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Olimpiadi della pizza. I have a Dream Team: il quintetto che vince

Olimpiadi della pizza. La squadra migliore per vincere è formata da Antimo Caputo, Enzo Coccia, Stefano Ferrara, Ciro Salvo, Gino Sorbillo
lunedì, 09 Luglio 2012 di

Non so quanti ricorderanno il quintetto base più forte di tutti i tempi. La squadra americana di basket che alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 sbaragliò il campo imponendosi con un distacco netto, supremo, consacrando due leggendarie copie di cestisti: Stockton-Malone (Utah) e Jordan-Pippen (Chicago).

L’Associazione Verace Pizza Napoletana ha promosso una tre giorni di Olimpiadi per una sfida internazionale che fa da pendant al Campionato Mondiale di recente svolgimento. Negli incontri di pizza cui Scatti di Gusto partecipa o organizza, avevo più volte accarezzato l’idea di schierare un Dream Team, la squadra dei sogni in grado di distanziare in maniera siderale qualsiasi concorrente.

Ci eravamo già andati vicini durante il seminario promosso da Gennaro Esposito alla Festa a Vico con La pizza centimetro per centimetro che aveva messo in campo il meglio del campionato. Ma al termine delle Olimpiadi, dopo la festa e le premiazioni, il Dream Team, il quintetto base, era lì.

Non ho resistito alla tentazione di chiedere un allungamento della serata (ehm, nottata) per improvvisare la prima uscita pubblica della squadra più forte di tutti i tempi secondo Scatti di Gusto. Ed allora eccolo il Dream Team.

Enzo Coccia. Il pionere e l’ambasciatore della pizza gourmet che non vuol dire la pizza strana ma quella di serie A, da Campionato Mondiale o, come si direbbe a Napoli, fatta come Dio comanda. La capacità di esportare la pizza dal cuore di Napoli alle pendici del Vomero e oltre Oceano con risultati immutati. Il portatore di palla in grado di amministrare il gioco e con l’esperienza per far diventare qualsiasi forno una macchina da guerra. Per chi non crede che due pizzerie a 300 metri l’una dall’altra dello stesso pizzaiolo possano rivolgersi a clientele differenti.

Gino Sorbillo. L’estro e la capacità di individuare i prodotti migliori per inventare una nuova pizza. Il massimo del social network, sempre sulla palla qualsiasi evento mente umana possa immaginare, ha convertito anche la Apple a dotarsi di pizzaiolo per rendere la fabbrica del terzo millennio più appetitosa. E’ la macchina da guerra che serve per mettere dentro i tiri da lunga distanza grazie alla performance quotidiana da 1000 pizze al giorno, sei giorni su sette. Per chi non crede che quantità e qualità possano andare insieme.

Ciro Salvo. L’esegeta dell’impasto, l’irrequieto della lievitazione e delle farine. In grado di cambiare stesura alla variazione impercettibile di umidità, poco avvezzo al clamore e fondamentalmente scontroso come un lievito madre non trattato bene, è capace di sfornare l’unica vera Margherita da disciplinare senza lievito di birra. O egualmente con lievito di birra. Per chi ha ancora dubbi se è migliore la pizza con lievito A o lievito B.

Stefano Ferrara. Mister Forno è lui. La potenza è nulla senza controllo e senza un forno studiato da chi è riuscito a rendere “portatile” una bestia di refrattario, sale e pietre varie. Le sue realizzazioni spuntano al di qua e al di là dell’oceano e se un pizzaiolo vuole mettersi alla guida di una Ferrari non ha molte scelte. Geloso custode di una tradizione che si perde nella notte dei tempi, ha il rapporto aureo diametro per altezza della volta come unico metro di giudizio della pizza. Per chi non crede che convezione e irraggiamento siano due facce della migliore pizza.

Antimo Caputo. Diciamolo pure, uno con un nome così lo penseresti riconosciuto al massimo nel quadrante del Ponte dei Granili zona di origine dei mulini napoletani come il toponimo tradisce. I pregiudizi per l’industria (che in questo caso è slow e attenta alla ricerca dei grani migliori come verificato con mano) e per le sponsorizzazioni (anche a SdG) sono venuti meno quando Max Ceccarelli in occasione dell’utilizzo della farina per il Ti racconto una Bufala ha esclamato “Lo sai (censurato), ma questa farina è proprio forte, ti cambia l’impasto”. Per chi non crede che il mugnaio possa andare in giacca e cravatta in 50 e più Paesi a far conoscere la farina napoletana.

Il Dream Team ha utilizzato un impasto più o meno sconosciuto, materiali di risulta (nel senso di quello che era rimasto, non che non erano più che buoni) e ha prodotto una serie di pizze improvvisate con una qualità tale da mettersi alle spalle ennemila esecuzioni di tante, troppe, pizzerie che dicono di sfornare una vera pizza napoletana.

Ora non resta che fissare una data per un evento che vedrà impegnato il Dream Team e completare la panchina azzurra. Voi aggiungereste qualcuno?

Percorso consigliato: pizza.

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.