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Piatti nomi ridicoli Ho trovato una seppia a Capri

15 nomi di piatti tanto spassosi che ordinarli nei ristoranti mi imbarazza

15 piatti dai nomi ridicoli che rendono imbarazzante l’ordinazione nei ristoranti. Quando gli chef vogliono divertire ma ci levano l’appetito
mercoledì, 10 Novembre 2021 di

Convinti di essere spassosi gli chef riempiono i menù dei loro ristoranti di piatti dai nomi ironici. Infliggendo agli inermi frequentatori una dose di imbarazzo non richiesta.

Perché leggere cuochi che s’inventano un gergo imbarazzante, imbarazza per primi noi commensali

Dite la verità, scegliereste senza disagio un piatto che si chiama “Stiamo ancora decidendo che pesce servire!”?

Con l’aggravante di non sapere se vi toccherà in sorte un’orata o una carpa, ma con la certezza che in ogni caso scucirete 110 euro. 

Cose che possono accadere all’Osteria Francescana di Modena, probabilmente il migliore ristorante del mondo

Nomi spiritosi nei menù dei ristoranti: il caposcuola

Massimo Bottura non è nuovo a spericolate invenzioni lessicali. La più famosa risale al 2010: “Oops! Mi è caduta la crostatina al limone”, un dolcetto spiaccicato su un piatto rotto per finta. Il ceto medio riflessivo che vede colpi di genio dietro ogni scelta del cuoco modenese ha letto in quel nome la sua capacità di trarre la bellezza dal caos. Per i devoti il dolce caduto e rovinato è diventato una “splendida sintesi di caso e intenzione”.

Il problema è che Bottura, chef dalla notorietà planetaria e nuovo modello culturale, produce imitatori. E nomi di piatti che nei menù dei ristoranti vorrebbero divertire ma finiscono per essere caricaturali, inadatti o semplicemente abusati. 

Cosa possiamo fare allora, se non raccogliere e fare nostro il grido di dolore lanciato dallo scrittore Camillo Langone sul Foglio? 

15 nomi di piatti spassosi. Tanto che ordinarli nei ristoranti mi mette in imbarazzo

1 – Stiamo ancora decidendo che pesce servire

Nomi piatti ristoranti stiamo ancora decidendo quale pesce servire

Bottura è il caposcuola. Il primato di “Stiamo ancora decidendo che pesce servire!”, piatto del menu “With a little help from my friend” (ehm) servito all’Osteria Francescana, non si batte.

2 – Polpo di fulmine 

Nomi piatti dei ristoranti polpo di fulmine

Stavo prenotando un nuovo e invitante ristorante di Trani quando mi sono imbattuto in un piatto di polpo chiamato “Polpo di fulmine”. Ho cambiato idea. Ma aver scoperto che l’abusato gioco di parole è il nome di un ristorante da poco aperto in provincia di Pesaro ha prodotto una drammatica crisi di rigetto. Mi guarderò bene dal frequentarlo. 

3 – Nomi che vorrebbero essere spassosi nei menù dei ristoranti: Vino/divino

Nomi piatti dei ristoranti: La principessa sul pisello

Non usiamo mai più il calembour vino/divino. Potrebbero arrestarci. Lo abbiamo visto in tutti i post, in tutti i social, in tutte le riviste, in tutti i libri di cucina stampati negli ultimi 30 anni.

Invece cosa si trova scorrendo il menù de “Il lusso della semplicità” (ri-ehm), ristorante di quel burlone di Alessandro Borghese? “Crostatina divina”, 24 €, a sottintendere una crema di zucca insaporita con uva fragola. Mai più vino/divino, davvero! Impegnamoci.

4 e 5 – Ancora e sempre Alessandro Borghese 

In via di principio non ci repelle il contenuto, ma anche la lingua vuole la sua parte. Tra i piatti del menu di Borghese furoreggiano nomi ironici che in altri ristoranti avrebbero portato all’autocensura. 

La creatività ridanciana del cuoco televisivo impone a un piatto di seppie con fior di latte, pomodoro e basilico il nome di “Ho trovato una seppia a Capri”. Pensavate di prenotare un tavolo del suo locale milanese ma ora volete solo chiudervi in casa? Come non capire. 

Quando protagonista del menù diventa il sedano rapa (già avvilente di suo), il piatto prende il nome di “Margherita va in campagna”, 24 €. Poi dice che uno diventa intollerante.

6 e 7 – Nomi pseudo-ironici nei menù dei ristoranti: Il gioco di parole mare/amare

Nomi piatti dei ristoranti parmigiana d’amare

L’orrendo vezzo del più seriale gioco di parole mai incrociato. Che mare/amare possa marcire nell’inferno del letale connubio tra cibo e sfera affettiva. 

Prendano nota Da Vittorio a Brusaporto che impiastriccia le tre stelle Michelin rilucenti sul menu con l’antipasto di pesci e crostacei “Crudo d’Amare”, 60 €. 

Sfugge cosa ci sia di tanto amorevole nell’accoppiata gamberi – melanzane da suggerire allo chef del ristorante Capriccio di Vieste di imporre a una semplice terrina il nome “Parmigiana d’amare”. 

8 e 9 – Ci cascano anche i migliori

Nomi piatti dei ristoranti: agnello fuori di testa

Il virus dei nomi ironici e involontariamente comici nei menù dei ristoranti dilaga a tal punto da contagiare anche i migliori.

Speravo che dall’abuso del frasario faceto si salvassero almeno i miei corregionali Mauro Uliassi e Errico Recanati del ristorante Andreina di Loreto.

Ma il primo, nel menu del suo ristorante tre stelle Michelin, battezza “Agnello fuori di testa”, 55 €, una versione vagamente splatter dell’agnello (testa spaccata a metà cosparsa di lardo, timo, aglio, finocchietto e menta).

Ostrica alla brace

L’altro s’iscrive alla scuola degli emuli di Bottura preferendo “L’ostrica si dà le arie di brace” in luogo del più sobrio “Ostrica alla brace” (quale avreste ordinato con meno imbarazzo?). 

10, 11, 12 – Le trovate terribilmente spiritose di Manna

Vai via dottore: nome dei piatti al ristorante

Solido e genuino, Matteo Fronduti, chef del Manna di Milano, sembra distante dall’idea del cuoco irretito da nomi di piatti stucchevoli nei menù dei ristoranti. 

Come spiegarsi allora le trovate terribilmente spiritose che sfodera in serie? “Vai via dottore” è una tarte tatin con mela e vaniglia, 9€. “Senza Volpe” un dolcetto a base uva. “Ficcatelo in…” invece è un piatto di zucca arrostita. 

13, 14 e 15 – Non si salvano neanche i pizzaioli

Pizza Alice nel paese delle meraviglie

Nel caso non bastassero gli chef da soli, si stanno impegnando a non piacere le nuove vittime dell’emulazione botturiana: i pizzaioli. Già si fatica a digerire gli ingredienti sempre più improbabili che finiscono sopra, ma almeno lasciamo alla pizza il suo puro e genuino nome di battesimo.

Macchè. A Caserta, nel menù de I Masaniell di Francesco Martucci, la pizzeria numero 1 in Italia, una pizza con l’humus di castagne (???) si chiama “Eyes Wide Shut”, 10 €.

Sicuri che la citazione di Stanley Kubrick in pizzeria sia appropriata? Le ghignate continuano con “Alice nel paese delle meraviglie” ovvero un pizza con, indovinate… ma le alici, che diamine. 

Porkaserta

Altro esempio tra mille, Franco Pepe. Che da Pepe in Grani, nella casertana Caiazzo, battezza “Porkaserta” una pizza con la salsiccia stagionata di suino casertano. 

Stavate meditando di cenare in pizzeria prima che il menù spiritoso vi chiudesse lo stomaco? Pentitevi!

[Immagini: Facebook, Scatti di Gusto, Luciano Pignataro, La Confraternita della Pizza]

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