati più abbondante prezzemolo tritato rigorosamente a mano. Il prezzemolo è un po’ il passepartout del Pizzicotto, lo ritroviamo spessissimo e sempre nel sito giusto.

2. Pizza con la mortadella

Un classico della fame. Farcita con mortadella ai pistacchi e treccia di mozzarella sfilacciata, prezzemolo e gocce di olio evo, questa squisitezza va in cottura solo con sale e olio, il resto è a crudo.

3. Pizza ai 4 formaggi

Una grande passione per i latticini alla base della serie di Quattro Formaggi Scomposta che asseconda la stagionalità. L’abbiamo assaggiata con i cardoncelli (cotti in forno e tirati con l’eccellente birra artigianale Malatesta) e con gocce di miele e noci. Caprino, ricotta di misto pecora, asiago dop e fior di latte locale sono lo zoccolo cremoso di questa pizza e sono aggiunti a crudo per evitare che friggendo alle alte temperature del forno perdano qualità organolettiche e fragranza, anche in previsione di un lieve passaggio in forno al momento della degustazione.

4. Pizza con il ciauscolo

Ciauscolo Salvatori di Norcia in una doppia focaccia, impastato con la crescenza, condito con peperoni e rucola. Gusto deciso.

5. Pizza con il Capocollo Ubriaco

Non discutiamo nemmeno se lambisca o meno il territorio del gourmet la scelta di un ingrediente pregiato come il Capocollo Ubriaco Mocavero (16 €), eccellenza locale. Sappiamo però che marca la differenza tra pizza tanto per dire e pizza autentico food. Accompagna il capocollo del radicchio trevigiano marinato da crudo che in cottura conserva la callosità. Due sapori protagonisti che però non risultano antagonisti ma complici, merito forse del prezzemolo che rinfresca, anche qui abbondante. 10 e lode.

6. Pizza con i carciofi alla romana

Se pensi a una cena su un impasto croccante, eccoti la Carciofi alla Romana (13, 50 € al kg). Carciofi varietà cimarolo, il romanesco Igp, lardo speziato alle erbe, pecorino romano dop a scaglie, mozzarella e rucola. Saporitissima e di grande equilibrio. Stupenda.

7. Pizza con il Suillus al Negroamaro

Suillus al Negroamaro (16 € al kg) è un altro prodotto dell’eccellente marchio salentino Mocavero, diciamo un’interpretazione della porchetta in Valle della Cupa. Qui è proposto in abbinamento al pomodoro secco sott’olio, con stracciatella di latte vaccino e songino, tutto a crudo. Sapore spettacolare.

8. Pizza con il tartufo

Il tartufo sott’olio è ridotto in crema in un fondo di formaggi delicati. Patate a fette di 2 mm, alleggerite dell’amido durante la preparazione, vanno in cottura sulla focaccia insieme alla mozzarella. La crema e l’abbondante prezzemolo intervengono a crudo. Onirica.

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Il Pizzicotto. Via Zanardelli, 48. Lecce. Tel. +39 347 2903586

Il Pizzicotto. Via degli Ammirati, 14D. Lecce. Tel. 0832 1694642

[Testo: Simona Schiano Di Coscia. Immagini: Simona Schiano Di Coscia, Facebook]