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30 Agosto 2011 Aggiornato il 2 Luglio 2014 alle ore 21:44

MAD FoodCamp 2 | Il futuro del cibo è già qui

Un pallido sole risplende al Mad FoodCamp la mattina della seconda e conclusiva giornata di lavori. Se le scarpe dei visitatori non sono ancora in salvo
MAD FoodCamp 2 | Il futuro del cibo è già qui

Un pallido sole risplende al Mad FoodCamp la mattina della seconda e conclusiva giornata di lavori. Se le scarpe dei visitatori non sono ancora in salvo dalla fanghiglia, il prato e l’allestimento predisposto per l’evento brillano sotto i raggi del tanto agognato sole.

Arrivo la mattina di buon’ora ed il FoodCamp è già invaso dai moltissimi visitatori: anche oggi vedo numerose famiglie, squadre di bambini impegnatissimi a giocare e mangiare e tanti ragazzi accorsi per scoprire ed imparare il valore sociale e culturale che il cibo e l’ecologia possono avere.

Visto che oggi il tempo lo consente, voglio indugiare quanto più possibile tra i vari spazi che compongono il Festival, voglio capire chi sono quegli espositori, cosa ne pensano del Mad FoodCamp e delle tematiche che qui vengono con tanta forza sollevate. Voglio trovare spunti o idee che possano essere trasferite in Italia.

Fuori il tendone del Symposium incontro il vulcanico David Chang, chef e proprietario del piccolo impero gourmet che a Manhattan prende il nome di Momofuku. Lo fermo per scambiare qualche battuta prima che svolga il suo intervento. Chang si dice eccitatissimo di essere presente alla prima edizione di questo convegno voluto da Redzepi e pronto a condividere con tutti i convenuti idee e punti di vista; ritiene che proprio gli addetti ai lavori, chef ed agricoltori prima di tutti, possano essere il traino per una nuova era dell’alimentazione basata su rispetto della natura, territorialità e qualità del cibo. Alla domanda su come trasferire tutto ciò a New York, che certo non dispone degli ampi spazi verdi danesi, sorridendo mi risponde che questa è la sua sfida e questo uno dei temi principali per cui si trova qui.

Proseguo nella mia passeggiata alla ricerca di spunti ed idee. Una tenda riporta la scritta Madkulturens (cultura alimentare) e incuriosito mi avvicino: i ragazzi che servono assaggi di birre e formaggi artigianali mi raccontano di essere un’associazione di volontariato che ha la finalità di sensibilizzare sui temi dell’alimentazione di qualità ed ecologica; distribuiscono un questionario su cui cerchiare le parole che chi lo compila associa all’alimentazione (ecologia, cucina della mamma, qualità,…) così da profilare l’approccio che i cittadini hanno con il cibo. Oltre all’aspetto di ricerca statistica il gruppo, qui al Mad FoodCamp ma non solo, promuove anche gruppi di lavoro organizzati intorno ad un tavolo da pranzo: mangiando vengono stimolate discussioni orientate a far nascere una coscienza alimentare basata su cibo tanto di qualità quanto eticamente corretto, in altre parole educazione alimentare ed etica. Bella idea.

Rimanendo in tema di alimentazione di qualità e sostenibile come foriera di benessere ed arricchimento culturale, conosco la fondazione KBH Madhus mista pubblico-privato: la fondazione eroga, attraverso 40 dipendenti, la consulenza necessaria per introdurre qualità e attenzione per le materie prime in tutte le mense pubbliche di Copenaghen, dalle scuole agli ospedali. KBH Madhus oltre ad affiancare quotidianamente i cuochi per quanto riguarda ricette e gestione della cucina, punta anche ad incrementare proattivamente il ricorso al biologico con il risultato di aver raggiunto, nel 2011, il traguardo del 75% di materie prime bio sui 60.000 pasti serviti da circa 900 cucine e puntando all’obiettivo del 90% entro il 2015. Questo è il risultato di quando pubblico e privato si uniscono per cercare e sfruttare sinergie mirate ad un obiettivo comune, in questo caso quello del benessere e dell’educazione alimentare fruibile da tutti.

Più o meno al centro del FoodCamp, tra bellissime opere d’arte di frutta e ortaggi, c’è uno dei ragazzi di Bybi che tiene un piccolo seminario: Bybi mira a sfruttare i benefici ambientali, sociali ed economici dell’apicoltura sostenibile e la produzione di miele a Copenaghen. Costruiscono alveari, portando così le api in città, in modo da informare i cittadini su come prendersi cura dell’ambiente prendendosi cura delle api: seminari nelle scuole per sensibilizzare i bambini e collaboratori homeless sono le chiavi di volta di questa associazione no profit, che propone ad enti pubblici ed aziende di mettere a disposizione spazi per gli alveari ottenendo in cambio i prodotti da apicoltura (diversi hotel hanno già aderito all’iniziativa ottenendo così il miele per i propri ospiti).

Al Mad FoodCamp c’è anche chi insegna come cucinare sul fuoco allestendo piccole classi di cucina che iniziano con la scelta delle materie prime tra i vari produttori presenti, passando poi per l’insegnamento delle tecniche di taglio e finendo con la degustazione di quanto cucinato nelle padelle di ferro posate direttamente sul fuoco.

Nello spazio dedicato al fieno i bambini giocano forsennatamente tra le balle di fieno mentre una ragazza insegna a distinguerne le varie tipologie ed invita a comprare per 10 corone (circa un euro) il migliore fieno per imbottire i cuscini in modo decisamente più ecosostenibile delle varie imbottiture sintetitiche; forse una esagerazione ma comunque un segnale da cogliere.

La mia giornata termina ipnotizzato dal laboratorio del pane dove osservo la molitura del grano, la preparazione dell’impasto con lievito ottenuto dalla fermentazione di fiori e frutti, quindi la formatura delle pagnotte e la loro conseguente cottura con l’aria che si profuma di genuinità.

Risalendo sull’autobus n.40, gremito di visitatori, mi domando quale sia la lezione imparata in questa giornata e con una certa rabbia mi chiedo perchè in Italia non siano presenti iniziative encomiabili come quelle scoperte oggi; forse è giunto il momento di mobilitarsi attivamente nella direzione dell’alimentazione si di qualità ma anche sostenibile, magari superando il limite di cibi con nome e cognome che a noi gourmet tanto piacciono ma che spesso per arrivare sulle nostre tavole lasciano una brutta impronta ecologica.

Qui il racconto del primo giorno al Mad FoodCamp .

(Big Picture: le foto possono essere ingrandite cliccando sull’immagine)

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