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12 Dicembre 2016

Milano. Com’è Sakeya, il nuovo locale che dice di avere il migliore sake d’Italia

A Milano ci sono tre persone che mi piacciono moltissimo e queste tre persone ora si sono incontrate: la prima volta due si sono sposate, la seconda hanno
Milano. Com’è Sakeya, il nuovo locale che dice di avere il migliore sake d’Italia

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A Milano ci sono tre persone che mi piacciono moltissimo e queste tre persone ora si sono incontrate: la prima volta due si sono sposate, la seconda hanno aperto un locale con la terza e con tanti altri. Insomma con una composizione così, non potrà che esser un gran concerto l’apertura di Sakeya, prima (dicono) cantina di Sake in Italia.

Ecco qualche nota presente su questo spartito: aprirà il 15 dicembre in via Cesare da Sesto 1, circa 10 persone tra sala, cucina e bar, 200 sake e piatti giapponesi ma di quelli che mangiano veramente in Giappone, nessun sushi italianizzato.

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Così sulle griglie di una splendida cucina a vista arderanno carni e anguille, pesci e agnelli e poi zuppe ma anche un po’ di grana. Un incontro tra cucina giapponese e italiana che si rispettano e dialogano, in una rinegoziazione sagace e continua.

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E il locale? Stupendo, arredato con sguardo attento ad ogni minimo dettaglio per ricreare davvero l’atmosfera dei bistrot giapponesi, con piccoli divanetti comodi e vicini.

Ma chi sono queste tre persone? Vi avevamo già raccontato di loro e di un mondo, quello giapponese, dove tutto era sake, perché infatti in Giappone qualsiasi bevanda alcolica viene chiamata così.

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Il primo è Lorenzo Ferraboschi, che a queste bevanda ci ha dedicato una vita, fondatore della Sake Company e poi ideatore di corsi per diventare sommelier del sake.

La seconda è sua moglie Maiko Takashima, un confronto continuo e costante, consigliera di vita e di azione.

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Infine Elena Flaccadori, ex sommelier di Capre e Cavoli, impastata velocemente con 100 g di giornalista, 100 di fotografa e 100 di Ais, un composto omogeneo insomma, che dopo 30 minuti in un forno a 180 gradi è più che pronta per queste tavole.

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I meccanismi del sake hanno ormai agganciato le corde di questo posto e delle persone che gli hanno dato vita, carattere, atmosfera: si è prodotta una doppia azione di intonazione e allora lì non si tratta più di cibo ma di musica. Bere sake, consolarsi dimenticando la realtà e la miseria che ci sta di fronte, non farsi scoraggiare, volgersi interamente alla luna, ai fiori di ciliegio, alle foglie rosse degli alberi. Come una zucca vuota che galleggia sulla corrente dell’acqua.

Sakeya. Via Cesare da Sesto 1, Milano.

[Immagini: iphone Giulia Ubaldi, facebook. Ritratto: Alberto Moro]

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