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La ricetta della gricia in poche mosse e senza sbagliare

venerdì, 13 Maggio 2011 di

– In altre parole mi stai cacciando fuori?
– Non in altre parole, queste sono le parole esatte.

(La strana coppia)

Terza session, la filologia! È quasi l’ora dell’aperitivo e siamo pronti alla terza pasta sul fuoco. Chiudiamo in bellezza la Gricia, o forse la Griscia dal paese di Grisciano da cui prende il nome. La vera ricetta della matriciana, quella antica, nata prima dello sbarco del pomodoro dalle americhe. Una pasta di transumanza di pastori, semplice e verace come solo la cucina nomade sa essere. Vediamo come si comporta dopo la matriciana gastrofighetta e quella classica.

L’adoro, quasi quanto la voce di Stipe che gira sul giradischi, per questa pasta che sa di passato e antico, ma insieme è moderna e essenziale (il pomodoro alla fine incasina sempre). Per questa ricetta per cui si potrebbe parafrasare “lessi is more”, ci vuole una grande pasta. Non ho dubbi: fusilloro. Qualcuno mi bacchetterà, dicendo che non è una scelta filologica, ma me ne infischio! Per me e per Andrea la sola bussola è la gola, e dalla saliva che inizia ad invadere la mia bocca, credo sia quella giusta.

L’acqua bolle sul fuoco, la pentola grossa e l’acqua pulita. Mi piace usare ogni volta acqua nuova, non credete a quanti vi dicono che è più buona quella del bollipasta, carica di amido e usata più volte. Balle! Ma come i pastai fanno di tutto per contenere l’amido, e poi noi lo facciamo rientrare dalla finestra come acqua di cottura per mantecare, mah… e poi chi lo dice che le paste debbano essere legate, dense e cremose? È come la vaniglia del legno nuovo nei vini, scorciatoie.

Padella di ferro, antica e moderna, come la voce dell’ultimo Steve Earle che esce dalle casse. Sul fuoco alto, un cucchiaino di strutto, quello buono di Scanno, giusto per far partire il guanciale di Parisi tagliato a tocchi grandi, intanto si squaglierà. Occhio a non bruciarlo, deve diventare croccante all’esterno e fondente all’interno. È tutta una questione di occhio, all’inizio anche di assaggio.

Il profumo che si spande per la cucina è spaziale, goloso e gagliardo. Vedo i miei compagni fremere.

Ora solo il tempo che il fusillo cuocia, senza fretta con i tempi della pasta artigianale. Andrea lavora già lesto alla grattugia, con un pezzo di pecorino giusto di Gregorio. I fusilli sono quasi cotti, il tempo di scolarli, al dente per non perdere neanche un grammo di sapore di grano, una girata rapida nella bastardella d’acciaio con il pecorino e una girata di pepe di Frasi (nero di Sarawack), si perché nella guerra del pepe ancora non ci siamo schierati. E poi la colata di olio bollente e guanciale croccante.

Faccio le porzioni, abbondanti come l’ora consente. Un’ultima grattata di pecorino a pioggia e via… le mandibole iniziano a lavorare e un sorriso maramaldo si stampa sul volto di ognuno. La gricia è una meraviglia, c’è poco da fare e conclude alla grande una giornata di cucina tra amici. È l’ora di appendere le parannanze al piolo e stappata una boccia di lambrusco di Sorbara, godersi il riposo del guerriero…

Alla prossima, la primavera è arrivata…

Ingredienti per 6 persone
1/2 chilo di fusilli
300 g di guanciale Paolo Parisi
300 g di pecorino riserva di Gregorio Rotolo
sale qb
pepe nero di Sarawack qb
mezza cipolla bianca
strutto

3. fine