Ristorante Gagini a Palermo, com’è la cucina del nuovo chef

La domanda è sempre la stessa, fondamentale e immutata quando si parla di alta ristorazione. Anche qui, al ristorante Gagini a Palermo: al ristorante, comanda il cuoco o l’ingrediente?
Sta al cuoco impostare, raccontare , narrare e divertire attraverso le sue tecniche, l’insegnamento dei suoi maestri, il suo carattere e il suo “manico”?
O è invece l’ingrediente che comanda, il mercato, la pescheria, l’orto. Insomma, il territorio?
È nella risposta a questo dubbio che si nasconde la fortuna di una proposta gastronomica, il suo carattere e la sua declinazione.
Non vi nascondo che non ho una risposta precisa a questo dubbio. L’unica risposta che ho trovato è “dipende”.
Dipende da quale territorio, da quale storia, da quali ricette e da quali materie prime. Ma anche da chi, come e perché.

Palermo.
Grandissima, meravigliosa città.
Grandissima cucina tradizionale.
Grandissimi ingredienti.
Vien quasi paura a maneggiarli, tagliarli, cucinarli, prepararli. Ed impiattarli.
Soprattutto se tu un cuoco siciliano non sei, e se non sei cresciuto tra tenerumi, scacce, Norme e paste con le sarde.
Chi è lo chef

E questo è il caso del protagonista del mio racconto di oggi: chef Marco Massaia, Torinese, classe 1987, laureato in Giurisprudenza. Un quasi avvocato in cucina. Un laureato che, dopo alcune esperienze gastronomiche tra Torino e Milano, lascia tutto e se ne va all’estero.
E ritorna, atterrando nel punto opposto della Penisola da quello da cui era partito.
È Franco Virga a cercarlo, quel Virga che qui e Palermo, oltre al ristorante Gagini, ha aperto locali di grande successo, come AJA Mola, Buatta, Bocum e Libertà, dopo un lungo passato tra i marchi della moda e del lusso.
E Franco ha naso. Naso e palato, direi.

Perché Massaia si sta già, dopo pochissimi mesi, meravigliosamente destreggiando ai fornelli proprio del Gagini. Il ristorante che fu in mano a Mauricio Zillo che lo portò a conquistare una stella Michelin.
Bene, ma ora la strada è differente, interessante, intrigante.
Non è banale la cucina di Massaia. Nessun piatto è scontato.
La reinterpretazione della Sicilia gastronomica sta prendendo forma, piano piano in questi mesi e più nell’utilizzo di pescato, verdura, frutta e carni dell’isola. Ma riviste secondo canoni non tradizionali, in formulazioni innovative e piacevoli, che mai stravolgono l’ingrediente. Anzi spesso aggiungono alla preparazione quel tocco di alterità dato dal fatto di non essere un cuciniere autoctono.

E questa mescola è piacevole, a tratti spiazzante e sempre innovativa, senza mai diventare disturbante per l’ingrediente e il commensale.
È veramente interessante, Gagini a Palermo: è la gastronomica vista da fuori. Cucina nuova, diversa, che colpisce nel segno.
Ma, al tempo stesso, lo fa con grandissimo rispetto, sia per i palati cittadini (che finalmente hanno nuovamente un’alternativa) che per i turisti a volte stanchi di troppi giorni di tradizione in cucina.
Cosa abbiamo assaggiato al ristorante Gagini a Palermo

Amuse bouche, “Pane cunzato”. Grande tradizione di “fast food” alla siciliana. Completamente trasformato. Pasta cresciuta accompagnata da composta di datterini al forno, spuma di ragusano “floridia” con polvere di foglie di arancio e origano secco. Divertente e piacevole, con la prima bollicina.

Poi, Mammola alla giudia, macco di fave, ricci di mare, salsa verde di erbe spontanee e mandorle. E qui già cominciamo a fare sul serio. Un piccolo, meraviglioso scrigno di carciofo esaltato nel gusto da una spinta di riccio e con la dolcezza delle mandorle. Grande boccone !

E a seguire, lattume di tonno in agrodolce, olio di maggiorana, aglio e limone. Mare, mare e ancora mare. Solo il lattume (e forse le ostriche) ti fanno sentire le onde salate in bocca.

Carpaccio di cuore alla brace, umeboshi, gelsi fermentati e nocciole di Tortorici. Piatto apparentemente non facile la palato, in realtà di grande piacevole rotondità.

Ed ecco testa di gambero rosso in tempura, riduzione di kumquat e pepe sansho. Via! In un solo boccone!

E arriva ora uno spiedo di polpo laccato alla melassa di carruba, insalata di carote di Ispica, mandorle verdi e nasturzio. Forse la portata che mi ha stupito di più. Pulita, apparentemente semplicissima in realtà di gusto complesso, caratterizzato dalla apparenza dolce della melassa di carruba che “glassa” le fettine di polpo alo spiedo.
I tortellini che stupiscono

E, altro piatto da ricordare, il tortellino ripieno di midollo, crudo di gambero rosso, salsa ponzu al jus di pollo, finocchio di mare e emulsione di erbe costiere. Un azzardo, considerato che il midollo può risultare di gusto troppo “ forte” per alcuni. In realtà un azzardo pienamente vinto: buonissimo.

Segue un merluzzo cotto sulla pelle, estrazione di datterini, sardella e origano fresco. E qui la “botta” della sardella, con la Calabria che viene ad accoppiarsi ala Sicilia, crea un binomio di piccante suadente bontà.

Conclude il percorso un maiale dei Nebrodi in 3 servizi: guancia in cottura lenta, salsa tahini, puntarelle e cotenna soffiata. Un mangia e bevi di lingua. E un sandwich di costine disossate. Gran finale.
È già vincente, la cucina di Massaia. Intrigante e interessante, gustosa e buona, alternativa senza essere eccessiva o sconvolgente
È da provare, la cucina di Marco.
Decisamente un indirizzo da segnarsi, il Gagini, a Palermo, la risposta positiva e spiazzante di un cuoco piemontese alla domanda di innovazione nella cucina di territorio, in Sicilia.
Provatela e mi direte.
Quanto costa il ristorante Gagini a Palermo

Tre i menu degustazione previsti. 4 portate a 85 € (abbinamento vini a 40 €), 7 portate a 105 € (vini a 60 €), 9 portate a 135 € (abbinamento vini a 80 €).
La carta prevede la possibilità di scegliere due portate tra un antipasto e un primo o un secondo a 75 €.
Oppure un pasto completo con tre portate a scelta (un antipasto, un primo o un secondo, un dessert) a 85 €.
Il ristorante Gagini a Palermo quando c’era lo chef Mauricio Zillo (febbraio 2022)

Il ristorante Gagini è l’unica stella Michelin a Palermo. Un tempo laboratorio dello scultore Antonello Gagini, lo trovate incastonato tra antiche mura.
Lo guida lo chef Mauricio Zillo che celebra con i suoi piatti i sapori e gli ingredienti della Sicilia.
La stella Michelin è il sogno che si realizza per lo chef Mauricio Zillo e per i ristoratori palermitani Franco Virga e Stefania Milano. Quest’anno festeggiano 10 anni di grande lavoro in splendida sinergia.
“Il percorso intrapreso dieci anni fa non senza difficoltà e paure sembra quindi essere quello giusto e questo ci inorgoglisce. Oltre alla cucina di Mauricio, è stata forse premiata la nostra costanza. Insieme alla lungimiranza di avere investito in tempi non sospetti su un luogo defilato, definito poco affidabile dai più”. Così Franco Virga e Stefania Milano.
Il progetto del ristorante Gagini è un work in progress, senza soste, in costante monitoraggio del mondo e delle sue influenze. Poco più di un anno fa hanno coinvolto Mauricio Zillo convinti che nessuno meglio di lui avrebbe saputo capire e interpretare la Sicilia. Quella dei prodotti di qualità, artigianali, unici e dalle mille declinazioni che di questi si possono fare combinandoli con sensibilità, estro e spregiudicatezza. Il risultato, che per anni è stato perseguito, è una cucina autenticamente siciliana, figlia delle dominazioni e delle influenze, della multiculturalità e dell’accoglienza. Una cucina che ha saputo fondere sapori ancestrali e forme contemporanee.
Chi è Maurizio Zillo, chef del ristorante Gagini a Palermo

Classe 1980, Mauricio Zillo, brasiliano “con l’anima napoletana”, famiglia italiana e passaporto pure, arriva in Italia nel 2011. Sbarca a Milano, dopo esperienze con Santi Santamaria, al DOM di Alex Atala e da Alain Ducasse a Parigi. È Al Pont De Ferr accanto a Matias Perdomo, prima, e come chef del Rebelot poi. Dichiara subito il suo amore per l’Italia, la cucina e i prodotti. Innamoramento che si porta dietro anche a Parigi, nel suo ristorante A Mere, una scheggia di sud del mondo nel XII° Arrondissement. Seguono una breve parentesi spagnola e un anno erratico in giro per le cucine del pianeta. Prima di riapprodare in Italia, questa volta in Sicilia, al ristorante Gagini, nel 2020. Qui mescola con disinvoltura culture e linguaggi internazionali a una sicilianità autentica.
Spiegare l’arrivo di Mauricio Zillo al ristorante Gagini e cosa ha comportato significa spiegare la storia della Sicilia e di Palermo. La Panormus, la città “tutto porto” che accoglie il nuovo e il diverso e lo integra. Lo chef brasiliano arriva in città in piena pandemia da Covid. E coglie il grande potenziale dei mercati cittadini, la disponibilità pressoché infinita di biodiversità alimentare, i colori e i suoni, i profumi e i gesti. E trasforma tutto in un linguaggio che non ha pari in altre realtà similari locali, ma che di queste comunque si nutre facendosene suggestionare.

La splendida cucina a vista del ristorante Gagini rende partecipe il commensale di ogni preparazione con un’accoglienza in sala scandita da un codice dell’ospitalità caldo e professionale.
Menu e prezzi del ristorante Gagini a Palermo

Al tavolo è possibile scegliere tra il menu degustazione da 6 portate da 110 €. C’è anche il menu chef da 8 portate con piatti a sorpresa scelti dallo chef a 135 €. E le proposte à la carte.
Iniziamo con il benvenuto dello chef. È un consommé di pollo con ricotta salata, il paninetto palermitano, ed un cracker di farina di ceci con cuore di marmellata di zucchina e cavolicelli essiccati. Colori, saporosità e fragranze sono il preludio di un’esperienza che mescola creatività dello chef con le sue esperienze di viaggio.

I lievitati al ristorante Gagini sono curati dalla chef boulanger Melania Guarneri. Ci propone dei crostini a base di pomodoro secco realizzati secondo un’antica ricetta agrigentina utilizzata per omaggiare la dea Atena. La pagnotta è realizzata con l’antico frumento siciliano Bidì e sul carrello dei lievitati c’è il classico pane palermitano arricchito da semi di anice.


Ad accompagnare due oli extravergine d’oliva siciliani. Il primo di Castelvetrano, un nocellara profumato e piccante dell’azienda Magnus Siculus. Il secondo un olio DOP Monti Iblei da 100% tonda iblea dell’azienda Viragi.

Il calamaro confit ha alla base il suo nero, cavolo trunzu di Aci, cedro liscio e granita di pesca di Leonforte. Fresco e delicato, ha note agrumate che esaltano la combinazione tra la componente iodata e la dolcezza della pesca che profuma ed accarezza.

Il carpaccio da vacca vecchia di “Allevabio”, carciofo di Menfi e sommacco del palermitano propone note erbacee. L’amaro della cicoria, la freschezza della menta e l’acre del sommacco. Un giardino mediterraneo in cui lo chef trasforma la semplice ricchezza degli ingredienti del territorio in sapori singolari ed inattesi.
La zuppa di legumi e il pesce

La zuppa ai cinque legumi di Ustica, funghi di Ferla, mascarpone alla masculina da magghia e tartufo è un piatto che racconta le tradizioni dell’isola. Alla base macco di fave e poi cicerchia, ceci, lenticchie di Ustica, quenelle di mascarpone lavorato alla masculina da magghia. Si tratta di alici pescate attraverso reti menaidi che hanno maglie di un centimetro di lato e sono lunghe circa 300 metri. A completare, una spolverata di tartufo. Gusto ricco e complesso, con note sapide che incuriosiscono il palato ed invitano al secondo assaggio.

Ed ecco la lampuga, verza, broccolo, noci ed emulsione di vongole e olive Nocellara del Belice. È un piatto del ristorante Gagini da gustare dal basso verso l’alto. Un crescendo di nitidi sentori dalla spinta sapida dell’emulsione di vongole.

Pollo di campagna, barbabietola, bergamotto del messinese ed aringa affumicata. Un piatto dalla forte complessità, tra note piccanti in chiusura all’assaggio e l’interessante consistenza della carne cotta magistralmente.

Chiude il percorso al ristorante Gagini il dessert Isola Pantesca. Un gelato al cappero, terriccio al cioccolato e fior di sale, caramello salato. Bella la vivacità cromatica e buoni i contrappunti gustativi.
[Adele Pupella]