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Milano. I baozi di BaoZi in Paolo Sarpi per i golosi di cucina cinese

venerdì, 21 Giugno 2019 di

Il nuovo BaoZi è uno dei tanti monolocali monoprodotto su strada nati qui in Sarpi e altrove a Milano sulla scia del successo della Ravioleria.

Il locale è una sola grande cucina a vista, mezzo metro per i clienti davanti al bancone, un piccolo menu esposto vicino alla cassa.

Solo bao, anzi baozi (i bao sono quelli aperti, in realtà: li ho sempre confusi…) a leggere il menu. Lo dice il nome del locale. Compaiono sul bancone anche altre proposte, come la zuppa con spaghetti di soia e manzo a 2,50 €.

Prezzo basso, direi. Come quelli dei baozi:

• baozi vuoto, 1 €
• baozi ripieno di maiale, 1,50 €
• baozi ripieno di funghi e verdure, 1,50 €
• baozi “osmanto” con pasta di fagioli, 1,50 €
• baozi ripieno con patate e manzo, 2 €
• baozi ripieno di verdure in salamoia e carne, 2 €

Tutto bene, quindi, i bao/baozi/ravioli sono una delle nuove mode del mangiare alla cinese a Milano. Penso non abbiano già più bisogno di spieghe: i baozi, e i bao, sono dei panini cotti al vapore, ripieni, morbidissimi. Già la Ravioleria aveva aperto una succursale a due vetrine di distanza, Al 25, con baozi e poche altre cose. E quindi andiamo ad assaggiare anche i baozi di BaoZi.

Ci sono stato due volte, a metà pomeriggio, intenzionato a fare merenda (sì, lo so, tradizionalmente in Cina si mangiano a colazione o ai pasti). Arrivo, scelgo, ordino: no, quelli che voglio io non ci sono.  Ne scelgo altri? Sì, cioè no. Il problema è che comunicare con il personale, sorridente peraltro, è complicato: il loro italiano è piuttosto stentato. Entrambe le volte mi è stato fatto capire che era disponibile solo quello con manzo e patate. Risposta datami dopo una serie di consultazioni con la cucina, ovvero lo spazio dietro il bancone, rigorosamente in cinese.

La prima volta ne ho presi due, e me li sono mangiati – rigorosamente per strada, a me piace lo street food. Ed erano anche buoni, non saprei dire del panino in sé, che peraltro non mi è dispiaciuto – niente male il ripieno di manzo e patate.

La seconda volta non li ho presi, dicendo che li avevo già assaggiati, e che volevo cambiare gusti (ma non sono sicuro che la ragazza al banco abbia capito), e ho provato a chiedere se gli altri in carta sarebbero stati disponibili magari in serata – sorrisi, scuotimenti di testa, diciamo dialogo intuitivo: ho salutato cordialmente e me ne sono andato.

Allora. A parte il mio racconto leggermente “caricato” nei toni, l’impressione è che veramente il personale non avesse una gran dimestichezza con la lingua italiana. Poco male, ovvio, ci si intende anche così, specie con il cibo; e sono anche disposto a concedere tutte le attenuanti del caso, figuriamoci (magari la commessa poliglotta era in pausa tutte e due le volte), anche perché erano tutti carini e sorridenti. Ma uno dei lati positivi della “nuova” Paolo Sarpi era proprio l’occidentalizzazione dei rapporti: personale che parla un italiano da buono a ottimo (Agie, il raviolatore-imprenditore della Ravioleria, è un bocconiano, e ha una parlantina tutta milanese), appunto gentile e sorridente, locali dall’aria moderna, menu leggibili anche da chi non conosce il cinese. E, soprattutto e più importante, la capacità di comunicare che il tal prodotto non è disponibile per questo o quel motivo, che ci sarà più tardi, o domani, o non vuoi provare quest’altra cosa?

Ecco, sembra quasi di assistere a un’inversione di tendenza: stanno ritornando i menu in cinese, con traduzioni italiane in corpo minuscolo, personale a cui devi ordinare indicando i piatti, cose che non sono ovviamente tragiche, ma che ti rovinano un po’ il mood goloso che ti ha spinto da Collo d’Anatra o Beijing Traditional Roll o da Tang, per citare tre posti in Sarpi in cui ho avvertito questa difficoltà di comunicazione. Posti che fanno da mangiare bene, ma che non riesci a capire esattamente proprio a livello di parola.

Ma io non demordo: tornerò da BaoZi finché loro non parleranno italiano – o io cinese. Anche perché ci sono gli altri baozi…

BaoZi. Via Paolo Sarpi. Milano.

Di Emanuele Bonati

"Esco, vedo gente, mangio cose" Lavora nell'editoria da quasi 50 anni. Legge compulsivamente da sessant'anni. Mangia anche da oltre 60 anni – e da una quindicina degusta e racconta quello che mangia, e il perché e il percome, online e non. Tuttavia, verrà ricordato (forse) per aver fatto la foto della pizza di Cracco.