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La ricetta delle crépinette di Ezio Santin

venerdì, 11 Novembre 2011 di

svinando

C’è niente da fare, sono e resterò figlio degli anni ’80. Nessun decennio ha marchiato così indelebilmente quanti sono cresciuti in quegli anni. Apparentemente inutili e leggeri, gli Eighties, sono stati ben più intensi dei precedenti. Hanno sdoganato un’Italia che aspirava ad essere internazionale e cosmopolita, con qualche ingenuità provinciale di troppo.

La cucina, in quegli anni, è stata un vero fenomeno: riviste come Gola, Gourmet e poi il Gambero Rosso allegato al Manifesto, le prime edizioni della guida dell’Espresso, gemellata con Gault e Millau, segnavano indelebilmente una generazione di gourmet. Sulle note dei Talking Heads e nelle atmosfere alla Style Council, nei nostri vestimenti scuri, scarpe con le fibbie e fieri delle sfumature alte, insieme alle mille luci di New York, scoprivamo una maniera di andare al ristorante diversa. Non più il pranzo famelico della domenica, con nonne e genitori, lasagne e fettuccine, ma luoghi soffusi e vellutati che ci lasciavano a bocca aperta.

A Roma il Bacaro, alle cui tavole si chiacchierava con Tondelli o il Pianeta Terra di Roberto e Patrizia, con la sua cucina creativa e le tavole del potere. Poi il Girone Sesto, ma quello vero, tana di gourmet che ancora si chiamavano golosi, coccolati dallo scintillante Patrizio. In Italia collezionavamo indirizzi come fossero figurine: Bonvesin della Riva, Cassinetta di Lugagnano, il Trigabolo, L’osteria dell’Angelo, Villa Mozart, La Casanova, Pinchiorri… (e potrei andare avanti a lungo).

Una temperie difficilmente ripetibile, di cui prima o poi varrà la pena di raccontare la storia. La ricetta di oggi è quanto di più in sintonia con quel clima possa pensare. La ricetta, che come tante altre ho imparata all’Impero Romano (Grazie Vincenzo!), la porto con me e la faccio e rifaccio. Oggi in questa giornata di novembre, guardo Andrea e decido di insegnargliela, anche se lui negli anni Ottanta forse c’è nato.

Crépinette di agnello alle mandorle, ricetta di Ezio Santin, dall’Antica Osteria dal Ponte. La prima volta che ne sentii parlare ero su una spiaggia di Ios nelle Cicladi, nel 1984. Decisi immediatamente di andarci. Ezio è il solo cuoco che da dilettante è arrivato ad avere le tre stelle Michelin, in quegli anni era possibile anche questo. La ricetta originaria è col capretto, ma io da tanto la preparo anche con l’agnello e ne vale la pena.

Macinato di agnello, un poco al coltello, per dare consistenza, il resto a macchina, fino. Le mandorle sgusciate a lamelle, mischiate all’impasto, sale e pepe e un poco di uovo a tenere. Dividere la preparazione in otto piccole polpette e avvolgerle con il lardo. Padella sul fuoco, possibilmente di ferro o alluminio, il burro chiarificato a friggere poi le crépinette fino a che non saranno belle dorate. Il profumo che si sparge in cucina è da sballo e mi fa rumoreggiare lo stomaco.

Le polpette ora sono pronte, belle dorate e tirate, le togliamo e mettiamo al caldo, deglasso la padella con un poco di vino bianco, lasciamo sfumare l’alcool e addensare, poi aggiungiamo la senape deglassata con un poco di brodo. Et voila, la salsa è pronta, gagliarda e cremosa come si confà a quegli anni.

Andrea intanto scatta foto, come un matto. Prendo un piatto rettangolare, perché la forma ha il suo valore diamine, e impiatto. La crepinette, uno sbaffo di salsa e il gioco è fatto! La rompo e la metto in bocca mentre i Talking Heads cantano Nothing but the Flowers, mi sento subito su una DeLorein argento, destinazione Ottanta.

Ingredienti

500 g di agnello
Un cuchiaio di mandorle tagliate in filetti
50 g di burro
Un cucchiaio di senape
Un bicchiere di vino bianco
Lardo in fettine
Sale e pepe

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