Campionato della Pizza 2025: da Lioniello – Concettina ai Tre Santi

Lioniello e Concettina, terzo confronto degli Ottavi di Finale del Campionato della Pizza 2025: sfida carica di suggestioni e grandi promesse. Da una parte Succivo, piccolo centro della provincia di Caserta, che negli ultimi anni si è ritagliato un ruolo da protagonista grazie ai fratelli Salvatore e Michele Lioniello, menti e mani della Pizzeria Da Lioniello. Dall’altra parte, il Rione Sanità, cuore pulsante e vibrante di Napoli, ritratto da Concettina ai Tre Santi, storica pizzeria guidata da Ciro Oliva, profondo interprete del legame tra territorio, comunità e tradizione.
La Pizzeria da Lioniello, 5ª classificata nella finale della prima edizione, è entrata nel tabellone come testa di serie, mentre Concettina ai Tre Santi ha conquistato sul campo il proprio posto agli Ottavi. Chiudendo al 7° posto nella classifica provvisoria con 807 punti.
Uno scontro inedito che entra nel vivo non solo per la qualità assoluta dei contendenti, ma per le storie, le filosofie e i valori che portano con sé: due visioni, due mondi diversi dell’arte bianca, entrambi fondamentali per raccontarne l’evoluzione della pizza dei giorni nostri.
Le regole sono sempre le stesse: 3 pizze (due obbligatorie, Marinara e Fritta), 3 giudici, 900 punti il massimo raggiungibile.
Le pizze di Lioniello nella sfida agli Ottavi con Concettina ai Tre Santi

Il primo round si gioca in casa dei Lioniellos. Mood diversamente napoletano.
È una serata di fine estate e Salvatore e Michele sono entrambi ai loro posti di combattimento: uno al banco, l’altro ai forni. La sala, come spesso accade da queste parti, brulica di gente. L’atmosfera è calda, conviviale, quasi elettrica. A dare il benvenuto, è lo stesso Salvatore Lioniello che raggiunge il nostro tavolo e prende personalmente le ordinazioni.
Kick-off.
1. Marinara dei Signori

Pomodori semi-dried (azienda Carbone). In uscita: olive nere di Caiazzo, alici di Cetara, origano di montagna, olio extravergine d’oliva Frantoio Mondrone “Oro di Caiazzo” (11 €).
Il calcio d’inizio è affidato a una pizza storica della casa: la Marinara dei Signori. Comfort zone, certo. Ma attenzione, spoiler: compasso per Salvatore, manico per Michele. Le pizze hanno un’estetica sopraffina: circonferenza perfetta, disposizione degli ingredienti chirurgica. Vanitosa e profumosa, impatta fin da subito. L’aromaticità è generosa, quasi travolgente. Da menù però la descrizione è un po’ vaga, meriterebbe un aggiornamento.

La base è viva, profonda, costruita su pomodoro del piennolo del Vesuvio arrostito per 16 ore. Corposo, ricco, con la sua nota concentrata che incide. Segue l’incrocio di consistenze: arrivano i piccadilly del Vesuvio semi-dry, che aggiungono una tendenza dolce extra, fondamentale per bilanciare la sapidità viva (non salata!) delle alici di Cetara. Il risultato? Un umami salmastro che tiene insieme tutto. Un fil rouge netto, preciso. Le olive poi amplificano il morso e lo rendono gioviale. Carnose, con polpa soda e un sapore pieno, leggermente amarognolo. Sono il vero plus. L’origano, infine, canta bene.
Grande assente, l’aglio. Ma forse, per i Signori, sarebbe stato troppo poco nobile.

Giochi a parte, questo impasto contemporaneo sposa perfettamente anche incroci atavici. Panetto da 260 g, 82% di idratazione, ben condotto, ben sviluppato. La texture è continuamente suadente. Ripeterlo non stanca mai e forse necessario: bravissimo Michele per una cottura da cineteca e zero umidità residua.
Solo un piccolo appunto: un filo d’olio in più, come la Marinara richiede, avrebbe reso tutto impeccabile.
2. A casa rà nonna

Montanara fritta e asciugata al forno. Ragù napoletano, crema al latte di bufala, crema di pesto di basilico, olio extravergine d’oliva Frantoio Mondrone “Oro di Caiazzo”, basilico fritto (15 €).
Bellissima. Struttura canoviana, asciutta, pulita, densa. Una pizza così, costruita con tale equilibrio e misura, non avrebbe bisogno di ulteriori argomentazioni. Ma gli ermetismi non ci appartengono.
Siamo ancora in comfort menu, ancora un vecchio adagio della casa. La visione proustiana di Salvatore si trasforma nella reginetta della serata: Montanara asciugata al forno, con il parametro “fritto” rispettato per regolamento del Campionato della Pizza 2025.

Il pomodoro non è salato, ma la sapidità arriva netta, disegnata dal pecorino romano. Spinta decisa, calibrata. Il protocollo del ragù viene esplicitato dallo chef resident: stracotto oltre sei ore di manzetta, girello, punta di petto e muscolo. Un umami profondo, dalla componente grassa e dolciastra, molto golosa. La crema al latte di bufala avvolge come velluto con la sua dolcezza lattica naturale e una punta di acidità. Consistenza morbida e cremosa, lascia in bocca una sensazione pulita, persistente. Il pesto al basilico rinfresca, intensifica l’aromaticità con i suoi toni dolci-sapidi, mentre il basilico fritto gioca il ruolo della pura scenografia.

La base grida eleganza, ma non sovrasta mai. Mai invadente, mai pesante. Il crunch è educato e continuo, e si mangia con le mani, che restano pulite. Sintesi precisa di cura e tecnica.
3. Da Genova(ese) al Venezuela

Genovese di manzo come da tradizione, provola di bufala affumicata. In uscita: fonduta di provola, macinato di fave di cacao venezuelano, foglie di patate croccanti (15 €).
Carta bianca, e Salvatore sceglie di osare.
Una new entry pescata dal menu stagionale: genovese moderna sotto una pioggia (almeno teorica) di cacao del Venezuela. Tonalità di beige vellutato, accese dal violaceo brillante della cipolla marinata e dal verde intenso del basilico fritto.
Ma andiamo per gradi.

Anche qui, la diversamente napoletana si presenta cotta a puntino: struttura ricamata, senza gradienti umidi, morso senza sbavature che quasi scompare.
Il topping è un incontro tra sacro e profano, che esplode in sapori e consistenze.
La genovese di manzo, adagiata alla base come una crema spalmabile, è raffinata, forse anche troppo delicata per il tema, ma indubbiamente ben eseguita. La cipolla marinata in aceto di lamponi (anche qui, assente dalla descrizione del menu) è polifunzionale: bella da vedere, viva al morso, con una croccantezza spigliata che dona anima e corpo, tipici del bulbo aromatico preteso dalla ricetta. La fonduta di provola detta il ritmo in termini di cremosità, mentre il crunch delle foglie di patate croccanti completa l’esperienza.

Riutilizzare la buccia in ottica scarti zero non è solo una dichiarazione di intenti: qui è azione compiuta, non banale che funziona.
L’amaro diventa necessario. Ma purtroppo la polvere di cacao a malapena si percepisce.
Un’idea brillante che rende chiara la visione di un impasto versatile, che non si accontenta del ruolo da spettatore.
Un’altra prova di maturità per Salvatore, che dimostra ancora una volta di non avere paure di portare la tradizione dove non è mai stata.
Da Lioniello. Via Murelle, 1, 81030 Succivo CE. Telefono: 081 1816 7658. Instagram
Le pizze di Concettina ai Tre Santi nella sfida agli Ottavi con Concettina ai Tre Santi

Secondo round: Concettina ai Tre Santi — in the garden.
Atmosfera vibrante. Un’aria viva, carnale, dove il folklore di tendenza celebra la pizza con un linguaggio moderno. Tutto piace e conquista Ciro è la quarta generazione di pizzaioli che fanno capo a Concettina che, dal 1951, sfornava le sue pizze alla Sanità.
1. Marinara

Pomodoro San Marzano Dop, olio evo, origano, aglio (10 €).
Arriva la prima della triade.

Qui è consuetudine servire la Marinara con una liturgia precisa, che ha tutto il suo perché: l’origano viene aggiunto al momento, direttamente al tavolo, con il cameriere che sbriciola le foglioline a mano. Un dettaglio tutt’altro che scenografico, componente aromatica e profumo che si sprigiona è immediato, netto. Marinara propriamente detta, Classicismo applicato. Conquistati dal rito, molto meno dall’estetica. L’aspetto è irregolare, con una gestione della circonferenza poco armonica.

La cottura bruna, seppur marcata, non compromette il gusto, risultando più equilibrata alla base. Il pomodoro ha un’acidità spiccata, forse troppo. Al centro, qualche punto anidro (aka scazzette), e parsimonia di olio. Al morso il sapore risulta comunque piacevole con l’impasto che esprime una tenacità misurata e una buona gestione del sale. Il profumo è tutto nell’origano. Ma – a questo prezzo – sfiorare la sufficienza non basta.
2. Pizza Fritta

Cicoli napoletani, ricotta, pepe, pomodoro, provola affumicata (15 €).
La scelta di restare fedeli alla tradizione, senza rivisitazioni, ci piace. La seconda in passerella, si sa, richiede almeno un passaggio in frittura. E Pizza Fritta sia. Arriva in pompa magna, traboccante dal piatto, con la classica forma allungata a mezzaluna, marchio di fabbrica 081. L’aspetto è rustico, che parla verace: doratura uniforme, bordi croccanti, una venatura d’unto qua e là che non disturba più di tanto.

L’impasto è sottile e saporito. Più fine di un velo di seta steso al sole, quasi inconsistente. Il ripieno non è particolarmente generoso e tra gli ingredienti non canonici spicca una fuscella di bufala eccellente: rotonda, sontuosa, che guida il boccone con dolcezza e cremosità, ben bilanciata dallo zing della provola affumicata. Perfetta la gestione dell’umidità interna, che non compromette né l’impasto né la resa di servizio. I cicoli, di qualità, sono però concentrati solo nel nucleo centrale. Il pomodoro è accennato, quasi una pennellata fortuita; pepe timido, praticamente assente.

Il finale non è asciutto, ma neanche molesto: dita e labbra leggermente unte, come è giusto che sia quando la goduria è autentica. Ci sono tutti i protagonisti per fare meglio, con un base solidissima.
3. Ripieno al forno di Ciro

Mozzarella di bufala, pomodoro San Marzano.
Per la terza e ultima pizza, scelta direttamente dal pizzaiolo, Ciro Oliva lascia spazio al suo estro istantaneo. Una rilettura personale del ripieno al forno, che si presenta farcito con la sola mozzarella di bufala. Ma Ciro non lo pensa nudo. Al tavolo, come per la Marinara, il cameriere completa l’opera e pennella la crosta calda con un concentrato di San Marzano, distribuito a cucchiaiate dense e vivaci su ogni fetta. Come un novello Andy Warhol che porta il pop sulla tavola, Ciro mette in scena un “less is more” ragionato, pensato per la condivisione. Sembra voler ribadire l’essenzialità come cifra stilistica e valorizzare la purezza degli ingredienti tipici campani.

La mozzarella fila bene, creando una golosa consistenza. Il pomodoro, nuovamente, insiste sulle durezze, spingendo in acidità più che in dolcezza. L’impasto, classico nello stile e nella grammatura, in questa occasione manca il bersaglio: la cottura è poco precisa, la base cede a tratti sotto l’umidità, che fa perdere pulizia al morso.

Un’idea visivamente accattivante, ma che alla prova dell’assaggio resta incompiuta. Piace alla vista, colpisce per il gesto, ma non emoziona. Quando la bellezza da sola non basta.
Concettina ai Tre Santi. Via Arena della Sanità, 7 Bis, 80137 Napoli NA. Telefono: 081 290037
I voti e chi vince la sfida tra Lioniello e Concettina ai Tre Santi

Le 3 pizze di Salvatore Lioniello della pizzeria da Lioniello a Succivo totalizzano 792 punti.
Invece, le 3 pizze di Ciro Oliva della pizzeria Concettina ai Tre Santi a Napoli totalizzano 581 punti.
Una differenza di 211 punti tra Lioniello e Concettina ai Tre Santi. Passa il turno la pizzeria da Lioniello che nei Quarti incontrerà la pizzeria Gli Esposito a Salerno.
[Al tavolo di giuria: Domenico Castaldo, Alberto Colella, Laura Dal Sacco]