mulino caputo farine per pizza, pane e dolci
ristorante Romanè di Stefano Callegari fettuccine

Romanè: il ristorante di Stefano Callegari mette al bando la carbonara

La recensione di Romanè era d'obbligo farla, dopo averne segnalato l'apertura. Ma Stefano Callegari è davvero bravo a forno spento?
mercoledì, 03 Novembre 2021 di

Stefano Callegari con Romanè ha sdoganato il suo status di pizzaiolo per lanciarsi nella sfida più temuta a Roma, un ristorante romano. Ora caro Stefano sei pronto per la nostra recensione di Romanè?

Inutile parlare ancora della sua storia, perché ve l’avevamo già raccontata e ormai tutti sappiamo che se a Roma dici Callegari è subito profumo di lievito e forno.

Con le ottime premesse di questo progetto non potevamo esimerci dal fargli una visitina. Soprattutto ora, con l’autunno che richiama piatti caldi e sostanziosi e un buon bicchiere di vino.

Romanè, a due passi dal Vaticano

dehors romanè

La zona è quella della Roma bene, accanto al Vaticano e sotto Monte Mario. In quella Roma Nord che anche chi non è romano conosce per gli eterni e folcloristici conflitti con la sorella del sud, oltre Porta Maggiore in pratica.

Il piccolo dehors esterno di Romanè, così come l’ingresso, affaccia su Via Cipro. All’interno la prima cosa che notiamo sono le pareti tappezzate dai piatti del buon ricordo, che Callegari ha tirato su da tutta Italia. Hanno messaggi così belli che ci viene voglia di portarceli a casa.

Comunque bando alle ciance ed al romanticismo, noi siamo venuti qui per capire se Stefano Callegari sappia cucinare oltre che impastare (lo chef ci perdonerà, ma qui abbiamo bisogno di prove a forno spento).

Non ci serve fare un menù degustazione da Romanè, diciamolo. Vogliamo solo sapere se la mano di una delle pizze più buone di Roma (e non solo) sia capace anche di addentrarsi in territorio straniero.

La cena (lo avevamo già deciso) è alla cieca, nessun consiglio e nessuna premessa, siamo degli sconosciuti che mangiano i piatti di uno sconosciuto.

Per noi il cibo è un sacro rituale e non siamo buoni, né comprensivi, nemmeno cattivi certo, ci definiamo giusti.

Lo scandalo di Romanè: sì all’amatriciana, no alla carbonara

Il menu è romano, ma quel romano d’altri tempi, in cui si dà spazio ad alcuni piatti invece che ad altri. Sì all’amatriciana (14 €), no alla carbonara e alla gricia o alla cacio e pepe. Fuori dal cilindro Romanè tira fuori i vermicelli broccolo e pecorino (14 €), le fettuccine al tortellino, che non è un affronto al piatto emiliano, ma un glorioso omaggio (15 €), le fettuccine al sugo di carne (14 €).

Tra i secondi gran trionfo di tradizione, a metà tra la vigilia di Natale, con il baccalà panato (14 €), il giorno di Pasqua con l’arrosto abbacchiato (18 €) e il pranzo della domenica, con il picchiapò, il pollo alla cacciatora e la fettona (mi raccomando non chiamatela mai fettina) panata (14 €).

Più che una polpetta un monumento di bollito

Apriamo subito le danze in grande stile con le polpette di bollito (9 €). Un antipastino diviso in due pensiamo non possa di certo metterci in in imbarazzo, finché non arrivano a tavola in tutta la loro maestosità. La verità è che non andrebbero chiamate polpette, ma polpettone, pallottone, qualsiasi cosa finisca con un suffisso del genere, ma non polpette.

L’imbarazzo iniziale sulla grandezza, e così i nostri buoni propositi di fare fuori metà menu, vengono spazzati via in un attimo. La polpettona è ben fatta, croccantissima fuori e tenerissima dentro, ci verrebbe da dire quasi come il suo “padrone”. Sì, perché Stefano Callegari quando lo vedi sembra un omone, poi ti sorride, ti parla e lì viene fuori il suo animo ancora un po’ da bambino, che insegue sogni con mestoli e padelle. Il ripieno è con lesso di manzo, mortadella, parmigiano e noce moscata. La salsa di accompagnamento è una salsa verde che ci riporta, volendo, anche verso sapori più nordici.

Da Romanè a casa di nonna è un attimo

Dirigendoci verso i primi decidiamo di scegliere una via di mezzo e ci lanciamo sulle fettuccine al sugo di carne, dove per carne si intende salsiccia, polpetta e involtino. Nel nuovo menu di romanè, cambiato proprio in questi giorni, la polpetta e l’involtino sono sostituiti dalle spuntature di maiale. Non ci faremo di certo pregare per riassaggiarle. Le fettuccine sono quelle grossolane, che tra le dite della nonna rimanevano poco, prima di essere buttate nell’acqua bollente. Il sugo sembra proprio quello con cui ti svegli la domenica mattina, quando le pentole bollenti in cucina annunciano la festa del pranzo. Sia chiaro, questa non è una romanticheria, è proprio quello che riaffiora nei nostri ricordi boccone dopo boccone.

I menu degustazione

In carta abbiamo anche due menu degustazione, di cui adoriamo i nomi e le loro accezioni.

Evergreen, da 35 €, con polpette di bollito, fettuccine al tortellino, pollo alla cacciatora, patate fritte e ricotta e visciole.

Onlygreen, sempre da 35 €, con murge inverse (polpettine di fave), spaghettoni all’Elorina, uovo in trippa, patate fritte e ricotta e visciole. Un menu ovviamente vegetariano ma non vegano.

Un applauso va sicuramente al PastoRionale, il menu pranzo dei giorni feriali, quello dei lavoratori insomma. Con 15 € riempiamo la nostra pausa pranzo con un primo a scelta tra le fettuccine al sugo di carne o gli spaghettoni all’Elorina, un ortaggio (fagioli all’uccelletto o cicoria ripassata), acqua e caffè. Se volete un bicchiere di vino (perché va bene che è una pausa pranzo, ma anche questa deve avere la sua dignità), potete aggiungere qualcosina.

Da Romanè si beve pure

C’è una cosa che ci piace fare la prima volta che andiamo a provare un locale tipico: prendere il vino della casa. È un gesto da coraggiosi lo sappiamo, ma è una delle parti amare del nostro lavoro. Il rosso che assaggiamo non è affatto male, proviene dalla Fattoria Di Caspri nell’aretino ed è un vino biodinamico. Stefano ci ha fatto provare anche il bianco, che invece non ci è sembrato granché. Esiste tuttavia una carta dei vini ben articolata, con etichette italiane e francesi e l’attenzione fanatica ai vini naturali. Udite udite, per gli amanti delle bollicine abbiamo anche bolle italiane e champagne. La prossima volta chiederemo anche di fare una sciabolata.

Dulcis in fundo da Romanè

Sui dolci ci allarghiamo e ne assaggiamo due, le ciambelline con vino dolce (5 €), che fanno sempre la loro sporca figura, e il tiramisù (5 €). Sul tiramisù, noi che siamo già tradizionalisti e ve lo avevamo anche detto, abbiamo le nostre riserve. Preferiamo sempre i savoiardi ai pavesini, ma questa volta ci siamo scontrati addirittura con i Gentilini. Ognuno ha i suoi gusti per carità, ma se loro un po’ lo sono, non noi possiamo essere altrettanto gentili con questa scelta. Tuttavia è un giudizio che fonde un po’ di personale con un po’ di tradizionale. Un buono ma senza lode per il tiramisù di Romanè.

Una menzione va fatta infine ad Andrea Ciabak e Riccardo Toresi, che in cucina portano la giovinezza di chi non ha nemmeno visto (per intenderci) i mondiali del 1990. Chapeau.

Se dobbiamo ce ne andiamo, ma non finisce qui

Usciamo dal ristorante con un conto onesto in tasca e la giusta consapevolezza che in cucina tutto è lecito, ma la tradizione rimane sacra e non ha bisogno di troppe spiegazioni. Stefano Callegari è riuscito a farci capire che se da panificatore aveva e ha qualcosa da dire, da ristoratore può regalarci lunghissimi momenti di affascinanti discorsi.

Noi, per conto nostro, la recensione di Romanè l’abbiamo fatta, ora ogni tanto toccherà tornarci che, si sa, di certe cose non ci si stanca mai.

Ristorante Romanè. Via Cipro, 106. Roma. Tel. +393407845281