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Pasta e fagioli: la ricetta scientifica spiegata in 5 punti

domenica, 23 Dicembre 2018 di

La pasta e fagioli è un piatto tipico italiano di cui esistono diverse varianti regionali.

La regione di origine è incerta, essendo considerato un piatto tipico della cucina di varie zone: Lazio, Campania, Lombardia, Toscana, e Veneto

Tu prova a raccontare quanto sopra riportato ad un veneto, corroborando la tua affermazione con la convinzione che, senza dubbio alcuno, siamo di fronte all’ennesimo piatto d’origine partenopea con al massimo qualche influsso dal vicino Lazio, come peraltro narra poi Wikipedia, e che relega la regione del nord- est (e non solo) al ruolo di “comune” comprimaria.

Ripeto, tu prova a dirlo ad un tuo amico padovano, bellunese, trevigiano, o veneziano.

Per me vuol dire che hai deciso di litigare con loro, per sempre.

Che poi, a voler guardare “in profondità”, un pizzico di ragione l’avrai.

Non si può dire con certezza quale sia la regione natale di questo piatto, insomma non è la cacio e pepe, anche se sicuramente Veneto ed anche Toscana sono tra quelle che ne hanno fatto un piatto “simbolo”.

Perché si tratta di una ricetta tipica (ed all’epoca molto economica) della cucina della nostra penisola, con tante versioni, piccole differenze di preparazione e l’utilizzo delle diverse varietà regionali di fagioli.

C’è poco da fare, si tratta di un piatto talmente tipico da far pensare addirittura alla possibilità di un viaggio culinario lungo tutta l’Italia con la pasta e fagioli come trait d’union.

Parlavo però solo di un pizzico, di ragione. Perché pare che, una volta giunto dalle Americhe, il seme fu donato dal toscanissimo Papa Clemente VII, nella metà del ‘500, all’accademico bellunese Giovan Pietro delle Fosse che si occupò della coltivazione e della diffusione di questo legume nel nord Italia.

Insomma, ci sono pochi dubbi sulle fortissime radici venete di questo piatto.

Veneto dove poi è sempre stato un piatto che si preparava alla fine dell’estate, con l’arrivo della stagione autunnale, in concomitanza con l’uccisione dei maiali, e con lardo, pancetta e cotenna ad insaporire spesso questo piatto.

E dove successivamente è diventato anche piatto invernale, con i fagioli secchi spesso accompagnati da qualche “pendola” di carne o osso di maiale salati e talvolta affumicati.

Con l’aggiunta di patate, presente in alcune versioni vicentine ed euganee, dovuta principalmente alla necessità di risparmiare fagioli, dona comunque una buona cremosità al piatto.

Insomma, come già accaduto con il ragù napoletano, anche in questo caso le versioni sembrano davvero tante, con il rischio più che mai concreto di scontentare qualcuno.

Ho quindi preso alcune ricette di chiara matrice veneta, le ho mediate e ne ho approfittato per apporre anche il nostro marchio della nostra web serie scientifica.

Iniziamo.

La ricetta scientifica della pasta e fagioli

Ingredienti (per 4 persone)

200 g di pasta all’uovo fatta in casa, tirata a sfoglia e tagliata a straccetti
250 g di fagioli di Lamon I.G.P. (Borlotti) secchi messi in ammollo
50 gr di lardo in fettine
100 g pancetta leggermente affumicata (fetta unica)
1 cipolla media
½ carota
½ costa di sedano
2 patate piccole
1 spicchio di aglio
3 foglie di alloro
1 rametto di rosmarino
2 foglie di salvia
2 litri di acqua circa
50 g (circa) di olio extra vergine di oliva
sale e pepe qb

1. La scelta dei fagioli

La pianta del fagiolo che conosciamo, Phaseolus vulgaris, è originaria dell’America centrale e del Messico; in quegli anni, in Europa esistevano già alcune specie di fagioli (genere Vigna), di origine però Africana.

I nuovi fagioli del genere Phaseolus, una volta giunti in Europa, presto soppiantarono gli altri, perché più redditizi e semplici da coltivare.

Da notare che in Italia, dove si contano innumerevoli varietà di fagiolo, i cannellini ed i borlotti rappresentano le tipologie di fagiolo più conosciute sul mercato.

In questo caso ho deciso di utilizzare, non per niente, i borlotti, anche se nella varietà “più nobile” dei fagioli di Lamon, un prodotto certificato IGP che viene coltivato in quattro diverse varietà (Spagnolit, Spagnol, Calonega, Canalino).

La zona di produzione della semente è limitata all’altopiano di Lamon e Sovramonte, dove la concimazione avviene solo con letame ben maturo, su terreni condotti da piccole aziende familiari, da sempre dedite alla coltivazione del fagiolo.

Esternamente ricorda molto il fagiolo borlotto, ma in realtà, il microclima dell’altopiano bellunese non essendo riproducibile altrove, fa sì che questo fagiolo abbia delle caratteristiche organolettiche particolari.

Lo utilizzeremo qui nella sua versione secca (migliore anche dal punto di vista nutrizionale), facilmente reperibile in commercio, e che come riportano antichi racconti bellunesi, possiede “una scorza sottilissima e una polpa tenera che lo rende ricercato e pagato con prezzo di favore”.

2. L’ammollo dei fagioli

Sicuramente ci sarà chi, giunto a questo punto, starà ridendo a crepapelle, convinto dell’inutilità di un tale punto d’attenzione.

Eppure v’assicuro, “scomodare” nuovamente il nostro caro prof. Bressanini, vi chiarirà alcune cose.

I legumi, prima di essere cotti, devono necessariamente essere messi in ammollo in acqua.

Durante la cottura dei legumi le proteine vengono parzialmente denaturate e l’amido – una parte dei carboidrati contenuti – gelatinizza assorbendo acqua.
Nel seme secco però non è presente sufficiente acqua per idratare amido e proteine. È quindi necessario, prima della cottura, idratare la maggior parte dei legumi.

Io vi consiglio di leggere attentamente i dati ed i grafici dell’esperimento, ma, nel caso vogliate “andare al sodo”, posso svelarvi che l’acqua calda (mai sopra i 65º) riduce l’ammollo a circa due ore.

E a chi dovesse domandarsi della possibilità di idratare i legumi direttamente in acqua bollente, cuocendoli senza ammollo, Bressanini ne spiega l’impossibilità.

È vero che l’acqua entrerebbe più velocemente, ma negli strati superficiali del seme l’amido comincerebbe a gelatinizzare e a gelificare, ritardando una diffusione in profondità.
A meno che ovviamente i semi siano molto piccoli, come quelli di alcune lenticchie che non necessitano dell’ammollo.

Un paio di “cose” interessanti.

Con l’ammollo i legumi cedono gli zuccheri superficiali all’acqua (e questa è una buona cosa perché i legumi contengono zuccheri che non siamo in grado di digerire e quindi creano i noti e antisociali disturbi intestinali, zuccheri che sono il raffinosio e il trealosio, tri e tetrasaccaridi).

Avrete sicuramente notato che in cottura i legumi tendono a formare schiuma.

Ne sono colpevoli le saponine, sostanze che possono agire da detergenti.

Ecco quindi un buon motivo per buttare via l’acqua dell’ammollo.

3. La pasta all’uovo

Come molte ricette venete, come le tajadele coi fegadini e le tajadele ai bisi, anche qui troviamo la pasta all’uovo, che ho preparato con farina 1 (quella del nostro sponsor) secondo le proporzioni classiche, ovvero 100 grammi di farina – 1 uovo intero.

Preparazione basilare della cucina italiana, in particolare della zona emiliana, è un impasto semplice, a base di uova di gallina e farina di grano, con diverse varianti nelle quantità di uovo e tipologie di farina.

Dalla pasta all’uovo si ricavano primi piatti amilacei ricchi di glutine e l’apporto energetico della pasta all’uovo secca è simile (leggermente superiore) a quello della pasta di semola secca.

Quello della pasta all’uovo fresca (qui una possibile ricetta in planetaria) è invece più simile all’apporto energetico della pasta di semola cotta.

Essendo già fortemente idratata, in cottura, la pasta all’uovo fresca non mostra una crescita volumetrica significativa.

Importante ricordare la maggior presenza di ferro e di vitamina A (grazie ai carotenoidi dell’uovo).

4. La cottura perfetta

Siamo alla fase conclusiva che, se vogliamo, è davvero semplice.

Dopo l’ammollo di almeno otto ore, metto a bollire i fagioli a fuoco basso per circa 30 minuti.

In un’altra pentola abbastanza capiente preparo il soffritto con olio, il lardo pestato, la pancetta tagliata a listarelle, l’aglio (lo togliamo appena imbiondisce), la cipolla, il sedano e la carota tritati finemente.

Faccio soffriggere per circa 10 minuti a fuoco basso facendo attenzione a non far bruciare nulla ed aggiungo i fagioli precedentemente scolati, le patate tagliate in quarti, 1 litro e ½ di acqua circa, rosmarino, salvia e alloro.

Copro non completamente e faccio cuocere per circa 45 minuti.

Con l’aiuto di un mestolo prendo la metà circa dei fagioli e le patate e con un mixer ad immersione riduco il composto in crema (questo procedimento permette di ottenere una minestra molto più densa).

Rimetto la crema ottenuta nella pentola con il resto dei fagioli interi.

Pongo nuovamente sul fuoco ed aggiungo la pasta fresca all’uovo preparata precedentemente, aggiusto di sale, e pepe e faccio andare ancora a fuoco moderato per un paio di minuti.

Lascio riposare prima di servire (il top è mangiarla il giorno dopo).

Completo il piatto con un filo di olio extra vergine di oliva a crudo.

Io non sono di quel “partito”, ma a chi piace, è possibile aggiungere del formaggio grattugiato a piacere.

5. Le proprietà nutrizionali dei legumi

Non scopro, come dire, l’acqua calda, dicendo che i fagioli sono molto nutritivi: apportano infatti oltre 300 Kcal ogni 100 grammi di prodotto essiccato; contengono una percentuale minima di acqua (solo 10,5 g ogni 100 g di fagioli) e pochissimi grassi (2 g/100 g di prodotto).

Contengono circa il 60% di amidi e zuccheri, pari quindi a quella percentuale che viene considerata ottimale per una corretta alimentazione.

Svolgono, tra l’altro, anche un ruolo non secondario nella prevenzione di patologie come i tumori e alcune alterazioni cardiovascolari.

Però spesso si legge che “i legumi possono sostituire la carne” o che vengono vengono chiamati “la carne dei poveri”. Ecco, io su queste affermazioni ci andrei quantomeno cauto.

Sappiamo che i fagioli sono ricchi di proteine (i legumi sono i vegetali che ne presentano la maggiore percentuale), ma su queste proteine è doverosa una puntualizzazione, ovvero che si tratta di proteine che sono dette a medio valore biologico.

Il valore biologico è un parametro di valutazione qualitativo delle proteine alimentari che si basa sull’analisi degli amminoacidi essenziali in esse contenuti.

Cerco di manterermi “leggero”.

Come racconta il prof. Bressanini in un post dedicato alla quinoa, le proteine, sono composte (quasi) sempre dagli stessi 20 amminoacidi, che il nostro corpo usa, alla bisogna, per produrre le “proprie” proteine, ovvero quelle che servono per muscoli, enzimi e altro.

Bene, però gli amminoacidi non sono tutti uguali.

Ce ne sono una decina che il nostro corpo è in grado di fabbricare a partire da altre molecole, che si chiamano “amminoacidi non essenziali”.

Altri 10 invece (anche se alcuni siamo in grado di produrli, ma solo in piccole quantità oppure solo in alcuni periodi) non siamo in grado di sintetizzarli e quindi li dobbiamo assumere col cibo.

Sono gli “amminoacidi essenziali”.

In mancanza di questi il nostro corpo non potrà costruire le proteine di cui ha bisogno.

Quando mangiamo proteine quindi dovremmo assumere amminoacidi secondo una percentuale che riflette poi l’uso che ne dovrà fare il nostro corpo.

I cibi proteici quindi non sono tutti uguali, e la percentuale di amminoacidi che viene assorbito nel nostro corpo e utilizzato per produrre proteine è il “valore biologico” (VB).

Ed ecco perché carne e uova hanno un alto valore biologico: perché contengono tutti gli amminoacidi che ci servono per produrre le nostre proteine.

Veniamo a noi: nei fagioli ad essere carenti sono alcuni aminoacidi come il triptofano, la metionina e la cisteina, che sono di contro notevolmente presenti nei cereali, che a loro volta sono privi di lisina che abbonda invece nei fagioli.

Insomma, a patto di ricordare che il componente principale dei legumi è l’amido, con le sue 4 kcal/g. e quindi di non dimenticare di ridurre i carboidrati dato che sono già presenti, credo d’avervi dato qualche buon motivo scientifico perché nella vostra dieta ci sia sempre (o almeno spesso) un piatto di pasta e fagioli.

Buon appetito!

La ricetta scientifica spiegata in 5 punti

Cacio e pepe
Pasta, patate e provola al forno
Ragù napoletano
Papaccelle ‘mbuttunate
Focaccia messinese
Risotto alla parmigiana
Pasta e fagioli
Cartellate pugliesi
Tortelli di zucca